Carissime lettrici e carissimi lettori,
la cronaca incalza. Non solo quella estera, tra guerre, rischi di bombe sporche, se non nucleari tout court, tante ragazze e tanti ragazzi uccisi/e. Giovani che non si sono allineate/i con il regime, colpevoli le provocatorie ciocche di capelli fuori posto, provocatrici di peccato secondo quella legge. Donne e uomini che stanno lottando per il diritto di esserci, di essere donne, per l’umanità intera, universale, per l’esercizio del libero arbitrio.
C’è anche un’assordante cronaca interna che ci ha spiazzate e spiazzati. Non ci aspettavamo una così repentina messa in atto di un pensiero che sì temevamo, ma non eravamo pronti/e a vedere messo in atto, in modo tanto irruento, dopo i toni rassicuranti della campagna elettorale che purtroppo, colpa o no dell’assenteismo alle urne, da lì si sono creati.
All’inizio si credeva fossero falsi allarmi, seppure le Presidenze di Camera e Senato, così ideologicamente segnate e classificate, sono state la prima conferma di una scelta (o svolta?) determinata. Poi sono bastati pochi giorni, e possiamo ben dire una manciata di ore, per fare dell’allarme e dei timori una certezza: i diritti conquistati dalla democrazia possono essere violati. Si è iniziato con la Legge 194, ma si è detto che era solo una ripetizione di una proposta di riforma già tentata con gli altri governi del passato. «Non si tocca la 194» dice il signor presidente del Consiglio, eppure questa legge risulta essere nell’agenda e dunque in qualche modo verrà toccata. Si è continuato a mostrare i muscoli con le manganellate alle e agli studenti all’università di Roma La Sapienza da parte della polizia chiamata, dicono, dal Rettore (ma non è una donna la professoressa Antonella Polimeni?!). Proprio mentre il signor presidente del consiglio (la grammatica italiana prevede il femminile!) diceva paternalisticamente (è il caso di ribadire il maschile di un’azione da macho) che anche lei (lui?!) aveva organizzato da giovane tante manifestazioni! Sono arrivati i toni, anche in questo caso machi, di una squadra di governo fatta tutta di volti già visti, di ministri e ministre tutte avanti con gli anni e con qualcuna (Daniela Santanchè) che è riuscita a dire «di essere orgogliosa di sentirsi fascista» (ma la nostra Costituzione non vieta la ricostituzione del disciolto partito fascista?). Poi la nomina di Galeazzo Bignami come viceministro per le Infrastrutture e i trasporti e numero due di Matteo Salvini. «Una storia – ha commentato un quotidiano – dalla quale emergono, come da un vecchio album di famiglia ritrovato dopo un trasloco, istantanee imbarazzanti. Per esempio la foto di Augusta Montaruli, sottosegretaria all’Università, in gita a Predappio con una comitiva di Azione Giovani. O quella di Paola Frassinetti, sottosegretaria all’Istruzione, durante l’omaggio dei camerati ai caduti milanesi della Repubblica di Salò, al Campo 10 del cimitero Maggiore. O ancora quella di Galeazzo Bignami, che festeggia in divisa da nazista, con la svastica sul braccio, il suo addio al celibato». Ora che tutti e tutte sono nella squadra governativa, minimizzano, giustificano, coprono il già fatto. Perché a indagare poco più a fondo proprio Bignami (tra l’altro figlio di un personaggio noto della destra dura bolognese) è citato in un articolo del 2019 (visto che la goliardia, ripudiata, della svastica risale al 2005): «Nel frattempo Galeazzo Bignami – si legge – ha fatto carriera, eletto alla Camera nel partito di Giorgia Meloni. Colei che ha chiamato usuraio George Soros ma, naturalmente, guai a chi mi accusa di antisemitismo. E così, nei giorni scorsi (a.d. 2019), l’onorevole Bignami, accompagnato dal camerata consigliere comunale Marco Lisei, si è esibito in diretta Facebook durante un’ispezione (!) alle case popolari della Bolognina, allo scopo di leggere con tono schifato i cognomi stranieri che compaiono su alcuni citofoni. La privacy sarebbe un problema? Risolto con un tonante chi se ne frega. Tanto i cognomi italiani Bignami mica li citava e, quando ne indicava uno, lo compativa: Circondato! Come a dire: poveretto, costretto a vivere tra gli appestati». Ecco un assaggio, con un esempio non troppo indietro nel tempo, del governo attuale e di qualche protagonista.
