Tra rivoluzione e restaurazione. Le Memorie del Monastero delle Vergini di Verona

I titoli di certi libri ti chiamano. Per una donna del XXI secolo, travolta dagli impegni quotidiani e dalla frenesia che caratterizza l’età contemporanea, la vita delle monache ha sempre avuto un fascino particolare. Per una persona che difficilmente riesce a dare un ordine alla sua vita, il ritmo delle giornate scandite dalle fasi della preghiera e il tempo dedicato allo studio e alla meditazione sono spesso apparsi come un esempio di ordine e un rifugio di pace da desiderare. Per questo il libro che si va a recensire e che racconta la storia di un monastero ha avuto un’attrazione fatale su chi scrive. Il testo edito da Viella, a cura di Alessia Lirosi, fa parte di una collana dal titolo La memoria restituita, che vuole dare voce a testi prodotti da donne dal tardo Medioevo all’età contemporanea. Come recita la seconda di copertina, «Nata da un’iniziativa congiunta dell’Archivio di Stato di Roma e della Sapienza – Università di Roma, la collana intende costituire un punto di riferimento per gli studi e le ricerche sulla scrittura femminile» in cui saranno proposti «sia testi inediti che fonti a stampa di difficile reperibilità, nell’intento di riportare alla luce parte della documentazione ancora sommersa».

Il libro si apre con un saggio di Maria Clara Rossi, Dalle sorores minores alle Clarisse di S. Maria delle Vergini, alle sorores de paupertate di Santa Chiara (secoli XIII-XV) che racconta in modo accurato e documentatissimo l’inizio delle vicende di questo monastero. La parte più interessante riguarda però il manoscritto delle Memorie, che narrano la vita della veneziana Anna Brunetti Cavalieri, la storia della nascita della comunità da lei fondata all’inizio dell’Ottocento a Verona e il percorso che ha portato questa comunità dall’apostolato attivo dedicato alla educazione delle bambine alla clausura e in particolare all’adorazione del Santissimo Sacramento. Le Memorie sono un preziosissimo modo di raccontare tipicamente femminile, che apre uno squarcio su una parte della storia delle nostre comunità spesso taciuta e sommersa, perché non ritenuta degna di studio e di menzione, ma che nel tempo è sempre più considerata come una fonte storica di primaria importanza. La vicenda del monastero attraversa tre momenti particolari per la storia italiana: l’invasione delle armate napoleoniche, la fine della Repubblica di Venezia e la creazione del regno Lombardo-Veneto poi abbattuto con la Terza guerra di indipendenza.

Chi scrive le Memorie Cronologiche di questo Monastero di Santa Maria delle Vergini dai primordi della sua istituzione per opera della Serva di Dio Anna Brunetti nel 1816 sino al giorno della sua formale erezione 19 ottobre 1945 è suor Maria Cherubina del Cuore di Gesù, al secolo Teresa Cavalieri, ultrasettantenne, aiutata probabilmente da una consorella più giovane, di cui però non si conosce l’identità. Le Memorie sono un testo poliedrico, che si presta a diversi livelli di lettura: un racconto di fondazione ma anche una cronaca monastica, la biografia di una donna ma anche l’autobiografia della sua più fidata allieva, divenuta ottima manager della comunità, e soprattutto l’atto d’amore di una donna verso una madre spirituale che è stata per l’autrice un modello verso cui si intuisce una stima fortissima.

Le Memorie sono pure, come ricorda Lirosi, «la storia di un gruppo di donne indipendenti che si muovono nello scenario di importanti rivolgimenti politici e religiosi in una società organizzata e gestita prevalentemente da uomini, laici o ecclesiastici». Il testo si apre con un’avvertenza «A chi legge» e con una dedica: «Già da molti anni mi chiudeva nel cuore il desiderio di lasciare dopo di me una qualsiasi fosse memoria della prima origine di questa Religiosa famiglia…» È ormai passato mezzo secolo dalla scomparsa di Anna Brunetti, la cui vita, segnata dalla perdita del padre a quattro anni e dall’abbandono della madre, sembra un romanzo dickensiano. Dall’infanzia triste e dolorosa al matrimonio imposto di cui «la giovane sposa si avvisò tra non molto, avere il novello suo stato di molte spine, ed esser giogo a colei che l’abbraccia». Tenuta in grande considerazione dal suocero, che aspetta da lei il parere sulla seconda moglie, dopo essere rimasto vedovo, Anna si rifugia nella preghiera e nelle opere di carità. Fa voto di continenza, con licenza dell’Ordinario, col marito, vivendo in camere separate sotto lo stesso tetto come fratello e sorella e non vorrà mai avere figli. Intanto si dedica all’educazione delle fanciulle, istruendole e mantenendo le più povere presso di sé. La Chiesa inizialmente non vede di buon occhio questa attività, ma poi la comprende e l’apprezza.

