Stefania Türr, il nord come avventura

Figlia naturale di Stefano, patriota ungherese fuggito in Italia, dove parteciperà alla spedizione dei Mille, Stefania Türr nasce nel 1885; sul luogo natale non vi è certezza: secondo alcuni studi è Roma, mentre lei stessa, in Le impressioni di una automobilista, indica Graz, in Austria. Alla sua nascita il padre era già sposato con Adelina Bonaparte Wyse, una discendente della famosa famiglia, e abitava a Pallanza, presso il Lago Maggiore, con la moglie e altri due figli.

Stefania viene educata in collegio a Roma, ma rimane sempre legata al padre, verso il quale esprime costante affetto e ammirazione, considerandolo un po’ responsabile del suo carattere avventuroso, del suo amor di patria e della forte avversione antiaustriaca che la accompagnerà per tutta la vita: «A tre anni giocavo alla guerra, e facevo un fracasso indiavolato nelle battaglie che improvvisavo. […] A 4 anni mettevo in fila maschietti e bimbe, ed io in testa si marciava, naturalmente contro l’Austria. A cinque con le lettere maiuscole che papà mi aveva comprato per insegnarmi l’alfabeto composi due frasi: ‘Viva il re, a morte l’Austria’. A sette, in una battaglia navale affondai tutta la flotta di mio cugino Loulou, ancorata nella gran vasca del giardino di casa nostra sul lago di Balaton, ‘Così perisca l’Austria!’ Gridai».

Türr intraprende presto la carriera di giornalista, che però le consente a stento di mantenersi: affronterà sempre problemi economici, cercando di superarli sia con la pubblicazione di libri e riviste, sia sollecitando incarichi pubblici, sia accompagnandosi ad amicizie facoltose; il matrimonio con Luigi Pisone, cui peraltro non fa mai riferimento nei suoi scritti, non dura a lungo. Rispetto alla partecipazione dell’Italia nella Prima guerra mondiale si dichiara convinta interventista. Nel 1916 fonda l’Associazione Madri Italiane, a tutela delle/gli orfani di guerra e il mensile La Madre Italiana. Rivista mensile pro orfani di guerra, che intende rappresentare l’associazione stessa, ma avrà breve vita e verrà chiuso nel 1919. Nel 1917 sarà una delle pochissime giornaliste a raggiungere il fronte italiano e scriverne, ma il suo ruolo è alquanto controverso: nonostante si presenti come un’eroica cronista, in prima linea sui campi di battaglia, nei documenti degli archivi ministeriali è descritta come «affetta da un certo grado di megalomania», a causa della sua insistenza nel richiedere sostegno e assistenza per spostarsi nelle retrovie. Nel dicembre 1917 questa esperienza le permette comunque di pubblicare Alle trincee d’Italia. Note di guerra di una donna, dove racconta la guerra, sia grazie alle lettere dei soldati («più che amici, miei figli»), sia attraverso gli articoli dal fronte, comparsi in precedenza sul periodico La Madre Italiana. A testimoniare la sua attendibilità (ma anche la sua abilità di fotografa), il volume è corredato da numerose immagini, scattate dall’autrice stessa. Nonostante il drammatico argomento, lo stile è egocentricamente soggettivo e la sua figura appare spesso in primo piano; sul treno diretto al fronte, ad esempio, il suo atteggiamento verso gli altri viaggiatori è di sprezzante superiorità: «Io vado al fronte, e vorrei gridarlo alto specialmente a quella damina che mi sta incontro tutta agghindata come una pupattola e tutta intenta a tenere in buon ordine le pieghe del suo abito… e anche a quel giovanotto che mi pare così brutto nel suo abito borghese: che diamine, un giovanotto vestito da borghese in un treno che va verso Udine, ma perché vi è montato? Ora non è il tempo di agghindarsi o di distrarsi, con severità romana bisogna procedere raccolti nei gravi pensieri della patria in armi. Io vado al fronte e mi pare di non essere più una debole donna che va fra i soldati solo per compiere un’opera morale, ma di dover partire per prendere il comando di un reggimento, per affrontare la vera guerra».

