Perché il ruolo delle piante, che rende il mondo un posto vivibile, viene dato sempre più per scontato? Eppure, a scuola, ci hanno insegnato come esse siano essenziali per la vita dell’essere umano: sono in grado sia di produrre l’ossigeno che trasformare l’energia solare in energia chimica e tutto questo grazie a un processo che da piccoli/e avevamo difficoltà a pronunciare o a ricordare (era forse la fotosintesi clorofilliana?). Imparare a conoscere le piante significa poter applicare tali informazioni ai diversi aspetti della vita umana, come la scienza e la medicina, e, per tale ragione, la Botanica – ossia lo studio delle forme di vita del mondo vegetale – e la Paleontologia, che si occupa invece di analizzare i fossili di tali esseri viventi, hanno un’importanza fondamentale per conoscere l’identità e l’evoluzione del nostro pianeta. Tutto questo Josephine Ettel l’aveva capito già all’età di dodici anni quando iniziò a provare un amore sconfinato per i fiori, la flora locale, per le montagne e per i boschi in cui andava a passeggiare da piccola. Questo suo interesse si trasformò ben presto in un lavoro, rivelatosi fondamentale, di analisi e collezione che la resero, già all’epoca, una botanica e paleontologa di grandissimo rilievo per la ricerca scientifica.

Josephine nasce il 9 marzo del 1787 a Vrchlabí (chiamata anche con il nome tedesco Hohenelbe), città della Repubblica Ceca, dove cresce insieme ai suoi sette fratelli in una delle famiglie tra le più rispettabili del luogo grazie al lavoro che svolgeva il padre, David Ettel, noto produttore di carta. Visse nella città natale fino all’età di dodici anni quando venne mandata al convento delle Suore Orsoline di Praga per studiare le consuete “attività femminili” in grado di prepararla per il suo unico futuro possibile: la casalinga (imposizione a cui però non si piegherà mai). Tornata a Vrchlabí a diciannove anni incontra e sposa il farmacista Vojtěch Kablíck, anch’egli affascinato dalla scienza e dallo studio della botanica, che darà grande supporto al lavoro svolto negli anni da Josephine.
Dopo il matrimonio, si farà chiamare anche con il nome di Kablíkovà. Nonostante le difficoltà che all’epoca avevano le donne di uscire dai propri “doveri” e “compiti” prestabiliti per farsi strada in un mondo ostile, Josephine decide di dedicare tutta la sua vita alla natura ricongiungendosi ad essa grazie alla ricerca, allo studio e alla collezione di migliaia di campioni che è riuscita a recuperare durante il suo percorso. La sua storia, oltre a mostrare il coraggio di una donna che, spinta dalla passione, si avventurava per le montagne in qualunque condizione meteorologica senza tirarsi mai indietro, fornisce anche informazioni fondamentali per comprendere quali erano le condizioni sociali delle donne e soprattutto quale fu l’importanza, troppe volte sminuita, del loro contributo per la ricerca scientifica.
Nel 1825 Josephine entrò a far parte dell’Istituto di Scambio, per lo scambio di campioni da erbario, fondato da Filip Maxmilian Opiz nel 1819 a Praga, (dove, nel frattempo, si era trasferita con il marito), riuscendo a fornire, nell’arco di vent’anni, quasi 50.000 campioni con una media di 2.600 esemplari all’anno.

Con il suo lavoro, che si spinse anche verso l’Austria, l’Italia e la Germania, Josephine riuscì a raccogliere campioni di fiori, uova, pesci, insetti, uccelli della Boemia, conchiglie e minerali che annualmente inviava all’Istituto di Scambio di piante Opiz e all’Associazione di Scambio Botanico a Vienna, fino a raggiungere la somma incredibile di 250.000 esemplari. A seguito dei suoi contribuiti essenziali, nel 1841 venne accettata nell’Associazione di Storia Naturale di Praga e nella Società Botanica di Ratisbona, riuscendo a scardinare e abbattere le critiche e l’opposizione, di stampo conservatrice, dell’ex presidente Martius, contrario all’ammissione delle donne all’interno dell’istituto. In una lettera, che Josephine scrive proprio in quell’anno, ringrazia la società per il diploma che le è stato inviato come membro corrispondente, ribadendo il suo impegno nel continuare il lavoro di collezione di piante dei Monti dei Giganti. Nel 1853 Josephine era l’unica donna facente parte della Società di Botanica e Zoologica di Vienna, mentre l’adesione alla Società Geologica a Dresda le venne concessa dal 1860.

La sua ricerca più completa e importante (e allo stesso tempo unica nel suo genere) venne effettuata sui Monti dei Giganti, una delle montagne più alte e celebri dell’Europa centrale e meta imprescindibile per botanici e botaniche, scienziati e scienziate. Su di essi Josephine si arrampicò ancora una volta all’età di 74 anni quando le venne attribuito il soprannome di “sacerdotessa della flora dei Monti Sudeti”. I numerosi campioni raccolti, moltissimi dei quali appartenenti a specie ancora sconosciute, furono destinati a musei, scuole, università e società scientifiche sparse in tutta l’Europa, con lo scopo di diffondere informazioni utili e condividere la bellezza della natura che alimenta il nostro pianeta. Una grande quantità di questi campioni porta oggi il suo nome come la pianta Rhizolithes Kablikae o il pesce fossile Palaeoniscus Kablikae. Fu inoltre la prima a scoprire la “Primula Minima”.
Quando Josephine morì il 21 luglio 1863 riuscì ancora una volta a dimostrare grande altruismo e sostegno per scopi e iniziative sociali. Aveva deciso infatti di lasciare in eredità il suo erbario e la sua collezione personale alla Scuola superiore Imperiale e Reale di Gitschim e alla Scuola secondaria di Trautenau, e di realizzare un fondo a proprio nome il cui reddito sarebbe stato destinato agli/alle studenti di farmacia di Hohenelber, agli/alle alunni indigenti della scuola di Hohenelber, alle persone malate, disoccupate e più bisognose della sua città natale.
Donna coraggiosa, intelligente e ambiziosa, ma pure altruista e generosa, Josephine, il cui riconoscimento scientifico si è diffuso in tutto il mondo, è senza dubbio una figura eccezionale e imprescindibile per la storia della botanica ma anche e soprattutto un incoraggiamento per la lotta alla parità di genere sul lavoro e nella ricerca.
Qui le traduzioni in francese, inglese e spagnolo.
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Articolo di Francesca Vitale

Vive a Roma, dove coltiva la passione per l’arte e si laurea con una tesi sperimentale sulle tecniche pittoriche e sul restauro dei dipinti. Impegnata oggi a indagare l’ambito della comunicazione digitale, si interessa alla relazione che viene a crearsi tra persone e tecnologia.