Con una tempistica illuminata arriva l’episodio del rave di Modena. Si sgombera l’area e per fortuna, soprattutto grazie alle autorità locali che hanno saputo mediare, si impedisce il duplicarsi dei fatti accaduti a La Sapienza. Intanto davvero in fretta si è approntato un decreto-legge (ora in parte trasformato, vista la massa ingente delle proteste e delle accuse di illegalità) sui raduni che, c’è chi ne è certo, non si limiterà a vietare altri rave party per i quali la legge già esiste, ma si potrà estendere alle scuole, alle università e a chiunque voglia esprimere la propria opinione sulla libertà. Si vietano le adunate di oltre cinquanta persone. Intanto, nessuno, tanto meno la polizia, ha commentato e agito sulla manifestazione, una vera parata di nostalgici/che e non solo, svolta a Predappio per celebrare il suo antico concittadino e la marcia su Roma che compie cento anni. Un altro pericolo è la disinvoltura con cui potrebbero essere usate le intercettazioni: «Se la norma restasse questa – è stato detto da più parti, ma proprio qui sembra ci sia stato il ridimensionamento delle posizioni prese dal governo – sarebbe possibile disporre le intercettazioni, anche telematiche: dunque via libera all’acquisizione di chat e all’ascolto di tutte le conversazioni dei presunti organizzatori, qualora un gip le disponga».
La cosa brutta è la giustificazione da parte del neo ministro su Predappio dove a sfilare sono state oltre duemila persone. Ridimensionando il caso, ha fatto passare la rievocazione fascista come un movimento qualsiasi, quasi normale (infatti si è visto passare anche qualche volto del governo!): «Sono cose completamente diverse – ha detto il ministro – Predappio è una manifestazione che si svolge da tanti anni, sul rave party c’era la denuncia del proprietario». Sì, sono cose diverse eppure uguali. Però c’è da chiedersi: la legge cambia per anzianità della manifestazione? Dall’ex presidente della Consulta, Giovanni Maria Flick, al presidente delle Camere penali, Gian Domenico Caiazza, sono in molti i giuristi che contestano l’introduzione del nuovo reato. «Il rischio è che possa entrare in contrasto con l’articolo 17 della Costituzione– avvertono –che garantisce il pieno diritto di manifestare, sopprimibile soltanto per comprovati motivi di sicurezza e di incolumità pubblica…La norma che vieta i rave stabilisce sanzioni anche per i partecipanti, nei confronti dei quali la pena è diminuita», ha commentato il presidente degli avvocati penalisti definendo un delirio la formulazione. «C’è una stretta e un controllo sugli individui che si può dedurre dalla possibilità di intercettare tutti, anche i minori – è la spiegazione del costituzionalista della Sapienza, Gaetano Azzariti – A dispetto delle rassicurazioni di esponenti del governo, i pm potranno mettere sotto controllo i telefoni di moltissime persone, pur giovanissime, senza che abbiano commesso alcun reato. Senza neppure poter escludere quelli di politici o sindacalisti che organizzano raduni ritenuti pericolosi».
La Rete studenti e Udu commenta: «In questo modo si limita la libertà di manifestare. Inaccettabile dare il via a repressione in scuole, atenei e piazze. Il Governo ritiri l’articolo del decreto – si legge in una nota sul decreto-legge anti rave che definiscono una «misura liberticida e pericolosa». Sia per la vaghezza del testo che per il suo contenuto – sottolineano – il rischio per gli studenti e le studentesse è l’applicazione di misure fortemente repressive che non colpiscono solo i rave ma anche le manifestazioni, le occupazioni scolastiche e universitarie e potenzialmente qualsiasi forma di manifestazione. Un testo scritto male e in fretta. Il governo non faccia l’errore di approvare un testo pericoloso solo per dare un segnale politico su sicurezza e restrizioni. C’è ancora tempo prima della conversione in legge definitiva per modificare il comma che contestiamo. Governo e Parlamento agiscano e evitino la limitazione delle libertà di manifestare e dissentire». Amnesty ha scritto: «Il decreto che introduce il nuovo articolo 434bis del codice penale rischia di avere un’applicazione ampia, discrezionale e arbitraria a scapito del diritto di protesta pacifica che va tutelato e non stroncato».
