Educazione alla cittadinanza europea in ottica di genere. Parte terza

«L’Unione Europea è un oggetto politico non identificato» era solito dire uno dei più competenti Presidenti della Commissione Europea, Jacques Delors, mutuando la definizione dal linguaggio dei libri di fantascienza, che spesso avevano a che fare con gli ufo, unidentified flying objects.
Quanto l’organizzazione a cui apparteniamo assomigli politicamente a un ufo è sotto gli occhi di tutte e tutti, sia perché è per metà intergovernativa e per metà sovranazionale, sia soprattutto perché i media generalisti e le forze di governo non perdono occasione per dire che ogni sacrificio imposto al popolo italiano e ogni taglio al nostro Stato sociale «ce lo chiede l’Europa», confondendo Unione Europea ed Europa, rispetto a cui bisognerebbe ogni tanto chiedersi dove questa, dal punto di vista storico e geografico, inizi e finisca, come ci ricorda spesso Lucio Caracciolo.
Pari opportunità e gender mainstreaming nelle politiche dell’UE
, il terzo incontro del corso Educazione alla cittadinanza europea in ottica di genere, organizzato dalla Società delle storiche e da Archivia, cerca di fare un po’ di chiarezza su un valore, quello della parità e delle pari opportunità, che l’Unione Europea ha fatto proprio fin dal Trattato di Roma, ampliandone gradualmente la sfera di azione e l’importanza, tanto che parlare di pari opportunità e oggi di Gender mainstreaming è parlare di Unione Europea.

La lezione su queste importanti tematiche è stata tenuta il 21 ottobre scorso da Federica Di Sarcina e Mariagrazia Rossilli. Con immenso piacere abbiamo appreso che quell’importantissimo articolo della nostra Costituzione, che ne è la chiave di volta, l’articolo 3 comma due, che sancisce il principio di uguaglianza sostanziale e alla cui elaborazione le nostre Madri Costituenti hanno dato un contributo fondamentale, spianando la strada al concetto di pari opportunità, è stato alla base dell’elaborazione del diritto comunitario in materia e ci piace ricordare che colei che lo volle, inserendo due paroline fondamentali nell’articolo, le parole «di fatto», fu la più giovane delle nostre Costituenti, l’allora venticinquenne Teresa Mattei, dopo che la più anziana Lina Merlin si era battuta per introdurre nella prima parte dell’articolo il sesso come la prima delle discriminazioni da combattere, affinché a tutte e tutti fosse assicurata la medesima dignità sociale.

Dopo un excursus documentatissimo sui Trattati e sulla legislazione secondaria, la prof. Rossilli, sociologa ed esperta di diritti delle donne, si è soffermata sull’evoluzione e sull’ampliamento delle competenze europee in materia di uguaglianza di genere: dal Trattato di Roma del 1957, in cui si insisteva soprattutto sul valore della parità retributiva tra uomini e donne al Trattato di Lisbona del 2009 in cui la parità è diventata un valore fondativo e obiettivo dell’Unione Europea, che deve essere promosso in tutte le politiche dell’Unione (gender mainstreaming).

La relatrice ha poi approfondito il diritto all’uguaglianza tra uomini e donne nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione e ha illustrato le direttive in materia di parità lavorativa, protezione sociale e politiche occupazionali spiegando come il gender mainstreaming si articola nelle politiche dell’istruzione, della formazione, della ricerca e della scienza, nei processi decisionali e nella rappresentanza politica e anche nel Pnrr.

Infine ha dedicato una parte della sua relazione alle donne che si sono impegnate nelle istituzioni europee e segnatamente nel Parlamento Europeo, che, da organo puramente consultivo, si è trasformato nel tempo in organo di codecisione con il Consiglio dei ministri. Nel suo intervento Rossilli ha avuto modo di sottolineare quanto sia scorretta e infelice la malevola dizione «quote rosa», così come già aveva fatto notare nell’ultimo Salotto Casertano di Toponomastica femminile la scrittrice e docente Daniela Brogi: l’espressione, quote rosa, viene utilizzata in modo acritico e spesso con un notevole grado di ignoranza dai media italiani. Le quote sono meccanismi per assicurare rappresentatività a tutti i soggetti che sono sottorappresentati, secondo quanto stabilito dall’Ue, come per esempio negli asili e nella scuola materna gli uomini. La docente ha poi ricordato che il gap retributivo tra donne e uomini in Italia è al 43% e che il gender mainstreaming è un’eredità dell’elaborazione femminista.

