C’è un’altra storia

C’è un’altra storia è il titolo di una antologia letteraria e artistica al femminile curata da Barbara Bellani, Iolanda D’Angelo e Nadia Verdile, uscita nel 2021 per l’editrice Maria Pacini Fazzi.

Giustamente Nadia Verdile, nella prefazione all’opera, sottolinea come la presenza delle scrittrici nei testi di letteratura destinati alle scuole superiori sia quasi inesistente, nonostante i timidi tentativi da parte del Ministero delle Pari opportunità di invertire questa rotta. Come spesso accade nel mondo della scuola, non bastano le dichiarazioni di intenti, le circolari ministeriali o i convegni a orientare le scelte di insegnanti ed editori e a sgretolare abitudini consolidatesi negli anni. È necessaria una più ampia riflessione, una presa di coscienza generalizzata, la consapevolezza di motivi profondi che giustifichino un mutamento nelle proprie scelte didattiche. Si tratta di ragionare non solo su quali autori o autrici proporre alla lettura ma sul senso stesso di un’attività, lo studio della storia della letteratura e delle opere letterarie, che, considerata essenziale fino a pochi anni fa, ha perso la sua centralità, si è semplificata e impoverita, fino a sembrare un rito inutile e noioso. Insomma non basta affannarsi ad affermare che bisogna inserire nelle antologie anche le nostre autrici, è necessario chiarire, con uno sguardo libero e privo di pregiudizi, perché è ancora importante impartire una educazione letteraria che, naturalmente, contempli anche la produzione femminile.

L’importanza riconosciuta agli studi letterari nella scuola superiore di secondo grado è andata via via diminuendo sotto la spinta di un crescente interesse verso le scienze e le tecniche.
Ben lontani dal voler semplicemente riproporre una scuola “classica” di matrice gentiliana, riteniamo che sia necessario, e forse in questo momento impellente, verificare quali esiti didattici e educativi abbia avuto il processo che si è attuato, in un Paese in cui la presenza degli analfabeti funzionali è in preoccupante crescita e ci allontana sempre più dagli standard europei.
Nello stesso tempo è altrettanto necessario riflettere su quale sia il modello di educazione letteraria da proporre alle e ai giovani immersi in un sistema di comunicazioni assolutamente nuovo rispetto alla tradizione, e a tal punto pervasivo da diventare la principale modalità di relazione e da imporre forme di espressione e, purtroppo, di pensiero.
Dunque bisogna domandarsi con chiarezza quali siano le finalità di un approccio all’opera letteraria, che cosa si possa e si debba veicolare attraverso la lettura di testi e lo studio della storia della letteratura, in che modo questa esperienza culturale possa divenire bagaglio di crescita e di esperienza per un e una giovane che si affacciano a un mondo tanto difficile da decifrare.
Naturalmente la critica letteraria e l’ermeneutica hanno proposto molte diverse risposte per queste domande e spesso hanno anche influenzato l’orientamento dei libri di testo e, a volte, le scelte degli insegnanti: ci sono stati periodi all’insegna dello strutturalismo e del formalismo, altri maggiormente sensibili all’influenza degli studi storico-antropologici e ai Cultural studies. Si è posto maggiormente l’accento a volte sulle modalità di ricezione del testo letterario, altre volte sulle condizioni di produzione o si è ragionato sul peso dell’intertestualità.

La riflessione critica fornisce formidabili strumenti di analisi e di approfondimento agli e alle insegnanti, che se ne possono servire nella pratica didattica alimentando con nuovi sguardi il lavoro di comprensione e il percorso interpretativo del testo letterario. Tuttavia qui si vuole focalizzare l’attenzione sulla funzione e il senso che ha per una persona adolescente l’esperienza dell’opera letteraria e artistica. Certamente un’opera d’arte è prima di tutto una testimonianza storica, è la sintesi suprema di un modo di vita e di pensiero, di un’ideologia, di un sistema produttivo e di fruizione, di un universo di relazioni. Riflettere su questo, in giovane età, significa fare i conti con la complessità, confrontarsi con convinzioni riguardo il senso del vivere, i sentimenti, i bisogni, il riconoscimento di diritti e doveri, spesso molto lontane dalle nostre, ma significative e affascinanti; significa dunque alzare lo sguardo dalla propria chiusa e univoca percezione della realtà per abbracciare altri modelli di vita.