Altro importante nodo è quello della riammissione dei medici no vax che tornano in corsia e vengono esonerati dal pagare la multa di legge ricevuta. Così i quattromila e più medici sospesi perché non hanno più creduto nella scienza, che avevano scelto di studiare, torneranno a curare i loro e le loro pazienti, anche fragili come chi è in un letto di ospedale o nelle Rsa, le residenze sanitarie per anziani. Ritornano a lavorare a fianco ai e alle colleghe che invece le dosi del vaccino se le erano fatte somministrare, forse anche per il bene di chi stavano curando. Un liberismo secondo noi eccessivo che almeno ha fatto fare un passo indietro, ascoltando le autorevoli raccomandazioni del Presidente Sergio Mattarella, riammettendo l’obbligo dell’uso delle mascherine nei luoghi sensibili da parte di tutti, operatrici e operatori sanitari compresi.
È come un altro Me too quello delle ginnaste che ora stanno denunciando non gli abusi sessuali, ma psicologici sul loro corpo. Costrette con qualsiasi mezzo a dimagrire il più possibile fino ad arrivare a pesare 36 chili per un’altezza di 1,65 centimetri (Sara Branciamore, oggi 22enne). Tutto per gareggiare al meglio. Per far vincere le società che le allenano. C’è chi non ha visto per tanto tempo i genitori, chi è stata insultata per un etto ripreso, chi per una propria difficoltà psicologica che alla fine si ingrandisce dell’orribile abitudine della presa in giro. «Quasi nessuna vuole fare i nomi dei colpevoli – è stato scritto – è tutto il sistema che è sbagliato, ma molte ci mettono la faccia. Viene fuori il quadro di un mondo infernale, da incubo. Non singole eccezioni, come le ha definite il presidente del Coni Malagò». «Per due anni della mia vita speravo tutti i giorni di alzarmi e di non venire insultata dalla mia allenatrice», è l’amaro e terribile commento di una ragazza, giovanissima eppure distrutta da uno sport che dovrebbe ispirare poesia. Atlete il cui corpo, ancora in fase di sviluppo, è esposto e usato. Un altro caso di abuso contro il corpo e la mente femminile, perpetrato, purtroppo, anche da altre donne.
Ritorniamo alla poesia non cantata con un poeta, Giuseppe Ungaretti (1888/1970), e una poeta russa, Anna Andreevna Achmatova (1889/1966), che hanno conosciuto la guerra e la non libertà. Parlando di libertà non può però non venire in mente la famosa canzone di Giorgio Gaber La libertà, da risentire insieme, di nuovo, come un mantra di felicità, speriamo non perduta. In un’altra sua canzone (Io non mi sento italiano) sempre Gaber scriveva: «Mi scusi Presidente/ Ma ho in mente il fanatismo/ Delle camicie nere/ Al tempo del fascismo/ Da cui un bel giorno nacque/ Questa democrazia/ Che a farle i complimenti/ Ci vuole fantasia… Questo bel Paese/ Forse è poco saggio/ Ha le idee confuse/ Ma se fossi nato in altri luoghi/ Poteva andarmi peggio» (2003).
Per i morti della Resistenza
Qui
vivono per sempre
gli occhi che furono chiusi alla luce
perché tutti
li avessero aperti
per sempre
alla luce.
(Giuseppe Ungaretti)
Il miele selvatico sa di libertà
Il miele selvatico sa di libertà,
la polvere del raggio di sole,
la bocca verginale di viola,
e l’oro di nulla.
La reseda sa d’acqua,
e l’amore di mela,
ma noi abbiamo appreso per sempre
che il sangue sa solo di sangue…
Invano il procuratore romano,
tra gridi sinistri della plebe,
lavò davanti al popolo le mani,
e invano la regina di Scozia
tergeva da rossi schizzi
le palme affusolate, nell’afosa
oscurità del palazzo reale…
(Anna Andreevna Achmatova)
Sfogliamo gli articoli di questo numero, che ci presentano molte figure femminili interessanti. Cominciamo dalla donna di Calendaria, l’italiana Eva Mameli Calvino, amante della natura, viaggiatrice, botanica, docente, pubblicista, prima italiana titolare di cattedra universitaria e fondatrice del Movimento per la conservazione della natura. Continuando con le nostre serie, per Viaggiatrici del Grande Nord, l’autrice di Flâneuses: donne nelle città ci invita a conoscere queste audaci figure femminili, partendo da Virginia Woolf; donne altrettanto audaci sono quelle di cui leggiamo in Una storia olimpica. Da Tokyo 1964 a Seoul 1988; la quarta lezione del corso di eco-teologia, Da natura a tecnica: la torre di Babele ci dà un’interpretazione nuova e originale del famoso racconto biblico. Una stanza tutta per te. La lingua, la voce, lo stile è la quinta puntata del “laboratorio ma non solo” di scrittura che ci insegna a «scrivere nel modo più autentico e coerente con il proprio modo di sentire».
