Opinioni. Le donne, il cammino dei diritti, le elezioni

Come tante donne e associazioni sono impegnata per il conseguimento delle pari opportunità e per colmare il gender gap. Di strada ne va fatta ancora molta, in Italia siamo al 63° posto in una classifica che contempla 146 Paesi. Si stima che di questo passo occorreranno 132 anni per ottenere la parità (due anni fa ne occorrevano 100, la pandemia ha notevolmente peggiorato la situazione delle donne italiane).
Lo so, è avvilente. Ma pensiamo a come stavano le cose prima dell’ultima guerra mondiale, quasi 80 anni fa, e pensiamo a quanto doveva essere maggiore il gender gap. Pensiamo a tutte le donne che anche inconsapevolmente hanno vissuto aprendo nuove prospettive alle loro figlie, nipoti e pronipoti. Pensiamo ad esempio alla generazione che è nata quando le donne non avevano diritto al voto! Lo so, è terrificante pensare che un secolo fa le donne erano considerate talmente inferiori da non poter neanche votare! Se lo sono guadagnate con la guerra il voto, molte di loro combattendo il fascismo e diventando partigiane, altre perché con gli uomini al fronte avevano il permesso di lavorare. E la Costituzione nasce anche grazie alle Madri Costituenti e porta il segno dell’esistenza delle donne come soggetti pienamente titolari di diritti. Poi ci sono stati gli anni del boom economico che hanno dato un’altra grande mano alle donne e gli anni della contestazione e del femminismo, il più grande movimento pacifico seppure rivoluzionario della storia. Tutte noi dobbiamo quel che siamo al femminismo, anche le donne che ne parlano con spregio, anche quelle che sono assurte a ruoli apicali pensando solo di essere state brave!
E mentre la società cambiava, la politica e le leggi accompagnavano questo cambiamento. Il nuovo Diritto di famiglia (mia madre non faceva più le veci), l’ingresso delle donne in magistratura, l’abolizione del delitto d’onore e del matrimonio riparatore. E ancora, diventò possibile divorziare e scegliere di interrompere una gravidanza. Violentare una donna non fu più un delitto contro la morale ma un delitto contro la donna che ne era stata vittima. E tutte le donne potevano godere di questi diritti, anche quelle che non avevano battagliato perché fossero riconosciuti o che denigravano chi lo faceva. Perché le lotte per i diritti sono così, vanno a vantaggio di chiunque può o potrà goderne. Immagino quante possano essere le persone che avevano votato per abrogare il divorzio e poi hanno divorziato! O quante donne convivono con il loro compagno, da cui hanno avuto anche figli, ma non sono più considerate poco serie ma anzi normalizzate.
Tuttavia nei cammini per i diritti si va avanti ma anche indietro e questo è ciò che succede spesso con i diritti delle donne e il raggiungimento delle Pari Opportunità. Potremmo fare tanti esempi di quanto ciò succeda nel nostro Paese, ma ancora più eclatante è guardare a ciò che è successo alle donne iraniane e irachene che, negli anni Settanta, come le donne occidentali, si stavano incamminando sulla strada dei diritti. O alle donne statunitensi con il recentissimo divieto di aborto.
Sta succedendo ad esempio nell’Ungheria di Orban, dove secondo un rapporto governativo troppe donne all’Università sono un rischio per i maschi e la natalità. Secondo il rapporto «se le donne passano troppo tempo a studiare non si sposano, non fanno figli e non contribuiscono allo sviluppo della nazione». Avverte che «le donne sono sovrarappresentate nell’istruzione superiore ungherese» e che «un aumento delle laureate potrebbe renderle meno propense a sposarsi e ad avere figli». Secondo il rapporto i «tratti femminili» come la maturità emotiva e sociale sono favoriti nel sistema educativo ungherese. I ricercatori hanno quindi avvertito che l’economia ungherese potrebbe essere messa a rischio se venissero sottovalutati i «tratti maschili», elencati come le competenze tecniche, l’assunzione di rischi e l’imprenditorialità.
Ora, ci vorrebbero pagine per spiegare per bene che le donne i figli li farebbero di più se fossero supportate, che l’esistenza di tratti maschili e femminili è uno stereotipo dovuto all’educazione, ma quella tradizionale, che anche le donne possono avere competenze tecniche e gli uomini capacità emotive e che mai si sono posti il problema se i maschi fossero sovrarappresentati! Ma non è questo il punto. Il punto è che queste stesse teorie sono propugnate in Italia da chi difende la famiglia tradizionale e dall’invenzione della bufala del gender per celare il pensiero misogino e sessista. Lo ricordate il congresso di Verona del 2019? Quello finanziato dalla Russia di Putin al quale furono ospiti proprio Meloni e Salvini? Organizzato dal Wcf (Congresso mondiale delle famiglie ) presieduto dal tale Brian Brown noto per aver detto che «l’omosessualità è degradante ed essere gay distrugge il senso dell’essere umani», grande amico di Viktor Orban. Non mancava il patriarca russo Dimitri Smirnov secondo il quale «chi sostiene l’aborto è cannibale e deve essere spazzato via dalla faccia della terra».
Facile cogliere i legami, le idee alla base. Ma a parte l’omofobia, il vero nemico di questa gente siamo noi, le donne. Già a fine anni Novanta, quando questo movimento nacque, nel loro mirino c’era il femminismo, colpevole di allontanare le donne dal ruolo domestico.