Il sogno di Annetta è la creazione di un Ordine religioso, quello delle Discepole del Sacro Cuore di Gesù, e presso la sua scuola arrivano anche giovani «pericolanti, da rimettere sul buon sentiero». Alcune sono avviate al lavoro, altre alla vita spirituale. Per invogliarle alla devozione, Brunetti realizza «una specie di cappellina separando con delle tele una parte di stanza, ove esse poteano fare più raccolte le loro orazioni davanti al povero altarino che loro compose». Gradualmente il numero delle allieve aumenta e Brunetti si sposta in una sede più grande, guidata dalle indicazioni dell’ultimo suo direttore spirituale, riuscendo a celebrare la Messa nella cappella di casa con sull’altare il Santissimo Sacramento per l’adorazione notturna. In questa abitazione istituisce il refettorio e attribuisce alle sorelle i diversi ruoli: Celleraria, Guardarobiera, Sagrestana, ecc.

Con la carestia del 1817 la vita per la comunità diventa molto difficile e nel 1818 Brunetti, spesso preda di dolori al petto e di mali di testa, si sposta nel Conservatorio degli Ex Derelitti, poveri fanciulli orfani, da cui difficilmente le sorelle usciranno, dedicandosi alla clausura. C’è da scegliere la Regola da seguire e loro sceglieranno quella delle Terziarie Francescane, decidendo anche un nome con cui chiamarsi. Anna Brunetti morirà il 4 aprile del 1823, all’età di 47 anni, e sarà ricordata così: «Era la signora Brunetti di statura mediocre; avea faccia rotonda, capegli biondi, occhi cilestri molto vivaci, naso aquilino, molto rubicondo. Era di temperamento sanguigno, di tratto nobile e cortese, ma insieme grave, di animo generoso e forte nel sostenere i travagli, e condurre a termine le cose intraprese». Si muoveva sempre con l’approvazione degli ecclesiastici e dei laici benefattori, mostrando capacità di mediazione e abilità nell’imporre la propria volontà grazie al suo stile di vita e alla sua autorevolezza.

Teresa Cavalieri, la cognata, le succede. L’ha osservata per tutti questi anni e ne continuerà l’opera nel solco del suo esempio. Chiederà aiuto, soprattutto economico, ad alcuni ecclesiastici, tutti ricordati nelle Memorie. Teresa, suor Cherubina, istituisce il Noviziato e mette in pratica la Nuova Regola scritta di pugno da Brunetti. Non è la prima volta che le fondatrici di un Ordine vogliono esserne anche le “legislatrici”, almeno nelle loro comunità, un ruolo che era loro negato in altri settori della società. Teresa prende i voti definitivi e diventa Madre Superiora. Tutte le sorelle si tagliano i capelli, indossano una cuffia bianca e adottano un abito nero con sopra un bavero e una mantelletta. Nel biennio 1826-27 il governo austriaco ha abolito le leggi di soppressione napoleoniche, ma si riserva di approvare ogni comunità e qualcuno prova a denunciare suor Cherubina, dopo averla udita salmeggiare con le monache. Teresa fa sparire tutto: breviari, avvisi e cartelli esposti e da allora, dopo l’ispezione, grazie anche alla protezione di una famiglia benestante, non sarà più ostacolata. Riesce pure a far approvare la Regola di Anna Brunetti al vescovo di Verona Grasser, che la spinge a trovare una nuova sede. Dopo molte ricerche, la individuerà a Campofiore, nell’edificio che aveva precedentemente ospitato l’antico monastero delle Clarisse dedicato a S. Maria delle Vergini. Le difficoltà economiche sono molte ma suor Cherubina riesce sempre a trovare benefattori e benefattrici.