Allarghiamo lo sguardo e come ogni mese recensiamo la rivista di geopolitica diretta da Lucio Caracciolo, in L’Ombra della bomba. L’ottobre di Limes, un articolo che offre spunti di riflessione provenienti da voci di diverse parti del mondo, su temi non sempre affrontati dai nostri media, come la possibilità di una guerra nucleare nello spazio, gli scontri tra satelliti e la quantità di detriti che provocano. Che anche gli oli possano essere spediti nello spazio e che ci sia una forma di turismo che si chiama Oleoturismo apprendiamo in Olio Evo, protagonista dei tempi.
Le letture consigliate questa settimana sono descritte in Rileggere l’epica in ottica di genere, la recensione del libro Il Canto di Calliope di Nathalie Haynes, «una riscrittura dei fatti salienti della guerra di Troia dal punto di vista dalle donne», che dà voce alle tante figure femminili dell’epica, da sempre descritte solo attraverso lo sguardo maschile e Se un giorno io potessi…, «breve ma intenso romanzo d’esordio di Raffaella Natale, poliziotta-artista, da sempre in prima linea contro la violenza di genere». Ancora di libri parliamo in Fantascienza, un sogno salvifico, l’intervista a Laura Coci e Roberto Del Piano, penne di Vitamine vaganti, che ci hanno fatto amare e scoprire l’attualità e la forza di questo genere letterario.
In Una piazza per Rita e tre panchine per la prevenzione si racconta l’evento conclusivo di un processo partecipativo popolare che a Ponte Buggianese ha portato all’intitolazione di una Piazza a Rita Montalcini e la bella realizzazione di un Giardino della prevenzione, un’idea da replicare in altre città.
Parliamo di giovani e Concorso Sulle vie della parità nella sezione Iuvenilia, con Una farfalla nella storia, per ricordare, con l’autrice dell’articolo, che «La scuola, di ogni ordine e grado, è ancora oggi la principale officina culturale, il luogo in cui, per dirla con Maria Montessori, si impara a imparare, a trasformare l’informazione in conoscenza ed è, oggi più che mai, il posto in cui è necessario che venga intrapreso quel lavoro di socializzazione e di alfabetizzazione al genere fondamentale per assicurare alla società cittadini e cittadine consapevoli». Dalla scuola passiamo all’Università con Studi di genere in Italia. Dialogo con la docente Fiorenza Taricone, articolo che ne sottolinea l’importanza e le difficoltà incontrate, ricordando, con le parole della vicerettrice dell’Università di Cassino, che «Conoscere la propria storia rende padrone di sé stesse, ti fortifica con l’autodeterminazione che il genere ha conquistato, ti rende anche grata verso chi ha lottato per te, o almeno così dovrebbe essere, comunque ti trasmette la passione del cambiamento e dell’impegno che sono alle basi della politica».
L’ottobre di Toponomastica femminile è l’articolo in cui l’autrice ci racconta gli eventi di cui la nostra associazione è stata promotrice, con un riconoscimento finale alle streghe, che ci piacciono tanto..
Chiudiamo con un pensiero di Gino Strada in questo sabato che riempirà le piazze di operatori e operatrici di pace, nello spirito della nostra Costituzione: «La guerra, anche quella che si invoca o si fa per porre fine ad altre atrocità, «per far finire tutte le guerre» non può funzionare perché è di per sé antitetica alle ragioni che la sostengono: la guerra è la negazione di ogni diritto».
SM
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.
In un solo editoriale tutto un mondo: che dire alla nostra, grande, Giusi Sammartino? Imparo tanto da te. Grazie
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un grandeonore essere letta da te e da altre/ con la tua stessa cultura e sensibilità. Mala tempora
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