Se dunque da un lato possiamo considerare il testo letterario come il prodotto di un contesto storico e l’espressione di un universo di valori collettivi e sociali, dall’altro possiamo ben comprendere che, in primo luogo, il testo letterario è la sintesi di un mondo operata attraverso una individualità autoriale.
Appare dunque evidente che se quella sintesi, per quanto originale, è sempre il prodotto di un soggetto maschile, inevitabilmente finirà con il restituire un quadro parziale e impoverito di una complessità di vita, avrà cancellato un universo di sentimenti, desideri, dolori e, invece di fornire quella varietà di pensiero che insegna il confronto e il superamento della piccola ottica individuale, avrà comunque riaffermato la gerarchia imposta da un potere. Ma, naturalmente, un’opera letteraria è molto più di un documento storico, è un sistema che, grazie a una straordinaria costruzione retorica e a un uso estremamente raffinato del linguaggio, è in grado di mantenere una tale valenza polisemica da autorizzare una sempre nuova attività interpretativa.
Ed è probabilmente in questa inesauribile capacità di significazione che sta la sua grande funzione educativa: chi legge riceve una continua sollecitazione a mettere in atto un’attività creativa di attualizzazione del testo letterario, a interpretarlo dando nuovo senso.

Va comunicato con chiarezza ai e alle giovani delle nostre scuole che leggere non è affatto una operazione passiva, come spesso si crede, ma al contrario è un’azione che può dare nuova vita a ciò che è stato scritto, che mette in moto il sistema metaforico alla base di ogni opera letteraria. Ma, ancora una volta, se questa complessa relazione, il cui fine ultimo è quello di far germinare in coloro che leggono i semi lasciati da chi ha scritto, si intesse sempre solo a partire da un’identità maschile, si finisce con il mettere in atto una enorme cancellazione, una negazione che, oltre a privare di ogni voce le donne che hanno vissuto, impoverisce gli uomini e le donne di oggi.
Una cancellazione così macroscopica impedisce alle ragazze una proficua identificazione, lascia nel silenzio la specificità del vissuto femminile, veicola disistima per il proprio genere, fa apparire artificioso un mondo in cui si parla spesso di donne senza che le donne possano mai parlare.

Rimane poi aperta l’annosa questione del canone. I testi che consideriamo letteratura sono il prodotto di una selezione che nei secoli ha indicato modelli e maestri abbandonando all’irrilevanza e alla dimenticanza moltissimi prodotti, alcuni dei quali sono anche stati recuperati con il variare del canone. I manuali di letteratura in uso delle scuole hanno ulteriormente irrigidito e sclerotizzato l’elenco degli autori considerati classici, riducendo spesso interi secoli a “trittici” di grandi maestri.
La produzione letteraria femminile che è giunta fino a noi risponde, per gran parte, al modello imposto dal canone. Ciò non impedisce allo sguardo femminile di emergere dalle regole di scuola e di offrire testimonianza di una sensibilità diversa da quella maschile. Anche quando le autrici sono allieve ed emule di grandi maestri – quasi sempre uomini che, al contrario delle loro mogli, figlie e sorelle, hanno avuto a disposizione tutti gli strumenti necessari a far fiorire la loro genialità – anche in questo caso l’universo di esperienze e di sentimenti di cui le donne sono portatrici gode di una propria originalità, non può essere ridotto alla pura imitazione.

Naturalmente la maggiore richiesta di autonomia da parte delle donne, la loro progressiva alfabetizzazione, la possibilità a esse riconosciuta di accedere alle professioni, l’ampliamento del pubblico interessato alla letteratura ha fatto sì che il Novecento vedesse il fiorire di una produzione femminile di grande qualità, con l’imporsi di personalità di primissimo piano.
Ne danno testimonianza il volume proposto e, in verità, anche molti manuali che non possono ignorare le grandi scrittrici del secolo scorso.
Nel caso di questa antologia, forse sarebbe stato più proficuo da un punto di vista didattico ridurre ancora il numero delle artiste presenti, con un taglio certamente molto doloroso poiché già così «all’appello ne mancano tantissime», e proporre invece un numero maggiore di testi per ogni autrice, in modo da permettere un incontro più diretto con la loro opera.
Probabilmente l’intento di Barbara Bellani, Iolanda D’Angelo e Nadia Verdile è stato in primo luogo quello di recuperare dall’oblio il numero maggiore di artiste e letterate, testimoniandone, attraverso la biografia, non solo l’esistenza ma anche la forza e il coraggio, oltre che il valore artistico. Ancora molto si dovrà fare per sanare la grande ferita della secolare cancellazione del pensiero e della produzione culturale delle donne. Questo volume tenta un nuovo passo in questa direzione.

Barbara Bellani, Iolanda D’Angelo e Nadia Verdile
C’è un’altra storia
Maria Pacini Fazzi, Lucca, 2022
pp. 344

***

Articolo di Tiziana Concina

Ho insegnato per molti anni italiano e storia negli istituti tecnici e italiano e latino nei licei, mi interesso di letteratura femminile italiana e straniera, in particolare mi sono occupata di Elsa Morante e Anna Maria Ortese. Attualmente rivesto la carica di vicesindaca e di assessora alla cultura in un comune in provincia di Rieti.

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