Nel 1835 intrattiene contatti con il signor Balconi che diventa procuratore della comunità, che adesso è arrivata a 29 componenti. L’istruzione delle fanciulle prosegue e persino la domenica e nei giorni festivi vi si aggiungono nuove giovani, arrivando a 180 presenze femminili. L’Ordine ha bisogno di riconoscimento e l’atto con cui Teresa Cavalieri lo chiede a sua maestà il re del Lombardo-Veneto è un piccolo capolavoro di intelligenza e di diplomazia: la richiesta enfatizza infatti il compito più importante della comunità: «l’educazione ed istruzione gratuita delle fanciulle, di cui tanto abbisogna quella parte della città prescelta a dimora dell’Istituto… L’istruzione pubblica sostenuta da Maestre approvate per le tre classi Elementari femminili, sotto la stretta osservanza delle Governative disposizioni, non può che assicurare un felice risultato».
Teresa dovrà fare un viaggio di formazione presso chiostri e ordini, perché il riconoscimento della loro Regola tarda ad arrivare, ma si convincerà che per loro non ne esiste una migliore. Da parte religiosa esistono dubbi e Teresa approfitterà di questo viaggio per crescere non solo spiritualmente ma anche umanamente. Arrivano finalmente l’approvazione romana ma, cosa più importante, il benestare delle autorità asburgiche. La comunità delle Discepole del Sacro Cuore è ora un monastero di Clarisse urbaniste. Suor Cherubina ne è eletta Badessa all’unanimità. Non è ancora sciolto il nodo dell’inconciliabilità tra voti solenni, clausura e attività all’esterno a scopi educativi. Le Memorie si chiudono qui. Le Discepole del Sacro Cuore di Gesù sono poste davanti a una scelta: continuare a operare nella società per l’educazione delle fanciulle fuori dal monastero, però senza voti solenni, o proferire i voti solenni ed essere riconosciute come Congregazione religiosa, accettando la clausura e abbandonando la gestione della scuola femminile.

Il testo di Arrighi, Regola di Santa Chiara approvata da Urbano IV per le Clarisse del Monastero di Santa Maria delle Vergini, ci informa che il 19 ottobre le religiose vennero rinchiuse «in perpetua clausura». La comunità di Brunetti e Cavalieri prosegue dunque il percorso dedicandosi alla vita contemplativa e il libro racconta la sua storia fino ai nostri giorni.
Conoscere la vita e le opere di queste due donne che forse hanno cercato la libertà dalla prigione di un matrimonio nell’educazione delle fanciulle e nella vita spirituale è stato un grandissimo piacere. Quella che a molte e molti può sembrare una fuga, spesso è l’unica via per la libertà.

Mi piace chiudere con la bella riflessione delle Clarisse Sacramentine di Novaglie, che hanno raccolto l’eredità di Brunetti e Cavalieri, riflessione che apre il testo: «Ci sono molti scrigni nella nostra vita: c’è lo scrigno in cui si conservano i preziosi, gli oggetti di valore che ci sono cari; ci sono le casseforti, le custodie in cui conserviamo i codici antichi, gli archivi, i raccoglitori, i cofanetti, i contenitori di pregiato valore in cui manteniamo gli album delle fotografie dei momenti più significativi della vita. Tra tutti gli scrigni ce n’è però uno interiore, che ci abita e che vive in noi, uno scrigno vivo. La memoria».

In copertina. Chiesa di Santa Chiara a Verona.

Alessia Lirosi (a cura di)
Tra Rivoluzione e Restaurazione. Le memorie del monastero di S. Maria delle Vergini di Verona
Edizioni Viella Editore, Roma, dicembre 2021
pp. 180

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Articolo di Sara Marsico

Ama definirsi un’escursionista con la e minuscola e una Camminatrice con la c maiuscola. Docente per passione da poco in pensione, è stata presidente dell’Osservatorio contro le mafie nel sud Milano e referente di Toponomastica femminile nella sua scuola. Scrive di donne, Costituzione e cammini.

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