Un mezzo utile alla diffusione delle idee è il supporto utilizzato per scrivere e ciò, nel corso dei secoli, ha contribuito al progresso e all’aumento del livello educativo e culturale. Greci e Romani utilizzarono materiali diversi a seconda della necessità: per gli scritti di carattere pubblico e per garantirne la durata nel tempo utilizzavano tavole di legno, di marmo, di pietra, lamine di bronzo o piombo. Un altro materiale, più deperibile, diffuso fin dall’antichità è il papiro, a cui è legata la papirologia, ovvero la disciplina filologica che ha per oggetto la ricerca, la conservazione, lo studio, la lettura e l’interpretazione delle antiche scritture su papiro; la papirologia “nasce” in epoca moderna con la riscoperta del papiro come materiale scrittorio e grazie anche al ritrovamento, tra il 1752 e il 1754, di 1800 rotoli carbonizzati, quasi tutti scritti in lingua greca e contenenti opere di filosofia epicurea, in quella che venne detta Villa dei Papiri di Ercolano.
A qualche anno dopo si data (1788) l’edizione del primo papiro greco proveniente dall’Egitto, la cosiddetta Charta Borgiana dal nome del proprietario, il cardinale Stefano Borgia, contenente una lista di nomi che avevano lavorato ai canali di un centro del Fayyum (192-193 d.C.). L’interesse verso questi particolari reperti archeologici si fece sempre più grande grazie ai numerosi rinvenimenti effettuati nel corso dell’Ottocento e nel secolo scorso in Egitto.
Tra gli studiosi del tempo si deve ricordare la grande e unica papirologa italiana che si trovò a interloquire con i colleghi d’Oltralpe: Medea Norsa, membro di diverse istituzioni internazionali come la Pontificia Accademia Romana di Archeologia, l’Istituto Archeologico Germanico, l’Association Internationale de Papyrologues di Bruxelles e la Bayerische Akademie di Monaco.
Nacque a Trieste il 26 agosto 1877 da Michele e da Silvia Vittoria Krasna, ebrei di origine sefardita; frequentò il Civico liceo femminile cittadino e fu tra le studenti che poterono sostenere l’esame di maturità classica avendo studiato il greco e il latino, materie assenti nel Civico liceo, ma necessarie per l’ammissione alla facoltà di Lettere, frequentata prima a Vienna, poi a Firenze, laureandosi a pieni voti con una tesi dal titolo: Sulle ultime scene dell’Aiace di Sofocle.
Tra il 1902 e il 1903 ebbe il permesso di accedere al Gabinetto dei papiri e di collaborare con il suo maestro, Girolamo Vitelli, il filologo che costituì nel 1908 a Firenze la Società italiana per la ricerca dei papiri greci e latini in Egitto, le cui attività furono utili anche per finanziare acquisti e scavi. Norsa frequentò presso lo stesso Istituto la Scuola di paleografia, diplomandosi ancora a pieni voti il 30 dicembre 1907.
Successivamente, tornò a Trieste dove ricoprì la cattedra di lingua e letteratura italiana al Civico liceo femminile tra il 1907 e il 1911, ma nel 1912 rassegnò le dimissioni perché non le fu concesso il congedo al fine di collaborare con Vitelli per la pubblicazione del primo volume dei Papiri greci e latini (edito quell’anno). Così si spostò nuovamente in Toscana, dove insegnò nel ginnasio-liceo “Carducci-Ricasoli” di Grosseto e poi a Massa (1924-1938), per completare con una libera docenza in papirologia classica nella sua amata Firenze.
Nel 1925, pur mantenendo il ruolo di docente, le venne conferito l’incarico quale conservatrice dei manoscritti al Gabinetto di papirologia della Regia Università di Firenze con la facoltà di tenere dei corsi. La morte di Vitelli nel 1935 cambiò profondamente la sua vita; nonostante fosse stata nominata direttrice dell’Istituto papirologico, si ritrovò sola all’interno del mondo accademico italiano e in particolare di quello fiorentino che l’aveva apprezzata grazie al sostegno del suo maestro, lo studioso che aveva dato vita al più grande lascito riconosciuto dalla scuola di papirologia fiorentina e italiana. Medea dunque subì degli attacchi perché donna, non sposata e perché non faceva parte a pieno titolo dell’organico dell’Università in qualità di professoressa ordinaria.
La studiosa ne era consapevole, tanto che la sua disperazione si legge nelle lettere inviate ad Angelo Orvieto e a Teresa Lodi, al primo il 5 settembre 1935 scrisse: «Tutto è finito: non c’è più, non più, non lo rivedremo più, non sentiremo più la sua bella voce sonora e calda che ci diceva tante cose belle e buone! […] Per me tutto è crollato, non c’è che vuoto e rovina intorno» (Minutoli-Pintaudi, 2000, p. 326). A Lodi già il 7 agosto aveva scritto: «Chi da 25 anni (dal 1910, te ne ricordi?) ha lavorato con lui quasi tutti i giorni (con brevi interruzioni) non sa intendere il mondo senza lui!» (Cinquant’anni di papirologia…, p. 851 a cura di D. Morelli, R. Pintaudi, 1983, Bibliopolis), e il 1° settembre, ancora a Lodi: «Povero Vitelli! Era l’unico bene concesso dalla sorte alla mia vita desolata: ora anch’esso m’è tolto» (Ibid., p. 857).
