Nuove creature in Cristo

La quinta lezione del corso del Cti sull’eco-teologia è presentata dalla professoressa Simona Segolini, docente incaricata presso l’Istituto superiore di Scienze religiose di Assisi ed esperta di teologia dogmatica. 

Che cosa si intende quando si dice che “tutto viene rinnovato in Cristo”? È una frase che si sente spesso ripetuta durante le messe ma raramente viene approfondito cosa si intende per “rinnovare”; tantomeno viene esplorato il ruolo delle donne in questo rinnovamento e cosa esso significhi per loro. Anzi, in genere le domande che le donne pongono sulla Rivelazione sono ignorate e derise, come se non fosse importante coinvolgere nella Buona notizia portata da Cristo metà del genere umano. 

Per poter rispondere alla domanda senza ripetere gli errori del passato, quindi, è importante tenere a mente alcune premesse: con “creazione” si intende “venire alla vita”, “essere posti in vita”, e legare Cristo alla creazione in questo senso ci consente di trovare in lui il ritorno alla vita per tutto il creato. È importante tenere a mente che questo processo di nuova creazione o ricominciamento va posto sul piano della storia: la natura si dipana nel tempo – non lo precede – e può così farsi storia del mondo, la quale assume quindi una consistenza ontologica, cosa si dà nella natura è della storia, non a suo prescindere. Nello scorrere di questo tempo si realizzano incrementi ontologici, momenti che cambiano la realtà delle cose.

È così che la concreta esistenza storica di Gesù, che culmina nell’esaltazione della Resurrezione, ha realizzato un incremento ontologico tale da determinare una ricreazione. A tale evento la cristologia femminista ha posto delle domande molto importanti: può un salvatore maschio salvare le donne? Come può un simbolo maschile portare loro la Buona notizia? Come interpretare la figura del crocifisso oltre a quella di una giustificazione della sofferenza e del male per il perseguimento di un bene superiore?

Le risposte a queste domande sono state sempre intrise dei valori del patriarcato, che ha inevitabilmente deformato la figura di Gesù ponendo la sua maschilità come parte essenziale della salvezza, da cui le donne sono di fatto escluse per il loro sesso. Per poter riparare tali danni la professoressa Segolini cita il pensiero della teologa Elisabeth Johnson, la quale propone una visione di Gesù come di sapienza incarnata, di misericordia e datrice di vita: da qui un’inclusività scandalosa per il patriarcato, che permette di ristabilire l’ordine della creazione e di vedere nella croce non un simbolo di oppressione e giustificazione della sofferenza ma il segno che Dio è dalla parte di chi è oppresso, è partecipe della sua sorte e promette che la liberazione sarà per tutte e tutti. La domanda ora è: come si annuncia che la salvezza in Cristo è simbolo inclusivo di ricominciamento, che nessuno o nessuna è escluso/a?

Per rispondere bisogna ripartire dai Vangeli. Nel testo di Matteo la parola “genesi” intesa come “origine” appare due volte, una riguardante la stirpe di Gesù da parte del padre terreno Giuseppe, e l’altra nella narrazione dell’Annunciazione e della Natività, che rimandano alla nascita di Caino e all’annuncio della gravidanza di Eva. Dove Caino è simbolo di una nuova alleanza fra Dio ed Eva, la promessa di nuova vita nonostante il tradimento del Peccato originale, il concepimento immacolato è il rinnovo dell’alleanza fra Dio e l’umanità attraverso Maria, ossia attraverso l’unica creatura, una donna, che può custodire la vita a prescindere dalle avversità. Gesù coincide con l’inizio (l’origine) sia di una nuova vita per il popolo d’Israele – gli antenati di Gesù sono scanditi uno ad uno a partire da Abramo fino a Giuseppe – sia dell’insegnamento della Legge, una ventata d’aria fresca nell’interpretazione della Torah che non sia un semplice ripetere le parole di Mosè, capace di includere non solo il popolo ebreo ma anche i pagani – rappresentato dall’episodio della cananea, dove una donna di origine greca supplica Gesù di salvare sua figlia da un demone che la sta possedendo; Gesù inizialmente rifiuta adducendo che il suo operato deve andare a beneficio solo della sua gente, ma l’insistenza della donna finisce per intenerirlo e fargli cambiare idea, concedendo il miracolo (Matteo 15, 21-28).
Così la storia di Israele si compie e può ricominciare includendo tutto il creato: in Matteo 11 Gesù ordina di far sapere a Giovanni Battista delle opere miracolose da lui compiute, che hanno coinvolto tutti e tutte a prescindere da sesso, status sociale, e perfino dalla morte.
A nessuna e nessuno è precluso rientrare nella vita e poter stare vicino a Gesù, l’incarnazione della Sapienza (Sophia), e godere di lui. 

Gesù e l’emorroissa, dalle catacombe di Marcellino e Pietro a Roma

Nel testo di Luca viene mostrato che Gesù è prodotto dello Spirito fin dal concepimento. Presente sin dall’inizio nel grembo del Padre divino, viene rigenerato nel grembo di Maria per opera dello Spirito Santo. Un nuovo modo di venire al mondo che nulla ha a che fare con il suo padre umano e in generale con la mascolinità: lo Spirito Santo compie nel grembo di Maria il miracolo che dà a Gesù la sua natura divina; non più identico al Figlio generato prima dell’inizio dei tempi, ma sempre e comunque il prediletto di suo Padre. Il farsi carne è l’unico modo per poter condividere la vita e la sorte delle sue amate creature: Dio non ricopre un ruolo maschile nel concepimento di Gesù, esso è solo la prova del desiderio divino, della sua iniziativa e potenza. Non a caso la genealogia di Gesù raccontata in Luca 3, 23-37, va in direzione inversa rispetto a quella di Matteo: inizia con Gesù e finisce con Adamo. Come Adamo, Gesù non ha padre se non Dio, ed è stato l’inizio per l’umanità; un ricominciamento, quello di Gesù, che in Luca è espresso dal perdono e dalla possibilità di rinascita che esso garantisce: con l’assolvenza dei debiti e di qualunque forma di schiavitù si può tornare al controllo della propria vita e andare avanti. 

