Un’incredibile storia vera

Scrivere può essere una terapia e diventare un modo per raccontare e raccontarsi. Si può riuscire a esorcizzare i propri demoni e le proprie paure, semplicemente mettendo nero su bianco quanto la mente implora di non trattenere più: perché la sofferenza è un macigno e verbalizzarla può rappresentare l’inizio della guarigione.
Addio, a domani – La mia incredibile storia vera è l’ultimo libro di Sabrina Efionayi, giovane italo-nigeriana che a soli 22 anni ha deciso di raccontare la sua esperienza di ragazza con due madri, una biologica e una di cuore.
Il prologo mostra Sabrina in tutta la sua schiettezza: senza troppi giri di parole arriva subito al punto, parlando del suo dolore e del motivo per cui ha deciso di scrivere il libro quasi interamente in terza persona. Prendere le distanze da quanto accadutole è il modo migliore per narrare la sua storia. Chiede a chi legge di darle la mano e iniziare questo cammino insieme a lei.

Esosa, in inglese Gladys, ha circa diciotto anni quando una donna di nome Joy le promette un lavoro e la possibilità di cambiare vita in Italia, quindi lascia la sua numerosa famiglia in Nigeria per intraprendere un viaggio verso l’ignoto, ma carico di speranza.
Tutto va in pezzi quando, arrivata a Castelvolturno, scopre di dover vendere il proprio corpo per ripagare il debito contratto con la sua madame. Joy si rivela essere un’aguzzina e una donna senza scrupoli: la minaccia, la picchia e la tiene segregata. La casa in cui vive Gladys confina con l’abitazione di Maria e Nando, che hanno tre figli e si affezionano molto alla ragazza, consapevoli di quanto è costretta a subire.
Quando Gladys scopre di essere incinta chiede aiuto proprio alle uniche due persone di cui ha fiducia e sebbene Joy non accetti la gravidanza, Gladys riuscirà comunque a dare alla luce una bellissima bambina di nome Sabrina. Resasi conto del pericolo che corre a rimanere schiava di Joy, Gladys decide di scappare, affidando la figlioletta a Maria e Antonietta, sorella di Nando, che nel frattempo si è trasferita ad abitare con loro.
Durante l’assenza di Gladys, che ricompare solo al momento di iscrivere la figlia alle scuole elementari, Antonietta diventa una vera e propria madre per Sabrina. La bambina passa, quindi, tutto l’anno scolastico a Napoli con Antonietta, mentre trascorre le estati con Gladys, la quale la accompagna a conoscere i suoi parenti nigeriani e il suo vero padre che non l’ha mai riconosciuta e si è costruito una nuova vita e una nuova famiglia.

Le emozioni che suscita questo libro sono in netto contrasto tra di loro: da una parte lo sconforto e la rassegnazione di fronte alla tragedia della tratta di esseri umani e della prostituzione forzata, dall’altra la consolazione generata dalla bontà d’animo di una donna che accoglie una bambina, figlia di un’estranea, e la ama come se fosse sua.
La storia di Sabrina insegna che non sono per forza i legami di sangue a creare una famiglia, ma l’amore, l’accettazione, l’accoglienza e il rispetto reciproco.
Ma la vita della protagonista non è tutta rose e fiori, in quanto fin da piccola inizia a sentirsi “diversa” perché è l’unica nera in un mondo di bianchi. Racconta di aver avuto poche amicizie, di essere stata vittima di bullismo e di aver trovato rifugio nella scrittura, sua unica valvola di sfogo.
Sabrina decide di iscriversi alla piattaforma Wattpad, un sito che raccoglie storie e racconti che gli/le utenti possono pubblicare anche mantenendo l’anonimato, finché un bel giorno viene contattata da un’importante casa editrice che le propone di scrivere un libro. È solo in terza superiore che inizia a muovere i primi passi nel mondo dell’editoria.

