Il mondo celebra il 13 novembre la Giornata Mondiale della Gentilezza.
A promuoverla è stato il World Kindness Movement, nato a Tokyo nel 1988. Oggi sono una trentina i Paesi che vi aderiscono. A New York e Londra le iniziative vanno avanti per una settimana. Il movimento italiano – che dal 2000 ha sede a Parma – ha come slogan identificativo una frase di Claudio Baglioni «La gentilezza è rivoluzionaria».
Basta davvero poco per cogliere in pieno, nella gentilezza, una serie di benefici, che vanno dalla qualità delle relazioni fino al benessere fisico. Benefici che spesso sprechiamo solo per stili di vita sbagliati, dove la gentilezza semplicemente non esiste e non ce ne meravigliamo più, così come non ci meravigliamo per es. delle parolacce. Il turpiloquio è di moda in TV, nei luoghi di potere, sui social: la violenza, le offese e gli insulti sono pane quotidiano di chi sfoga la rabbia nell’anonimato. Tanto vero che anche il Papa ha ritenuto necessario intervenire e invitare i cristiani all’uso di tre parole dimenticate: Grazie, Permesso, Scusa.

Se è nata un’Associazione Gentletude per promuovere le buone maniere, vuol dire che le famiglie italiane, che un tempo andavano addirittura a “lezione” di buone maniere, le hanno pian piano messe da parte.
Abbiamo anche dimenticato l’importanza della parola latina pìetas, che non deve essere intesa come la pietà per qualcuno o come compassione, piuttosto come premura, attenzione, delicatezza, gentilezza, tanto cara al nostro poeta Dante Alighieri: «Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia…». L’incipit del sonetto XXVI della Vita Nova ci porta subito in primo piano l’aggettivo “gentile”, che collega alla gentilezza la caratteristica di un amore delicato e spirituale. Dante ne aveva già scritto nel XX sonetto: «Amore e cor gentil sono una cosa…»; e lo ritroviamo nel XXXV «Videro gli occhi miei quanta pietade…» parlando della “donna gentile” (mai storicamente identificata); e poi nel XXXVIII «Gentil pensiero che parla di vui sen vene a dimora meco sovente e ragiona d’amore sì dolcemente…».
Resta fermo dunque in Dante il pensare che la gentilezza sia indispensabile al ragionar d’amore, che la gentilezza richiama dolcezza e bellezza e viceversa, ed entrambe portano Amore che si manifesta con il “sospiro”. Che non fosse l’unico a pensarla così ce lo ricordano i versi di Guido Cavalcanti, che aveva scritto prima di Dante: «Chi è questa che vèn ch’ogn’om la mira,/che fa tremar di chiaritate l’aire/e mena seco Amor, sì che parlare/null’omo pote, ma ciascun sospira?» Per entrambi al primo posto c’è la gentilezza, poi l’onestà degli sguardi in queste donne dalla bellezza angelica che non si può raccontare, si può solo dire che aggiungono un chiarore luminoso alla scena, tanto che non c’è parola che si possa usare per loro, ma solo sospiri dell’anima.
A onor del vero, bisogna dire che il significato dei due aggettivi (gentile e onesta) era diverso da quello che diamo oggi. La parola “gentile” faceva riferimento alla tradizione provenzale, in cui la donna è caratterizzata da virtù, capaci di elevare gli uomini, coincideva dunque con il più alto livello di nobiltà d’animo; e la parola “onesta” (sempre dal latino) andava intesa come “decorosa” e faceva dunque riferimento all’atteggiamento composto e dignitoso della donna. Queste le “dolci virtù” delle donne gentili.
Sono passati vari secoli e, dobbiamo riconoscerlo, mai come in questo momento, così difficile, così incerto per il futuro, con intere popolazioni sconvolte dall’emergenza sanitaria, economica, energetica, climatica, tutti abbiano bisogno di riscoprire e coltivare la gentilezza, quella che l’imperatore romano Marco Aurelio definiva «la gioia dell’umanità».
