Questa volta parliamo di un piccolo libro, di circa 150 pagine, uscito nell’anno in corso e attualmente nella classifica dei più venduti e apprezzati; si tratta del romanzo del veronese Matteo Bussola, un autore cinquantenne circondato da lettrici e lettori fedelissimi che lo seguono dagli esordi, datati 2016, quando pubblicò con grande successo Notti in bianco, baci a colazione, dedicato alla sua esperienza di padre di tre figlie. Laureato in architettura, è anche conduttore radiofonico e cura sul settimanale F la rubrica dal titolo significativo Uno scrittore, una donna. Normalmente noi toponomaste privilegiamo le scrittrici, del presente e del passato, magari talvolta dimenticate o ignorate dalla critica, invece ora siamo di fronte all’opera di uno scrittore che merita tutta la nostra attenzione.

A dire la verità l’intera prima pagina andrebbe riportata perché è una sorta di premessa e spiega efficacemente la filosofia che sta alla base del testo: il punto di vista femminile in mille diverse sfaccettature, certo difficile da mettere in atto per un uomo, ma evidentemente Bussola ha le carte in regola e soprattutto la sensibilità per riuscire nell’impresa.
Dichiara con franchezza: «Ho deciso di scrivere di donne perché non sono una donna. Perché ho la sensazione di conoscerle sempre poco, anche se vivo con quattro di loro. E perché è più utile scrivere di ciò che vuoi conoscere meglio, invece di ciò che credi di conoscere già». Non è secondario ricordare che lo scorso anno ha dato alle stampe Viola e il Blu (Salani), il suo primo volume illustrato sugli stereotipi di genere.
Il romanzo su cui ora ci soffermiamo si articola in 18 brevi capitoli indicati da nomi di donna, con sottotitoli che introducono il personaggio: da Margherita fino a Daisy/Darous, e di ognuna si narra un evento, si traccia un profilo, nelle sue frequentazioni, nei suoi contatti con la famiglia e con il mondo del lavoro; si delinea un frammento della sua esistenza, lieta o triste, difficile o serena, visto che sono persone qualsiasi, senza eroismi né vicende memorabili. Non si precisa dove siamo, in quale luogo ci si muove, tanto le vicende degli esseri umani sono le stesse ovunque, come amava affermare Grazia Deledda.
Eppure non si tratta di una raccolta di racconti, apparentemente slegati fra di loro; via via che la lettura procede, si capisce che ci sono vari fili che si intrecciano fra queste donne: possono essere legami di sangue, amicizie di lunga data, conoscenze occasionali, semplice vicinato, amori sognati oppure delusi o tenuti nascosti.
Quello che emerge è pur sempre il senso di “sorellanza”, di solidarietà, di aiuto reciproco, senza se e senza ma, senza giudizi né secondi fini. Fra donne ci si dà una mano, e basta. Una materia del genere, trattata da un uomo, stupisce un po’, ma Bussola sa essere delicato, sottile, profondo e al tempo stesso lieve, cogliendo tutte le sfumature dei rapporti, talvolta facili, talvolta contraddittori.
Troviamo le due giovani che un giorno scoprono una crepa nella loro amicizia, le due signore mature che convivono da anni nascondendo al mondo la vera natura del loro sentimento, la vicina di casa che si presta a piccoli e grandi favori, madri e figlie che non si capiscono e poi si ritrovano, colleghe in conflitto inespresso, anziane sofferenti per malattie fisiche o mentali, ricordi e segreti che possono all’improvviso riemergere.
Una delle storie più belle è quella della bambina Aika che attende un fratellino o una sorellina da un’altra mamma: il babbo è in cielo, ma ha lasciato un dono prezioso. La mamma, rimasta precocemente vedova e consapevole del tradimento dell’amato marito, ha deciso con generosità che comunque quelle due creature dovranno conoscersi e sentire il legame di sangue; la piccola si prepara con gioia a quel momento e mette da parte i suoi lecca-lecca per donarglieli. «Perché le sorelle maggiori fanno così».
Altrettanto convincente la vicenda di Darous dalla pelle scura, che solo crescendo riesce ad abbandonare il falso nome rassicurante di Daisy, e a riprendere felicemente possesso della sua identità; curiosa la disinvoltura della brillante laureata in fisica che ama le riprese video nei suoi momenti intimi con gli uomini, di cui non si vergogna affatto: sono una gioia e un divertimento, perché non condividerli?
Incontriamo Perla, inflessibile sul lavoro, ma alla fine disposta ad ascoltare i consigli della collega matura che si era fatta tanto apprezzare; una storia d’amore originale è quella fra Vera e Lontra, che non è né una persona né un animale acquatico, ma una cagna traumatizzata: d’altra parte tutti e tutte non nascondiamo forse un dolore sopito a lungo? Pensa Vera: «mi è sempre stato negato per una vita intera qualcosa di cui sentivo il bisogno» e ora ha finalmente un cane da accudire.
E ancora donne in ospedale, donne in ufficio, donne “sull’orlo di una crisi di nervi”, parafrasando Almodóvar, donne giovani e vecchie, donne gentili e altruiste, donne di poche parole o perse in un loro mondo lontano. Fra i fili che legano tutte queste figure compaiono una Punto bianca, una bicicletta rossa, degli origami su una scrivania, lettere che vanno e vengono, dei dolcetti ricevuti o donati, e, naturalmente, una piantina di rosmarino.
Il rosmarino “non capisce l’inverno” perché non lo teme: pur essendo un arbusto mediterraneo, è forte, resistente al freddo, tende ad allargarsi, spandendo il suo tenue profumo. In cucina è indispensabile per gli arrosti e mille preparazioni, i suoi fiorellini di color lilla possono arricchire un’insalata, il suo nome è poetico come pochi: cosa c’è di più bello di “rugiada di mare”? «Vicino a te, sopra la cassa, c’era una piantina di rosmarino. L’ha portata Aurora, l’inquilina del terzo piano, quanto ti voleva bene, quando l’ha posata mi ha cercato con gli occhi, credo volesse la mia approvazione. Io l’ho guardata e ho sorriso. Un’ora più tardi, la piantina l’abbiamo lasciata al cimitero, appoggiata sul marmo bianco, proprio accanto alla tua foto. Nel vederla il custode ha detto: “Questa qui non teme niente, nemmeno l’inverno!”».
Sulla copertina del libro compare la figura di una ragazza dal volto assorto, sotto una nevicata, con in mano un piccolo vaso con quella tenace pianta, che potrebbe pure ricordare la ginestra leopardiana, altrettanto coraggiosa; è opera dello stesso Bussola, per chi non lo sapesse anche affermato disegnatore e fumettista, oltre che narratore abile nel tratteggiare con finezza tante storie e tanti personaggi, tenendoli avvinti nel gomitolo della vita.

Matteo Bussola
Il rosmarino non capisce l’inverno
Einaudi, Torino, 2022
pp. 160
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.