La seconda parte della lezione è stata tenuta da Federica Di Sarcina, ricercatrice esperta in politiche di genere in Unione Europea e diritti delle donne. Dopo avere rimarcato l’interdisciplinarietà dello studio delle politiche di genere, che coinvolgono il diritto, la storia, la sociologia e la Scienza politica, la relatrice ha ricordato che in tema di politiche di genere in Ue si è passati dall’uguaglianza formale o de iure degli anni Settanta, in cui si è perseguita la parità retributiva tra uomini e donne attraverso gli strumenti legislativi, all’uguaglianza sostanziale o de facto degli anni Ottanta, in cui si sono incentivati i Programmi di azioni positive per realizzare l’uguaglianza delle possibilità tra uomini e donne e si è fatto ricorso al soft power, al gender mainstreaming degli anni Novanta, che ha scelto un approccio strategico orizzontale, in cui la lotta alle discriminazioni viene condotta in tutte le politiche pubbliche. La relatrice ha ricordato che gender mainstreaming significa «stare nel filo della corrente principale» e che la battaglia principale individuata dall’Ue oggi è quella contro gli stereotipi. Si è poi soffermata sulla Strategia per la parità di genere 2025, accolta con entusiasmo dalla Commissione europea e dalla sua Presidente (che ha applicato la parità di genere nella composizione dell’organo che rappresenta l’interesse dell’Unione) sottolineando che questa Strategia contribuisce a realizzare l’obiettivo n. 5 dei Sustainable Development Goals dell’Agenda 2030 dell’Onu.

Come ha ricordato Kofi Annan fin dal 2007, finché non ci sarà parità di genere non ci potrà essere sviluppo veramente sostenibile: se metà degli esseri umani saranno discriminati, non potranno essere realizzati gli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030; lo sviluppo più efficace è quello fondato sull’empowerment delle donne (messo bene in luce fin dalla Carta di Pechino del 1995 n.d.r.); nessuna altra politica come la politica di genere può riuscire ad accrescere la produttività economica e a combattere la mortalità materna e infantile; nessuna altra politica può con la stessa efficacia migliorare la nutrizione e promuovere la salute, inclusa la prevenzione dell’Hiv; nessun’altra politica è così forte nell’accrescere i cambiamenti nell’istruzione per le prossime generazioni, perché la discriminazione contro le donne impedisce a tutti i bambini e le bambine del mondo di raggiungere il loro potenziale.

Secondo quanto indicato dalla Commissione agli altri organi Ue «l’attuazione di questa strategia procederà su un duplice binario: misure mirate a conseguire la parità di genere combinate a una maggiore integrazione della dimensione di genere. La Commissione migliorerà tale integrazione inserendo sistematicamente una prospettiva di genere in ogni fase dell’elaborazione delle politiche in tutti i settori di azione dell’Ue, sia interni che esterni. La strategia sarà attuata utilizzando, come principio trasversale, l’intersezionalità, vale a dire la combinazione del genere con altre caratteristiche o identità personali e il modo in cui tali intersezioni contribuiscono a determinare esperienze di discriminazioni specifiche».

La strategia per la parità di genere 2025 fissa 6 punti, di cui il primo è «Liberarsi dalla violenza e dagli stereotipi», articolandosi in «porre fine alla violenza di genere» e «combattere gli stereotipi di genere» e proprio su questo punto si è concentrato il dibattito, aperto dalla domanda di una giovane corsista che chiedeva se la lotta agli stereotipi, date la sua urgenza e importanza, fosse da inserire nei Ptof delle scuole. A questa domanda sono state date risposte dalla coordinatrice del corso Elena Serafini e dalle docenti presenti. L’attenzione a queste tematiche, come spesso accade nella scuola italiana, dipende dalla sensibilità e dalla formazione dei e delle docenti, dei o delle Dirigenti, la loro importanza non è sentita da tutto il corpo insegnante in modo uguale proprio per la mancanza di una formazione generale, diretta a tutta la classe docente, in materia, come accade per il tema della legalità e dell’antimafia e per molte altre questioni.

La formazione e l’aggiornamento nella scuola italiana avvengono a macchia di leopardo e spesso in modo volontaristico, col risultato che docenti formati/e formeranno le classi su queste tematiche o si avvarranno dei progetti di organizzazioni come Toponomastica femminile o Action Aid ed altri le trascureranno nell’indifferenza generale. Con quali conseguenze sulle classi si può immaginare. Una corsista ha chiesto poi delucidazioni in merito alla risoluzione del Parlamento europeo che invita a inserire nella Carta dei diritti fondamentali il diritto all’aborto. Le relatrici, pur sottolineando l’importanza di questo atto non vincolante del Parlamento europeo, ne hanno messo in luce tutte le difficoltà di attuazione.

Il pregio di questo incontro sta nell’avere chiarito l’importanza delle pari opportunità nelle politiche europee e il loro grande valore, contribuendo a farci sentire «meno ufo» e più vicina un’organizzazione di cui sentiamo parlare solo per i vincoli sul deficit pubblico e sul debito pubblico che ci sono stati imposti dalla politica economica neoliberista e monetarista dal 1992. Un’occasione da non perdere nella costruzione di percorsi interdisciplinari di Educazione civica europea in ottica di genere, che riflettano sul Gender mainstreaming e sull’empowerment femminile e che partano dal presupposto che i diritti delle donne sono diritti umani.

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Articolo di Sara Marsico

Abilitata all’esercizio della professione forense dal 1990, è docente di discipline giuridiche ed economiche. Si è perfezionata per l’insegnamento delle relazioni e del diritto internazionale in modalità CLIL. È stata Presidente del Comitato Pertini per la difesa della Costituzione e dell’Osservatorio contro le mafie nel sud Milano. I suoi interessi sono la Costituzione , la storia delle mafie, il linguaggio sessuato, i diritti delle donne. È appassionata di corsa e montagna.

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