Editoriale. Ti chiamerai Porta Affascinante

Carissime lettrici e carissimi lettori,

questa storia comincia con un nome. Anzi con tre nomi di giovani donne. Tre vite spezzate dall’ingiustizia della violenza e dal mistero che ancora avvolge il loro destino, dopo tanti anni.

Sono ventuno anni che una ragazzina, allora appena diciottenne, non conosce giustizia al suo morire. L’hanno trovata in un bosco a poca distanza da dove era nata, ad Arce, in provincia di Frosinone. Erano i primi di giugno del 2001, era chiusa in un sacco, con un nastro adesivo che probabilmente l’ha soffocata, davanti alla bocca. Era nata nel novembre del 1982, non aveva avuto, alla fine, neppure il tempo di sorridere alla vita!

Da allora le udienze sono state tante e la cronaca di questi giorni le ha ricordate tutte. Ma nessuno ha dato volto e storia vera alla sua fine. Nessun colpevole: così ha dettato la sentenza di qualche giorno fa. Ma una mano o più mani assassine ci sono state, inevitabilmente. Perché Serena Mollicone, così come si chiamava la giovane di Arce, è stata uccisa e a oggi non si conoscono ancora il motivo e il volto di chi ha agito, forse anche più di una persona, sul suo corpo, soffocandola, invece di soccorrerla.  In tutta questa storia, e anche questo ingrandisce l’ingiustizia, non sappiamo se c’entri il suo essere donna. Certo è stata colpita nella sua fragilità giovanile.

Di un’altra ragazza vogliamo dire. Anche lei giovanissima, sicuramente spaesata in una città lontana dai suoi luoghi di nascita e di vita, che ha concluso, misteriosamente, i suoi giorni in un luglio di trenta anni fa.

Per ricordare un’altra ingiustizia, ancora più subdola e nascosta da apparenze che sono sembrate ovvie e che tali non erano. Su Rita Atria potrete leggere un bellissimo articolo nel numero odierno della rivista in memoria di lei, che è stata nominata come la settima vittima dell’attentato al giudice Borsellino. Si è detto tanto di questa ragazza coraggiosa. Ha scelto di andare contro i principi di mafia con i quali era stata cresciuta e aveva vissuto dalla nascita. Ci è giunta con l’aiuto e il sostegno, oseremo dire anche affettivo, del giudice Borsellino del quale ha seguito il destino, voluto forse dalla stessa mente che ha deciso la fine anche del suo parlare, fermandola per sempre, a Roma. Rita è morta lì, in un appartamento in cui l’avevano appena trasferita (altra parte poco chiarita, anzi, oscura dell’avvenimento), in un quartiere dell’immediata periferia della capitale e in una via che il destino ha voluto con il nome molto simile a quello della strada dove era saltata in aria, una settimana prima, l’auto del giudice siciliano. Rita quel 26 luglio del 1992 era sola. I riflettori, quelli della stampa e gli occhi di tutti, erano concentrati ancora sulla orribile strage di Palermo, su quell’accadimento tragico che Paolo Borsellino aveva presentito, e quasi si può dire preannunciato, 156 giorni prima, subito dopo l’uccisione del suo amico e collega Giovanni Falcone.

Manuela Loi era anche lei molto giovane. Il 19 luglio 1992 Manuela aveva 24 anni ed era in via D’Amelio dove la sua vita si fermerà insieme a quella del giudice e dei colleghi della scorta. Loi è stata tra le prime donne in Italia a cui è stato affidato il servizio di protezione e ha anche il triste primato di essere la prima vittima femminile di polizia di una strage di mafia. Aveva vinto il concorso di polizia, ma avrebbe voluto essere un’insegnante. Due settimane dopo l’attentato che l’ha uccisa (il 5 agosto) le è stata data la medaglia d’oro al valore civile. Prima aveva rassicurato i genitori, impauriti dopo la morte di Falcone di neanche due mesi prima. Ma Emanuela li rassicurava. A lei, diceva, non poteva succedere nulla.

A nome di Emanuela Loi sono state intitolate scuole, una anche nella sua città, a Sestu, in Sardegna, vicino a Cagliari, dove era nata nel 1967. Poi a suo nome in Italia ci sono molte strade e piazze, una a Milano che Loi condivide nominalmente con Francesca Morvillo, la moglie magistrata di Giovanni Falcone morta anche lei nell’attentatuni, come è stata chiamata in Sicilia la strage di Capaci. A suo nome ci sono anche tanti parchi, ponti, persino un parco giochi e un anfiteatro (sul lungomare, a Lamezia Terme), poi un centro per anziani, a Lecco, sorto al posto di una pizzeria confiscata alla mafia. Un’ulteriore curiosità: tra le pochissime statue e targhe dedicate in Italia alle donne (non solo qui è questa marcata carenza!) ce n’è una che la rappresenta, ad Ari, un piccolo centro in provincia di Chieti.

