Mary Elmes, unica irlandese tra i Giusti dello Yad Vashem

Mary Elmes, studiosa e laureata alla prestigiosa Università del Trinity College a Dublino, voltò le spalle a una brillante carriera accademica per svolgere attività di volontariato in due dei peggiori conflitti del Ventesimo secolo. Durante la Guerra civile spagnola (1936-1939) istituì e gestì ospedali per l’infanzia, spostandosi di sito in sito mentre le truppe di Franco avanzavano. Quando era evidente che la Spagna non fosse più sicura, seguì i rifugiati spagnoli oltre il confine in Francia per trovarsi troppo presto in un’altra guerra: la Seconda guerra mondiale. In Francia seguitò ad aiutare i rifugiati e in piena crisi bellica rischiò la vita per salvare bambine e bambini ebrei dalla deportazione.

Marie Elisabeth Jean Elmes aveva vissuto la turbolenza della guerra fin da giovanissima. Nacque il 5 maggio del 1908 in una prospera famiglia anglicana e progressista a Ballintemple, nella città di Cork. Suo padre Edward Elmes era un farmacista e sua madre Elisabeth si era battuta per il voto alle donne ed era stata la tesoriera della Munster Women’s Franchise League. Mary e suo fratello minore John frequentarono entrambi la Rochelle School, un istituto moderno e ben attrezzato a Blackrock, Cork. La scuola imponeva una «rigorosa cortina di censura» alle proprie e ai propri alunni nel tentativo di proteggerli dagli sconvolgimenti politici del primo Novecento, ma invano.

La giovanissima Mary era a conoscenza della Prima guerra mondiale e, all’età di sette anni, confezionava calzini per i soldati che combattevano in prima linea. La guerra arrivò molto più vicina a casa nel maggio 1915 quando il transatlantico Cunard, il Lusitania, fu silurato da un U-boot tedesco al largo della costa di Cork. Lei e la sua famiglia si unirono alle migliaia di persone accorse a Cobh per aiutare i sopravvissuti. Più tardi avrebbe detto ai propri figli che le scene strazianti alle quali aveva assistito sulla banchina quel giorno erano rimaste con lei per tutta la vita. Ebbe motivo anche di ricordare la Guerra d’indipendenza irlandese. Nel 1920, l’azienda di famiglia in Winthrop Street fu bruciata dalle forze britanniche. Nonostante il tumulto, Mary fu incoraggiata a viaggiare e a studiare. Quando finì la scuola trascorse un anno in Francia per poi tornare  a casa con un francese quasi perfetto. Ha continuato a studiare lingue moderne (francese e spagnolo) al Trinity College di Dublino, dove primeggiava. Nel 1931 vinse una Medaglia d’oro per l’eccellenza accademica e, dopo la laurea, una borsa di studio alla London School of Economics (Lse).

Un suo ex-professore al Trinity College, T.B. Rudmose-Brown, si dichiarò entusiasta della «insolita intelligenza» e della «carriera accademica eccezionalmente brillante» di Mary. A Londra, i riconoscimenti continuarono ad arrivare. Nel 1936 vinse un’altra borsa di studio, questa volta per studiare relazioni internazionali a Ginevra. Nello stesso anno, quando scoppiò la Guerra civile spagnola, Mary, profondamente consapevole della situazione politica, non era affatto preparata alla sofferenza di cui fu testimone quando si offrì volontaria con il servizio di ambulanza di sir George Young. Nel febbraio del 1937 arrivò in Spagna e fu assegnata alla stazione di alimentazione di Almeria. Ben presto si guadagnò esperienza e fu reputata una amministratrice scaltra e abile, lucida ma non sentimentale, capace di gestire faccende pratiche anche nel caos di una guerra. Con l’avanzare dell’esercito fascista, Mary si spostò verso est, da Murcia ad Alicante e poi in montagna a Polop, dove allestì e diresse ospedali pediatrici. Quando suo padre morì inaspettatamente a Cork alla fine del 1937, perse il funerale perché si rifiutò di abbandonare il suo posto visto che non fu possibile trovare una sostituta. Lasciò la Spagna solo quando era diventato impossibile per gli operatori umanitari rimanere e decise di seguire i suoi amati rifugiati spagnoli oltre confine. Qui Mary creò laboratori, mense, scuole e ospedali nei villaggi-campo eretti in fretta nel sud-ovest della Francia.

Credeva che anche in situazioni di estrema emergenza fosse utile far fare qualcosa di pratico alle persone. Ma non si limitava a organizzare e a dare ordini, partecipava alle stesse attività che organizzava. Stabiliva degli obiettivi e cercava di raggiungerli. Il suo approccio si potrebbe definirne clinico, chirurgico. Era risoluta nel suo lavoro e presto fu scelta come direttrice della delegazione quacchera a Perpignan, pur non essendo di fede quacchera. Centinaia delle sue lettere che sono sopravvissute rivelano una donna determinata e intraprendente, ma anche molto diplomatica. Queste caratteristiche si sarebbero rivelate vitali quando gli ebrei nel sud-ovest della Francia furono ammassati per essere deportati dal campo di Rivesaltes dove Mary Elmes trascorreva la maggior parte del suo tempo. I documenti giunti a noi descrivono come abbia “rapito” nove bambini ebrei dal primo convoglio diretto ad Auschwitz l’11 agosto 1942, nascondendoli nel bagagliaio della sua auto e conducendoli negli orfanotrofi che aveva allestito ai piedi dei Pirenei e lungo la costa all’inizio della guerra.

Tra l’agosto e l’ottobre del 1942, Mary Elmes e i suoi colleghi salvarono circa 427 bambini dal campo di Rivesaltes. Le sue attività sovversive la portarono all’attenzione della Gestapo e all’inizio del 1943 fu arrestata e imprigionata per sei mesi. Quando la guerra finì, sposò il francese Roger Danjou a Perpignan ed ebbero due figli, Caroline e Patrick. In seguito parlava poco della guerra o di ciò che aveva fatto, rifiutando tutti i riconoscimenti. Nel 2011, nove anni dopo la sua morte avvenuta all’età di 93 anni, uno dei bambini da lei salvati, il professor Ronald Friend, l’ha proposta per il più alto riconoscimento israeliano; nel 2013 è stata nominata Giusta tra le Nazioni. È l’unica irlandese a detenere tale onore.

Fonti:

Il libro di Clodagh Finn, A Time to Risk All, Gill Books, Dublin, Ireland

Il film documentario It Tolls for Thee, 2017

***

Articolo di Kay McCarthy

Nata a Dublino e italiana d’adozione, insegnante, traduttrice e musicista, è da oltre quarant’anni portavoce della tradizione musicale irlandese in Europa. Con uno stile proprio, unico e inconfondibile, trae la sua ispirazione da radicati elementi costitutivi della terra d’origine. Il suo repertorio è composto da brani di musica tradizionale ai quali si aggiungono pezzi originali firmati dalla stessa vocalist.

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