I finanziamenti erano il motore dell’attività archeologica ed editoriale dell’istituto intitolato a Vitelli che si svolgeva con ritmo ammirevole e straordinario; continuarono per qualche anno, tanto da darle l’illusione che tutto potesse proseguire con lo stesso spirito e volontà: «Com’Ella vede, molta bontà e fiducia nell’opera nostra ci viene dimostrata dall’alto: abbiamo più che mai l’obbligo di adoperarci con tutte le nostre forze per il buon esito dell’impresa» (lettera a Breccia, 14 agosto 1936; Ibid. p. 618).
Malgrado i timori e le preoccupazioni, Norsa iniziò a partecipare agli scavi ad Antinoupolis ― la città fondata da Adriano in Medio Egitto nel 130 d.C., luogo di recuperi eccezionali tra la fine dell’Ottocento e il primo decennio del Novecento, grazie al lavoro dell’egittologo Albert Gayet. Vitelli aveva visitato il sito ed era rimasto impressionato dalla vastità delle rovine e dalla potenzialità delle campagne di scavo, ma allora mancavano i mezzi e la concessione di scavo era francese; solamente nel 1935-36, grazie all’impegno di Breccia, Norsa fu nelle condizioni di trasferirvi l’attività dell’Istituto, proseguendo nei lavori di ricerca e nel recupero dei papiri. Credeva nello scavo archeologico e si impegnò con grande determinazione affinché l’Istituto Vitelli fosse presente e attivo chiedendo al rettore Arrigo Serpieri dell’Università di Firenze di potersi recare in Egitto per la successiva campagna di scavi nella primavera del 1939, ma la recente disposizione del regime fascista chiese la posizione “razziale” della papirologa; la pratica procedette con lentezza e la dichiarazione «mista non ebrea» venne comunicata il 7 febbraio 1940, ormai tardi per partecipare all’ultima missione.
La studiosa curò l’edizione del primo fascicolo del XII volume dei Papiri della società italiana di cui sottoscrisse la prefazione nella Pasqua del 1943: si trattava di documenti su papiro e ostraka; i testi letterari di un frammento di papiro (Aegyptus, 2,1 1921, pp. 17-22) furono rielaborati da Vittorio Bartoletti nel fascicolo II che chiuse il volume nel 1951, quando, ormai malata, non era più nelle condizioni di terminare il lavoro. Nel fascicolo I del XIII volume pubblicato nel 1949 a cura di Norsa, dedicato alla «Memoria di Girolamo Vitelli, nel centenario della sua nascita», aveva aggiunto una premessa dell’agosto 1948, alla quale si unì la firma di Nicola Terzaghi: fascicolo eccezionale per il contenuto dei testi dall’Ostrakon di Sasso alle Elleniche di Ossirinco, dal Romanzo di Nino alle Pergamene di Antinoe. Medea Norsa negli anni si specializzò sempre più in filologia, nell’analisi dei testi che pubblicava nei Papiri della Società italiana (Psi) o nel Bulletin de la Societé royale d’archéologie d’Alexandrie; la sua attenzione era rivolta più al testo, al contenuto, alla lingua, facendo sì che i suoi studi divenissero patrimonio per altri studiosi.
Oltre a essere una attenta ricercatrice all’interno delle biblioteche o nei musei, i papiri li andava a cercare nei luoghi dove erano stati scritti, in Egitto, presso i mercanti o nelle località di scavo che l’Istituto aveva ottenuto in concessione dalle antichità egiziane, come Tebtynis, Ossirinco, Hibeh e Antinoupolis. In tal modo Norsa realizzò acquisti di documenti famosissimi, tra i quali il resoconto di una ambasceria di Alessandrini ad Augusto (Psi X 1160), il frammento di rotolo con la Chioma di Berenice di Callimaco (Psi IX 1092), le pergamene di Gaio (Psi XI 1182), l’ostrakon contenente strofe di Saffo (Psi XIII 1300), il rotolo con il De exilio di Favorino di Arelate (Pap. Vat. Gr. 11).
I lavori scientifici e la sua influenza in una materia a cui aveva dato contributi inestimabili continuarono a essere impiegati e non vi era rivista o pubblicazione di letterature classiche italiana o straniera in cui non fosse menzionato il suo nome, e ancora adesso costituiscono la ragione del suo ricordo, anche se negli ultimi anni della sua vita venne dimenticata quasi del tutto. Ospite in un convento di suore a Firenze, Medea Norsa morì a 75 anni il 28 luglio 1952; la notizia della sua scomparsa venne ignorata persino dalla stampa e non ebbe nessun apprezzamento accademico dall’Università di Firenze dove pure aveva trascorso tutta la sua vita da studiosa.
Oggi il Centro papirologico “Medea Norsa” ha sede presso l’Accademia Fiorentina di Papirologia e di Studi sul Mondo Antico; fondato nel 2008 nel Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università degli Studi di Trieste, si affianca al Centro condividendo ricerca e divulgazione scientifica. L’8 marzo 2014, presso il Museo Archeologico “Antonino Salinas” di Palermo, si sono svolte giornate di studi dal titolo: L’Archeologia delle Donne in Italia dal XX secolo al Futuro, in cui si è parlato anche di Medea Norsa da parte di Flavia Frisone, prof.a associata di Storia Greca presso l’Università del Salento (Lecce).
Una via le è stata dedicata a Roma e un’altra la ricorda nella cittadina toscana di Agliana, in provincia di Pistoia.
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Articolo di Giovanna Martorana

Vive a Palermo e lavora nell’ambito dell’arte contemporanea, collaborando con alcuni spazi espositivi della sua città e promuovendo progetti culturali. Le sue passioni sono la lettura, l’archeologia e il podismo.