Parlando di anniversari una data appare importante per la vita sociale delle donne italiane (https://vitaminevaganti.com/2021/10/02/cittadinanze-incompiute-la-parabola-dellautorizzazione-maritale/). Il 19 luglio, quello del 1919, ha segnato un passo importante per la libertà sociale femminile in questo Paese, un passo, tra i primi, dall’affrancarsi delle donne italiane dagli uomini e, in particolar modo, dal marito, una figura che nelle società patriarcale è fondamentale per trasmettere, con la sua importanza supposta, autorità e soffocamento delle libertà femminili.  La data, abbiamo detto, è quella del 19 luglio del 1919, quando da appena pochi mesi si era concluso il primo conflitto mondiale. «Finalmente in Italia viene abrogata una legge, una disposizione che faceva parte del sistema giuridico del Regno d’Italia. Viene abrogata soltanto appunto in questa data ed era la disposizione con la quale si procedeva a rendere determinante il cosiddetto principio della autorizzazione maritale. Per tantissimo tempo in questo Paese nessuna donna era autorizzata a stipulare nessuna forma, diciamo, di contratto, di accordo pubblico, che avesse a che fare, per esempio, con la cessione di un immobile o con l’acquisto di un immobile, con la stipula di un mutuo, o con qualunque altro tipo di operazioni, senza avere un’autorizzazione scritta da parte del marito. Era una piccola legge, ma una legge determinante, una legge che era stata recepita dal Regno d’Italia da una normativa precedente che era nel codice napoleonico e che prevedeva in qualche modo e partiva dal presupposto che la donna fosse totalmente e completamente assoggettata all’autorità del marito, una norma che reclamava giustizia e soltanto nel luglio dell’anno 1919 finalmente si fece un passo in questo senso e la norma sull‘autorizzazione maritale venne definitivamente abrogata. Fu il primo passo in quel lungo percorso che sarebbe stato compiuto e che tuttora è in corso per la parità definitiva fra i sessi. Noi continuiamo oggi ad assistere a un fenomeno gravissimo, quello per cui evidentemente a parità di impegno e di età di incarico lavorativo la donna è meno retribuita dell’uomo. Quindi molta strada ancora c’è da fare, ma sappiamo che si può progredire e compiere, seppure lentamente, passi in avanti» (Stefano Massini, Ufficio Racconti smarriti, luglio 2022).

Sulla copertina di uno dei tanti libri, tutti meravigliosi, di Antonio Faeti, che è stato un grande professore di Storia della letteratura per l’infanzia all’Alma Mater di Bologna, è rappresentata una tavola bandita a festa che palesemente, per il grande tacchino che troneggia davanti ai piatti degli ospiti, riproduce una grande festa americana. Sotto il pavimento si intravedono, però, delle ossa e dei teschi umani che richiama la sorte dei nativi americani, visto che tra le ossa ci sono delle corone con le piume, ad ornamento del capo degli indigeni che poi saranno confinati nelle cosiddette riserve. Una festa che rimanda ad una tragedia per un intero popolo!

Mi è sembrato doveroso, su una rivista come la nostra che si trova sempre dalla parte delle minoranze, ricordare una data e un uomo: il suo nome era Toro Seduto e la data è quella del 20 luglio 1881 quando il grande condottiero ha capitolato (la data infatti è molto triste) cedendo e ritirandosi con i suoi popoli nelle riserve. Ma la gloria comincia prima! Riguarda la battaglia vinta dai nativi, con a capo appunto Toro, o meglio, Bisonte Seduto (dovrebbe tradursi così il suo vero nome). Lo straordinario trionfo risaliva a cinque anni prima, quando Hunkesni, il “lento”, come era anche chiamato sempre Toro Seduto, grazie alla sua capacità di riflettere prima di prendere una decisione, era stato capace di mobilitare oltre 3.500 guerrieri Sioux e Cheyenne, portandoli a combattere nella famosa battaglia del Little Big Horn dove ottenne una schiacciante vittoria sul colonnello George Armstrong Custer del Settimo cavalleggeri. La vittoria avvenne clamorosamente il 25 giugno 1876. Per cinque anni i nativi americani resistettero, un successo memorabile che aveva dato loro fervide speranze riguardo, appunto, alla grande battaglia per la Frontiera. Ma la realtà è stata più dura. Nonostante tutto Toro Seduto fu costretto ad accettare di rientrare dentro la riserva indiana. Questo segnò il tramonto di Toro Seduto e, come giustamente si è detto, fu anche il tramonto di tutta la cultura dei nativi e l’inizio di un’altra epoca.

Noi ricordiamo di quest’uomo il fascino di chi la Storia la legge anche guardandola da un’altra ottica. Lo ricordiamo per le frasi che piano piano sono arrivate a noi, per gli splendidi nomi dati alle tante mogli avute: Porta Affascinante Capelli Lucenti, purtroppo morta di parto. Poi ci fu Neve Su Di Lei a cui seguirono Donna RossaVista Dal Suo Popolo e Quattro Vesti. Continuano a farci immaginare e sognare film dove gli indiani d’America sono i protagonisti dalla parte del giusto. Un mondo lontano quanto quasi sconosciuto.

