Carissime lettrici e carissimi lettori,
la grammatica italiana ha il femminile. Lo prevede. Chiedere a una donna se vuole essere chiamata avvocato, perché il termine avvocata esiste e fa parte della grammatica della nostra lingua, a ben guardare (ma poi neppure così tanto!), è una contraddizione. Non viene coniato nulla di nuovo o di imprevisto. Normale, nella norma. Come un nome proprio che rimanda al genere della persona al quale appartiene.
Perché chiedere, come è successo qualche sera fa durante una trasmissione televisiva, se l’intervistata, l’interlocutrice (termine che tranquillamente poniamo al femminile quando si tratta di una donna!) voglia essere chiamata avvocata o avvocato? La vecchia storia della direttrice d’orchestra sul palco del Festival sanremese! Un’arbitra è tale e non è un arbitro donna. Solo perché fino a qualche tempo fa certe professioni erano prerogativa degli uomini non vuol dire che una volta esercitate anche dalle donne debbano rimanere al maschile. Non è una contraddizione? A me sembra palese, come il nome proprio imposto a un bambino o a una bambina. Mario è tale per un nascituro maschio, se è una femmina, e si vuole scegliere lo stesso nome, si mette Maria. Nessuno/a obietta su questo appena detto. Neppure si penserebbe a dire che si sente un effetto cacofonico (dal greco kakos e fono, che suona male), come spesso viene detto quando si tratta di dire ingegnera, avvocata, arbitra, architetta, e via nominando.
Ecco perché l’associazione italiana atlete, femminile plurale, ci ha tenuto a riportare sulla propria pagina social una serie di schede edite dal Sole24ore che detta le regole di una grammatica esistente e non inventata ad hoc per un improvviso puntiglio di un gruppo (si immagina ironicamente al femminile!) che rivendica una realtà che dice, e pensa, che il maschile sia più autorevole (addirittura!). Il fatto è che la rivendicazione dell’uso del femminile là dove serve, è giusta, anche grammaticalmente. Come è sempre successo con il termine maestra che ha riguardato una professione frequentata soprattutto da donne.
I cartelli ci dicono che «nella grammatica italiana esistono diversi modi per declinare al femminile i nomi» e che «architetta, arbitra, sindaca, non sono neologismi, ma forme grammaticali corrette». Neologismo è, secondo il dizionario una «parola o locuzione nuova, non appartenente cioè al corpo lessicale di una lingua, tratta per derivazione o composizione da parole già in uso (per es., modellismo, servosterzo), o introdotta con adattamenti da altra lingua (per es., informatica, dal fr. informatique e ingl. informatics, o guerra lampo, dal ted. Blitzkrieg; ma in questi casi si parla più spesso di «prestito» o «calco»)». Poi i cartelli successivi indicano il modo della formazione come succede in ogni buona lezione di grammatica. Veniamo così semplicemente e chiaramente a sapere che da impiegato si passa a impiegata, da assessore ad assessora, da magistrato a magistrata (che il mio programma di scrittura mi dà ancora per errato), da ministro a ministra E viceversa! Spiega poi l’applicazione del suffisso – essa che, si chiarisce, «spesso è stato applicato con intento dispregiativo» così si prediligono forme in -a, come per esempio poeta anche al femminile, al posto di poetessa. Dopo altre raccomandazioni di costruzione di termini in -tore e i termini derivati da participio o quelli ambigenere, l’ultimo cartello è palesemente ironico, e va sottolineato per i nostalgici e, purtroppo, le nostalgiche del maschile ad ogni costo, contro l’ostinazione a non voler chiamare le donne con la qualifica che hanno e che le distingue nel loro genere. «Non uso il femminile perché – detta l’ultimo cartello – è sminuente, è cacofonico e non si può sentire, sottolinea il genere femminile anziché il merito». Poi spiega: «Storicamente certe professioni sono state esercitate solo da uomini per cui forse non siamo abituati alle parole con il suono al femminile così come all’immagine di una donna che ricopre certi ruoli. La soluzione -avverte – non è far scomparire il femminile, ma mostrare la parità nominandola correttamente». (Alley Oop, l’altra faccia del sole, Ilsole24ore).