L’invito è a credere che l’atteggiamento gentile sia il vero segreto per trasformare ogni relazione sociale in un rapporto duraturo di fiducia e alleanza. Anche chi è lungimirante protagonista dell’economia e del lavoro ha capito bene che la gentilezza, così dimenticata (anche nelle relazioni tra vicine e vicini di casa e familiari) può essere la chiave che ci può permettere di ricaricarci e vivere meglio con noi stesse/i e con le/gli altri.
Provare per credere! Fate questo esperimento: rispondete gentilmente a una persona che si sta rivolgendo a voi con arroganza o indifferenza, molto probabilmente non vi aggredirà! Ma è certo che ripensandoci vi sentirete in pace con voi stesse/i e con tutto quello che vi circonda. Vi convincerete che la gentilezza è un ingrediente essenziale per tenere insieme le persone, perché i rapporti umani sono un patrimonio prezioso.
Pensate a quante volte capita, in una giornata, più dura del solito, di non essere gentili, anzi, o di avere la convinzione che la gentilezza può essere scambiata per debolezza e ingenuità! Esercitarsi alla gentilezza, in un mondo che l’ha dimenticata a vantaggio della prevaricazione, richiede un grande coraggio. Ma per fortuna si sta facendo strada l’idea che la pacatezza e la cortesia sono delle armi incredibilmente vincenti per avere un’influenza positiva sugli altri.
La violenza è contagiosa, ma anche la gentilezza può divenire contagiosa. Due psicologi americani, John Gottman e Robert Levenson, hanno dimostrato in una loro ricerca che i piccoli gesti quotidiani, inaspettati e gentili, rafforzano i legami e rendono felici chi li riceve. Infatti siamo più propense/i a ricambiare ed essere gentili quando abbiamo ricevuto a nostra volta un favore. La parola “scusa” dovrebbe essere una parola chiave del nostro linguaggio pubblico e privato, così come il “mi dispiace”, cosa molto diffusa nel mondo anglosassone con la parola “sorry”, o nella lingua giapponese che ha una parola unica per dire “scusa e grazie”, insieme.
Ma non fermiamoci qui, i motivi che possono migliorare la vita di tutti usando la gentilezza sono anche scientifici: riduce lo stress, offre una visione più positiva della vita, abbassa la pressione sanguigna e migliora la salute del cuore. E tutto questo si verifica per il rilascio di ormoni come la serotonina, la dopamina e l’ossitocina, che contrastano il cortisolo, un ormone che induce lo stress, e danno una sensazione di euforia regolando positivamente l’umore come riscontro della gentilezza. Per es. l’ossitocina è nota come “l’ormone dell’amore” perché le madri la rilasciano durante l’allattamento.
Per concludere: affinché la gentilezza non resti solo un giorno dell’anno da accantonare per l’anno successivo, dovremmo incidere sulla scuola. In questo campo, primario e insostituibile, io proporrei di misurarci non solo sul piano del “merito”, come nelle recenti parole del nuovo governo, ma soprattutto su quello della gentilezza, nel solco di un patto di corresponsabilità tra alunne/i, insegnanti, famiglie e Dirigenti, che smuova le acque e promuova esempi quotidiani di attenzione al prossimo, di condivisione e rispetto quotidiano per la costruzione di relazioni positive. La gentilezza deve essere il modo quotidiano di accompagnare le nostre azioni ed emozioni. Sono sufficienti piccole cose come l’uso di parole che siano di cortesia o associate a cose belle, un abbraccio, una mano gentile, un sorriso, riappacificarsi, regalare un fiore e grande potrà essere il vantaggio. La gentilezza è la chiave per vivere bene insieme! Scopriamolo!
Se riusciamo a limitare l’individualismo, a far crescere l’altruismo e il rispetto dell’altra e dell’altro, promuovendo atti di gentilezza, avremo tutte e tutti una vita migliore.
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Articolo di Giulia Basile

Fondatrice della Sezione Comunale Avis di Noci (Bari) ed ex sindaca dello stesso Comune, si dedica con tenacia, da sempre, al difficile compito della formazione. Convinta attivista sociale, collabora con molte associazioni territoriali e nazionali. La creatività espressa in molte sue pubblicazioni di poesia e prosa e la cura nel trasmettere l’amore per la cultura sono il fiore all’occhiello del suo percorso.