Ieri è stato il mio compleanno e auguro a me stessa come a tutte e tutti voi buona vita. Voglio condividere la mia festa, il mio augurio e il mio tempo futuro anche con voi che mi seguite e accompagnate con interesse, e direi con affetto, Vitaminevaganti.

Per questo ho voluto scegliere una poesia, anzi due, come segno di prosperità di vita. Che siano anche un inno ad essa. Per una ricompensa che mi doni e ci doni fiducia.

Gli auguri dell’innocenza

Vedere un mondo in un grano di sabbia
e un universo in un fiore di campo,
possedere l’infinito sul palmo della mano
e l’eternità in un’ora.

(William Blake)

La mia vita non è quest’ora ripida

La mia vita non è quest’ora ripida
che mi vedi scalare in fretta.
Sono un albero innanzi all’orizzonte,
una delle mie molte bocche,
e la prima a chiudersi.
Sono l’attimo tra due suoni
che male s’accordano
perché il suono morte vuole emergere –
Ma nella pausa buia si riconciliano
entrambi tremando.
E bello resta il canto.

(Rainer Maria Rilke)

Buona lettura a tutte e a tutti.

Presentiamo gli articoli di questo numero, cominciando con la voce di una donna, di cui si ricorda il trentennale della scomparsa, la settima vittima della strage di via D’Amelio, nel bel pezzo scritto in prima persona da una nostra autrice, In volo verso la libertà. Rita Atria. Proseguiamo con Calendaria, che ci fa conoscere Berta Pipina, scrittrice, editrice, giornalista, cofondatrice del Consiglio dell’organizzazione delle donne lettoni, prima donna ad essere eletta al Parlamento lettone. Alla ricerca di sé: Luisa Bruschetti Santandrea in Norvegia è la nuova puntata della serie Viaggiatrici del Grande Nord con cui ci avviciniamo, almeno con la mente, alle temperature un po’ più fresche di quelle della settimana appena trascorsa del Paese «dove il sole non tramonta», mentre Siena. Bianca Piccolomini Clementini è la nuova tappa delle passeggiate toponomastiche meditative nella terra del Palio, che si soffermano su tre figure di donne che hanno dedicato la loro vita al bene del prossimo. Salento. Essere imprenditrice oggi è la quarta intervista del tour educational Donne sul filo di un racconto. Sally Ride è la «prima donna americana ad andare nello spazio, terza nella storia mondiale e la più giovane astronauta del suo Paese». Ce la descrive l’autrice dell’articolo a lei dedicato. Forse non tutte e tutti sanno che anche con il solleone si può trarre grande beneficio dalle terme. Montecatini Terme inserita fra le “Great Spas of Europe” Patrimonio Unesco è un itinerario culturale nel Pistoiese, recentemente nobilitato dall’inserimento di una delle stazioni termali italiane più famose al mondo tra i patrimoni dell’Umanità. Le recensioni di questo numero sono due: La ragazza di via Orazio: Marisa Musu, a cura di Ennio Polito, che ci descrive una donna che ha fatto dell’impegno politico e della coerenza ai propri principi la cifra della sua vitae Straordinarie. Le lettere delle donne del PCI a Gino Cortese, a cura di Enrico Cortese, un libro che rende onore a donne che, come scrive l’autrice dell’articolo, «hanno rappresentato un pezzo di mare su cui solcavano nitide le loro vele. Un mare in cui spesso la storia siciliana le ha fatte sparire. Questo libro è una piccola onda che le riporta a riva». Due approfondimenti accostano la ricerca della bellezza all’impegno civile: Bellezza e democrazia. Giuliana Longo, modista ci farà scoprire come si possano conciliare attivismo politico e bellezza per le vie di Venezia e che ci spiega molte sull’origine del famoso panama. Anche in Tano. Lotta e bellezza si racconta del connubio indissolubile per il grande autore fotografico dell’impegno civile e politico con la bellezza. «L’immagine frutto del conflitto è la dimostrazione del cambiamento proprio perché durante il conflitto la prima cosa che cambia è il modo di guardare», avrà occasione di dire parlando della potenza della fotografia che può cambiare il mondo.

In questa settimana si correrà Il nuovo Tour de France Femmes di cui scrive la nostra autrice che si occupa di sport al femminile, con una serie di interessanti considerazioni. Allarghiamo l0 sguardo a quanto accade nel mondo con la recensione dell’ultimo numero di Limes, La guerra russoamericana che, a cominciare dal titolo, ha uno sguardo purale sulla guerra per procura in Ucraina. Chiudiamo, come di consueto, con la ricetta della settimana: Insalata di riso al tonno, veloce da preparare, gustosa e, come sempre, con l’indicazione di un «trucco» per non sprecare.
SM

***

Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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