Al femminile si guarda positivamente. Come alla copertina, ambitissima, della rivista Time dove, nel numero odierno, troneggia il profilo della fisica italiana Fabiola Gianotti, direttrice del Cern di Ginevra, il più importante laboratorio del mondo per lo studio della fisica delle particelle. Sara Sesti, che appartiene a Toponomastica femminile e si occupa da sempre di scienziate, riporta una frase di Gianotti: «Non mi sono mai sentita dire questo non è un mestiere da donna» e questo grazie all’aiuto dei genitori e, aggiungiamo, dell’ambiente in cui si cresce e si fanno le proprie scelte. Ora la direttrice del Cern è stata chiamata dal governo inglese a far parte del Consiglio consultivo per l’uguaglianza di genere del G7. «Obiettivo? – scrive Sesti -Mettere al centro le donne nelle strategie post pandemia».
«Sto contribuendo a sviluppare proposte per aumentare la frazione delle donne nella scienza e nella tecnologia, nell’ingegneria e nella matematica – ha dichiarato Gianotti-. Attualmente la percentuale è attorno al 20%. L’evoluzione rapidissima della tecnologia richiede sempre più talenti… Avere modelli è importante. Serve a motivare le giovani generazioni, a incoraggiarle a intraprendere attività professionali nel campo scientifico. Quando arrivai al Cern nel 1994 – rivela Gianotti – noi donne eravamo l’8% del totale. Oggi siamo circa il 20%». Ad essere migliorato è anche il pay gap per cui al Cern gli uomini e donne sono pagati/e nello stesso modo».
A un passo da noi, in Francia, è stata eletta e celebrata sulla stampa al femminile, la première ministre, la sessantunenne ingegnera civile Elisabeth Borne, la seconda volta di una donna in Francia, dopo trentun anni, preceduta solo dalla socialista Edith Cresson, voluta da Mitterand. Da noi ancora nessuna!
Qui da noi un’altra donna, Agnese Pini, classe 1985, prima donna direttrice della testata fiorentina La Nazione, che guida dal 2019, dal prossimo 1 luglio 2022 firmerà come direttrice, o chi preferisce, direttora responsabile, i quotidiani del gruppo: QN Quotidiano Nazionale, il Resto del Carlino e Il Giorno. Così come da oggi la Ifj, la Federazione internazionale dei giornalisti, ha come presidente la francese Dominique Pradalié con una vicepresidenza ancora al femminile, la peruviana Zuliana Lainez.
Invece ci sembra davvero di cattivo gusto un premio, il “Top comunicator of the year 2022” di giornalismo assegnato a …soli uomini, italiani, ventotto per la precisione, notissimi nel mondo dell’informazione. Un manel: «un premio a uomini eccellenti consegnato da donne eccellenti», si legge e ci si stupisce, anzi sbigottisce, ancora di più guardando il ruolo delle donne che, come giustamente è stato osservato da Giulia, (l’associazione giornaliste unite libere e autonome) «Fanno le vallette»! Donne i cui nomi non sono neppure menzionati dagli organizzatori (tutti rigorosamente ed evidentemente maschi) ma provenienti, dicono, dal mondo del marketing e della comunicazione. Altro che No women no Panel! E nessuno degli uomini premiati fino ad ora si è sognato di rinunciare al premio!
I maschi che hanno rovesciato la loro violenza sulle donne da oggi hanno un aiuto per capire e capirsi meglio (senza nessun ragionamento compassionevole). Il Senato, all’unanimità, ha approvato la risoluzione sui Percorsi trattamentali per gli uomini che hanno fatto violenza sulle donne. Un passaggio molto importante perché afferma il principio che la violenza contro le donne non è un problema che riguarda solo gli uomini, ma è una questione sociale e culturale che investe in grande misura la responsabilità degli uomini.
Il mese di giugno appena iniziato è anche il mese che si colora di arcobaleno per tutto il mondo. É il mese del Pride dell’incontro della comunità LGBTQ + ed Elon Musk ha pubblicato su un social l’immagine di un uragano che trasporta tutti i loghi delle piattaforme tinti appunto dei colori dell’arcobaleno: «Here it Comes».
Sul mio personale social mi è apparso un rimando a un ricordo di nove anni fa. Era una poesia del mio amatissimo Erri De Luca. Mi ha riportato con la mente a Istanbul, che ho nel cuore, ma anche alla tristezza della guerra e della rivolta che la polizia delle dittature cerca di soffocare. De Luca scrisse la poesia qui sotto sulla sua pagina. Era il 2013. Entra dentro dritta al cuore e comunque ci consola.