La scrittura è un’arma potente: è in grado di coinvolgere, stimolare la riflessione e aprire la mente. E infatti Sabrina si serve del suo libro per esternare la sua rabbia e delusione come persona nata e cresciuta in Italia che si sente una straniera nel suo stesso Paese: «Quell’altalena su cui ero salita, quel non sentirmi mai abbastanza italiana o abbastanza nigeriana, ha continuato a dondolare per anni. […] Ricordo che la cosa che mi ha ferito di più è stata iscrivermi al primo anno di università come studentessa extracomunitaria. Extracomunitaria, io che ero nata e cresciuta in Italia. Quando ho ottenuto la cittadinanza, invece, la cosa più bella che ricordo di aver fatto, con quello che alcuni definivano solamente un pezzo di carta, è stato andare a votare».
Non solo, Sabrina sfrutta le pagine del libro per dialogare con la madre biologica, esporle le sue paure, le sue speranze, esprimerle il suo affetto, ma anche per sottolineare gli episodi che l’hanno delusa e amareggiata. Nonostante il rapporto con Gladys non sia idilliaco, Sabrina mostra una maturità che va ben oltre la sua età anagrafica, riconoscendo che, anche se la madre ha commesso degli errori, nessuno può giudicarla o biasimarla per aver tentato di rimettere insieme la sua vita, a volte ponendo la figlia in secondo piano.

Manifesto del movimento Black Lives Matter

Il tema del razzismo ricorre molto spesso all’interno del testo e sembra essere parte integrante della vita della protagonista, fino a portarla quasi a interiorizzarlo e viverlo come fosse la normalità: se fai parte di una società biancocentrica che è stata così benevola da accoglierti, lo scotto da pagare è tollerare qualche sopruso qua e là. Eppure anche questo argomento viene più volte esaminato e rielaborato dall’autrice che guida lettori e lettrici nella presa di coscienza che qualunque discriminazione basata sul colore della pelle è intollerabile e inaccettabile.

Murales raffigurante George Floyd

Durante una manifestazione in memoria di George Floyd, afroamericano ucciso dalla polizia negli Stati Uniti, Sabrina chiede alle persone presenti di aprire una mano e le invita ad abbassare un dito ogni qual volta si siano trovate ad affrontare determinati episodi di discriminazione. L’esperimento riesce alla perfezione: ben presto le persone nere si trovano con il pugno chiuso, a differenza delle persone bianche che hanno ancora tutte le dita alzate.

E la conclusione non può che essere questa:
«Se avete ancora su tutte le dita, sappiate che quello è il vostro privilegio bianco. E no, non è una vostra colpa. Ma lo diventerà nel momento in cui ignorerete ciò che succede al ragazzo col pugno chiuso al vostro fianco».
E come si può definire il privilegio?
Privilegio è quando pensi che qualcosa non sia un problema, solo perché non ti colpisce direttamente.

Il libro di Sabrina ha il pregio di offrire spunti di riflessione importanti e cambiare la prospettiva. In una società in cui avere la pelle bianca è la normalità e tutto il resto è un’eccezione, è fondamentale ascoltare le voci e i vissuti di chi prova a smantellare i costrutti sociali che cercano di avvantaggiare alcuni individui a scapito di altri.
Non esistono eccezioni: tutti gli esseri umani sono uguali e hanno gli stessi diritti. Sembra un messaggio scontato e banale, eppure, la regressione è dietro l’angolo e un ritorno al passato non è più così impossibile.

Sabrina Efionayi
Addio, a domani
La mia incredibile storia vera
Einaudi, Torino, 2022
pp. 192

In copertina: Sabrina Efionayi.

***

Articolo di Elisabetta Uboldi

Laureata in Ostetricia, con un master in Ostetricia Legale e Forense, vive in provincia di Como. Ha collaborato per quattro anni con il Soccorso Violenza Sessuale e Domestica della Clinica Mangiagalli di Milano. Ora è una libera professionista, lavora in ambulatorio e presta servizio a domicilio. Ama gli animali e il suo hobby preferito è la pasticceria.

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