Una volta al fronte, invece, Türr assume un atteggiamento empatico, descrivendo un ambiente desolato, un clima sfavorevole, il dolore dei combattenti, cosicché anche le donne rimaste a casa possano partecipare di quella vita di trincea che non è fatta solo di atti di eroismo, ma suscita sofferenza e paura: «I bravi soldati, sentono il pericolo che corrono e ne sono sgomenti: non si corre il rischio di lasciar la vita, lasciare la madre, la sposa, i figli, senza sentire un brivido di terrore gelare le vene, ma la grandezza del sacrificio sta appunto nel dominare questi nobilissimi sentimenti e farne sacrificio per la patria». Türr ha spesso parole di ammirazione anche per l’élite politico-militare: Luigi Cadorna è «condottiero di eserciti esperto, conoscitore della psicologia dei soldati e del popolo italiano»; il re è «soldato fra i suoi soldati, pronto sempre ad accorrere ove il pericolo era maggiore, sempre pronto ad incoraggiare con l’esempio i suoi figliuoli come Egli chiamava i soldati». Lo spirito patriottico la spinge nel 1919 a impegnarsi nel Comitato pro Fiume Italiana ma, quando entra in contatto con le autorità, a causa della sua insistenza, non riceve alcuna collaborazione «per portare il tricolore a Fiume tanto contesa e finalmente congiunta alla grande madre Roma» e deve abbandonare l’impresa.

Pubblicità per La Madre Italiana

Con la sua abituale determinazione Türr prende posizione anche nelle battaglie emancipazioniste: poiché le donne hanno sostituito gli uomini durante la guerra in tutti i mestieri, esse meritano di essere parte attiva nella vita politica del Paese. Così si rivolge agli uomini dalle pagine di La Madre Italiana: «Nei giorni del lavoro febbrile, nei giorni della trepidazione e del dolore voi ci avete chiamate, noi siamo accorse e vi abbiamo dato l’aiuto necessario e proficuo, oggi che la nostra opera è compiuta attendiamo il nostro premio. Noi non possiamo più essere assenti dalla vita politica delle nazioni e voi dovete provvedere».

Un altro campo in cui il suo impegno si esprime energicamente è quello educativo: nel 1918 pubblica un testo per ragazzi, I soldati d’Italia. Racconti della guerra narrati ai fanciulli: «Oggi che abbiamo veduto i vostri genitori correre ai reggimenti con tanto fuoco di amore di patria, li consacriamo alla vostra memoria perché di loro siate ricordevoli, di loro siate ammiratori». Con l’avvento di Mussolini Türr, fervente sostenitrice del fascismo, ricopre alcuni incarichi pubblici, anche se non particolarmente rilevanti; tra gli altri, nel 1921 è membro dirigente dei Caur, i Comitati d’azione per l’universalità di Roma e, dal 1925, sarà impegnata nelle prime fasi di strutturazione dell’Onmi, l’Opera nazionale maternità e infanzia.

L’autrice si considera una viaggiatrice esperta e avventurosa: si sposta spesso in auto in Europa e visita la Scandinavia nel 1924. Il suo libro Le impressioni di una automobilista descrive la passione per la guida e un viaggio verso l’Ungheria, sua «seconda patria», sulla sua amata «quattro cilindri», in compagnia di un’amica e dei loro figli (oltre all’immancabile meccanico-secondo pilota-tuttofare). Nonostante più volte confessi di essere una guidatrice distratta e maldestra (in un’occasione, ad esempio, l’auto è rimasta ferma in Francia per tre mesi in conseguenza di un incidente), spera di essere d’esempio e suscitare tra le italiane la passione per la guida. A questo scopo fornisce una minuziosa descrizione del viaggio stesso e della sua vettura, affettuosamente soprannominata Colombina; lamenta inoltre che i produttori, ostinandosi a fabbricare auto minuscole, adatte «per le donne sterili», dimostrino di non capire che «la donna italiana ha anche una famiglia, una nidiata di figliuoli, come volete che ami guidare in quelle scatole che hanno l’aspetto di bomboniere?». Infine afferma che un’auto deve essere «semplice» cosicché «si possa smontare il motore […] togliendolo come un cappello dalla cappelliera». È evidente l’atteggiamento ambiguo e contraddittorio di Türr nei confronti della guida (che ama, ma non abbastanza da diventare un’abile autista), dei costruttori (ai quali chiede motori semplici ma auto spaziose) e delle altre donne (definite sia madri che sterili), esteso infine agli uomini quando afferma: «queste mie impressioni sono anche per voi, signori uomini. Non siete forse voi che dovete comprare?», sottolineando così l’assoluta dipendenza economica femminile. Tuttavia, nonostante il messaggio contraddittorio, questa è l’immagine di sé che Türr predilige: moderna ed emancipata, ama il rischio soprattutto nella guida dell’automobile, la sua «italianissima» Colombina.