Il Wcf ha anche finanziato una serie di studi (poi screditati) per tentare di dare una base più solida alle proprie posizioni: per correlare le famiglie omogenitoriali a un peggior stato nella crescita dei bambini e delle bambine, per creare un nesso tra il matrimonio tra persone dello stesso sesso e l’aumento della pedofilia, per associare l’aborto ai problemi di salute e a una maggior incidenza del tumore al seno e per diffondere, infine, la cosiddetta “teoria del gender”. (per approfondire consiglio https://www.ilpost.it/2019/03/24/il-congresso-mondiale-delle-famiglie-verona/).
E torniamo quindi alla mia precedente affermazione che la bufala del gender nasconda nella realtà un attacco agli studi scientifici femministi su genere e stereotipi. Perché vedete, spararle grosse come dire «vogliono insegnare ai bambini a masturbarsi» fa più paura che dire «le donne devono stare a casa». Con le cattive teorie si fa così, le si sdogana un po’ alla volta… come nella storiella della rana bollita. E poi si comincia, preparato il terreno, a diffondere rapporti come quello di Orban… che guarda caso è amico di chi, in Italia?
E arriviamo a lei, colei che dice che malattie come la bulimia o l’anoressia sono devianze da guarire facendo sport, colei che commenta uno stupro dicendo che ridarà sicurezza alle nostre città, ma non ha mai detto una parola che sia una contro la violenza contro le donne e i femminicidi nelle nostre case e, anzi, ha tollerato che i rappresentanti del suo partito nel Parlamento dell’Unione Europea votassero contro la ratifica della Convenzione di Istanbul. Ancora, colei che sostiene candidate/i che sostengono che in Italia ci sono fin troppi medici non obiettori e che ha nel suo programma elettorale la creazione di cimiteri dei feti. Colei che si nomina al maschile e che sostiene che non ci sia bisogno di sostenere la pari rappresentanza di genere perché basta che le donne dimostrino di valere! Colei che è amica di Orban e che è intervenuta al Congresso del Wcf.
Colei che deride il femminismo ma non si rende conto che è grazie al femminismo e non a uomini come Orban che potrebbe diventare la prima Presidente del Consiglio in Italia e sempre grazie al femminismo può permettersi di non sposarsi pur avendo una figlia! Lei che non conosce la differenza fra idee e diritti pensando che avere idee diverse possa portare a negare i diritti e usa questa mistificazione per manipolare su un palco il suo elettorato. Lei che si è avocata il ruolo primario di madre definendolo a suo uso e consumo. Lei, e questa è la cosa che mi fa più male di tutte, che sta spaccando il movimento femminista e che vuol far credere di essere dalla parte delle donne solo perché donna.
Dicevo, ci vorranno 132 anni per colmare il Gender Gap in Italia. No, ce ne vorranno molti di più se lei o chi per lei diventerà Presidente del Consiglio.

***

Articolo di Donatella Caione

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Editrice, ama dare visibilità alle bambine, educare alle emozioni e all’identità; far conoscere la storia delle donne del passato e/o di culture diverse; contrastare gli stereotipi di genere e abituare all’uso del linguaggio sessuato. Svolge laboratori di educazione alla lettura nelle scuole, librerie, biblioteche. Si occupa inoltre di tematiche legate alla salute delle donne e alla prevenzione della violenza di genere.

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