La battaglia d’Istanbul in difesa di seicento alberi,
novecento arresti, mille feriti, quattro accecati per sempre,
la battaglia d’ Istanbul
è per gli innamorati a passeggio sui viali,
per i pensionati, per i cani,
per le radici, la linfa, i nidi sui rami,
per l’ombra d’ estate e le tovaglie stese
coi cestini e i bambini,
la battaglia d’ Istanbul è per allargare il respiro
e per la custodia del sorriso.
(Erri De Luca, pagina Fb, 2013)
Prima di chiudere ricordiamo un grande della nostra storia, Boris Pahor, morto a quasi 109 anni in una Trieste che lo ha visto per un secolo intero: «Grazie Boris Pahor. Hai denunciato tutte le dittature. Ma ti battevi perché non venisse omesso nulla dei crimini che il Fascismo ha commesso contro il tuo Paese, la Slovenia. Non volevi morire perché sapevi quanto è debole e pigra la memoria degli uomini, e volevi continuare a fare la tua testimonianza. E lo hai fatto fino all’ultimo. I tuoi libri, oggi e per sempre, continuano la tua lotta», (Elisabetta Sgarbi, publisher La nave di Teseo in cui uscirà anche Figlio di nessuno sua autobiografia).
Buona lettura a tutte e a tutti.
Andiamo a presentare gli articoli di questo numero, cominciando dalle donne di Calendaria, che questa volta sono due: Economia e parità di genere: Ester Børgesen Boserup ci farà incontrare un’economista con l’apostrofo, che ha saputo rendere l’economia una disciplina umana. Cesina Bermudes: una vita per le donne ci racconterà di una medica, ricercatrice, attivista politica e femminista che introdusse in Portogallo il metodo del parto indolore. Anarcha, Betsy, Lucy. “Le Madri della Ginecologia”, ci racconterà le origini di una scienza giovane che è progredita velocemente. Continuano le nostre serie: Fantascienza, un genere (femminile). Sara Pinsker, Aliette de Bodard, Amal El-Mohtar è il documentato e ricco articolo su tre nuove protagoniste della science fiction. La donna nel seicento ci ricorderà che in questo periodo storico la donna, soprattutto se appartenente a una famiglia agiata «se si sposa, deve unirsi all’uomo che le hanno scelto i genitori. Se rinuncia al matrimonio, si deve fare monaca». Per Viaggiatrici del Grande Nord prosegue il resoconto di viaggio di Elisa Cappelli in Incontri svedesi, mentre ci congediamo dalle passeggiate meditativecon Pavia. Via Teodolinda, o sui ringraziamenti a chi legge. Parliamo di donne della moda e di una in particolare, nell’anniversario della sua nascita, in Fra industria e creatività: Wanda Ferragamo e le altre signore della moda italiana. Ancora di moda si parla nell’intervista a Valeria David raccontata in Cambiamo discorso. Lo sguardo femminista sulla Moda.
Allarghiamo lo sguardo alle vicende internazionali con Il maggio di Limes. Il caso Putin. Parte seconda, in cui, geopoliticamente, cercheremo di «entrare nelle scarpe e nella testa degli altri per capire come si comportano in base alle loro convinzioni», come spesso ci ricorda il Direttore Caracciolo. Mesagne, Laura e i suoi volti è il racconto dell’incontro dell’autrice dell’articolo con un’artista e con tante donne in una città che sta diventando un polo culturale importante. Per la sezione Didattica leggerete di una vicenda che ha dell’incredibile, in Non basta il titolo a fare l’educatrice. Celebriamo poi il giubileo della regina d’Inghilterra in Elisabetta II. Settant’anni di Regno, analizzando la vita di una donna che, nel bene e nel male, è stata ed è tutt’ora simbolo di un’epoca.
La recensione di questa settimana è sul libro di Elda Guerra, Attraverso il Novecento. Vittorina Dal Monte tra partito comunista e movimento delle donne, raccontata nell’articolo Un incontro unico e irripetibile.
Cinema, donne, sport e giustizia. Fonti di ispirazione per un mondo migliore ci mostra alcune eroine dello sport ritratte dal cinema come modelli anche per uomini. È arrivato il momento di raccontare Il maggio di Toponomastica femminile partendo da una poesia di Antonia Pozzi.
Chiudiamo come sempre con la ricetta della settimana, originale e squisita, Pan d’arancia, augurando a tutte e tutti buon appetito.
SM
***
Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.