Un soldato scandinavo con la sua renna

Il resoconto dell’itinerario al nord, I viaggi meravigliosi, è pubblicato nel 1925 in un formato inconsueto: un in-quarto con disegno in rilievo in copertina, dove compaiono anche il titolo e la firma dell’autrice, nonché la lista dei Paesi visitati  e il numero, davvero elevato, delle illustrazioni e delle carte geografiche fuori testo. Un volume ambizioso e poco maneggevole, più simile a una rivista da sfogliare, dove metà dello spazio è occupato dalle accattivanti pubblicità dell’Ente Nazionale Italiano per il Turismo (Enit) e di alcune agenzie turistiche scandinave, mentre il resoconto di viaggio occupa l’altra metà. La narrazione è suddivisa in quattro capitoli dai titoli suggestivi: il primo, Il mio viaggio allo Spitzberg – una decisione improvvisa, descrive il percorso verso l’arcipelago delle Svalbard; il secondo, Nel regno incantato presso il sol di mezzanotte-in attesa del miracolo, è dedicato alla permanenza nelle isole; il terzo, Costeggiando la Norvegia-nelle isole Lofoten si concentra sulla crociera mentre l’ultimo, Nel paese dei mille laghi-da Stoccolma a Helsingförs, illustra l’itinerario verso la Finlandia. Oltre a riferire del viaggio, il libro offre notizie sull’economia, la storia e l’ordinamento statale dei Paesi visitati, che l’autrice dichiara apertamente di aver tratto da altri testi; mentre lo stile narrativo, sempre molto diretto e colloquiale, crea un rapporto confidenziale con chi legge. Il viaggio inizia a Firenze a fine luglio 1924 e si rivela subito particolarmente avventuroso: la destinazione, infatti, viene decisa d’impulso e il piccolo gruppo di viaggiatrici (costituito da Türr, l’amica Cornelia e la giovane figlia di lei, Marzia) parte in treno verso l’estremo nord, ma senza un programma preciso. Attraverso la Germania e la Danimarca le tre donne arrivano in Svezia ma, prive di biglietti d’imbarco per proseguire, devono tornare a Copenaghen. Solo dopo aver raggiunto Christiania riescono finalmente a ottenere una sistemazione in crociera da Trondheim, dove arrivano in treno; qui le attende il piroscafo Irma che fa rotta verso le isole Svalbard. Superato il Circolo Polare e visitati alcuni fiordi, la prima tappa è Tromsø, dove le croceriste sbarcano per incontrare il popolo Sami e proseguire subito per Capo Nord, che sarà definito sbrigativamente come «una roccia scura affacciata sul mare burrascoso». Il piroscafo giunge infine alla meta, l’arcipelago delle Svalbard, al tempo punto di partenza delle esplorazioni artiche, dove la crociera si interrompe per una visita di alcuni giorni.

Il piroscafo Irma in mare

Sulla via del ritorno l’Irma tocca le isole Lofoten e riprende poi la navigazione lungo i fiordi. Le tre amiche faranno anche un’escursione in kariöl (la piccola carrozza norvegese) verso le montagne della Norvegia centrale prima di raggiungere Bergen.

Dopo la visita alla città il viaggio prosegue in treno fino a Christiania, dove «il bel sogno [del Nord] è finito». Le tre viaggiatrici si imbarcano nuovamente alla volta di Stoccolma (della quale Türr promette di scrivere in una futura occasione) e Helsinki; qui l’autrice ha l’occasione di intervistare Liisi Karttunen, studiosa finlandese di storia italiana e vaticana. Tutto il resoconto è arricchito da numerose fotografie scattate da lei stessa o tratte da opuscoli turistici, che illustrano le diverse località e completano un testo che rappresenta una testimonianza unica nel suo genere.

In copertina: un villaggio delle isole Lofoten.

***

Articolo di Rossella Perugi

Laureata in lingue a Genova e in studi umanistici a Turku (FI), è stata docente di inglese in Italia e di italiano in Iran, Finlandia, Egitto, dove ha curato mostre e attività culturali. Collabora con diverse riviste e ha contribuito al volume Gender, Companionship, and Travel-Discourses in Pre-Modern and Modern Travel Literature. Fa parte di DARIAH-Women Writers in History. Ama leggere, scrivere, camminare, ballare, coltivare amicizie e piante.

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