L’incipit del Vangelo di Marco – “Principio del Vangelo che è Gesù Cristo, figlio di Dio” – fa di Gesù non solo inizio di un racconto, ma inizio nuovo per il creato stesso: egli è colui che Israele attende da secoli per guidare il popolo alla salvezza e ristabilire l’ordine. L’episodio del deserto mostra la sua dominazione sul creato: tutte le belve vengono ammansite al suo passaggio e servono il figlio di Dio assieme agli angeli. Perfino la bestia che suggerì a Caino di commettere il primo omicidio, il Diavolo, è costretta ad arrendersi e a desistere dal suo tentativo di indurre Gesù al peccato, i suoi inviti seducenti rimasti inascoltati. Il creato viene come esorcizzato e, libero dall’influenza del male, può aspirare a una nuova vita. In quanto figlio di Dio, Gesù può rendere presente il Padre attraverso il suo agire: lo mostra il cielo che si squarcia quando Giovanni Battista battezza Gesù nel Giordano, e quando il centurione lo riconosce come figlio di Dio nel momento della crocifissione, in quel grido che segna un ricominciamento per l’umanità intera. La relazione padre-figlio culmina nella Resurrezione: Gesù ricomincia in modo nuovo e la Gloria non è più nascosta nella carne, ma brilla nello Spirito. 

Cristo esorcizza la figlia della Cananea, dalla Très Riches Heures du Due de Berry, quindicesimo secolo
Il diavolo tenta Gesù per la terza volta

Nel testo di Giovanni il legame fra il Figlio e il Padre di tutto il creato viene continuamente ribadito. Il tempo in questo Vangelo è scandito in settimane, un rimando ai sette giorni impiegati da Dio per creare il mondo: nella prima settimana Gesù compie il miracolo del vino buono a Cana, il rinnovo dell’alleanza. L’ultima settimana termina con la morte sulla croce e si aggiunge un ottavo giorno che corrisponde a quello della Resurrezione.
Tutto nella vita di Gesù è riaffermazione dell’inclusione di tutto il creato e ricominciamento, e sono soprattutto gli incontri con le donne che lo rivelano come portatore di vita: la madre Maria a Cana, il dialogo con la samaritana, la supplica di Marta per il fratello morto, Maria Maddalena che lava i suoi piedi anticipando gli eventi dell’Ultima cena; e proprio Maddalena, una donna, sarà la prima a incontrare Gesù appena risorto e a diffondere la Buona notizia – un incontro che richiama quello fra la prima creatura e la sua compagna: Adam, custode dell’Eden, si sveglia dal suo sonno con una ferita sul fianco da cui è nata Yhwh, pura da ogni male. Nella Resurrezione assistiamo alla definita modalità di esistenza di Gesù: come la potenza di Dio rese fertile il ventre vergine di Maria, così quella stessa potenza ha permesso di rinascere dalla morte. 

Tramite l’eucarestia, il farsi presente nel pane e nel vino, Cristo può entrare in chiunque decida di accettarlo, farsi carne e sangue e costituire il corpo stesso delle/dei credenti. La vita di Gesù è essa stessa prova dell’inclusività del suo messaggio, come mostra la storia della donna emorroissa: una folla si accalca attorno a Gesù mentre sta andando a casa di Giairo per curare la di lui figlia, gravemente malata, e una donna sofferente di emorragie continue – pertanto considerata impura dalla comunità – tocca il mantello di Gesù mentre questi è distratto, per poi ammettere il suo gesto quando egli chiede chi sia stato a toccarlo senza il suo permesso, annunciando di essere guarita; Gesù, invece di arrabbiarsi per essere stato toccato da una donna impura, riconosce la benedizione che suo Padre le ha concesso nonostante la disobbedienza, e la lascia andare, dopo che essa è stata riammessa nella comunità grazie alla guarigione. Più tardi resuscita anche la figlia di Giairo, morta poco prima del suo arrivo: una potenza, quella del Figlio, che travalica tutti i confini umanamente imposti e anche quello inevitabile della morte.

Nella lettera agli Efesini Paolo parla di come il mistero dell’opera di Dio fosse insito nel fare di Cristo l’unico capo di tutte le cose, il principio da cui parte il senso della realtà. La ricapitolazione del tutto in Cristo abbatte qualunque divisione umana o naturale, e perfino divina. Nelle lettere ai Colossesi, dopo la lode a Dio per aver portato la luce, Gesù è indicato come l’inizio di tutto, il primogenito della creazione e di tutti coloro rimessi al mondo, in lui tutto si crea e trova senso. L’incremento ontologico è qui dato dalla nuova possibilità storica di vivere la nostra vita con la libertà di figli e figlie ormai adulti e adulte, mantenendo il legame di figliolanza come Gesù lo ha mantenuto col Padre.

Quanto detto fino ad adesso mostra l’assurdità del pensare che ci possa essere un qualche motivo per escludere qualcuno o qualcuna dalla Buona notizia. Come è possibile, quindi, che si siano date interpretazioni esclusive dell’operato di Cristo? La causa va ricercata nel legame fra il simbolo della nuova creazione con quello del “nuovo Adamo”. Se Cristo è il nuovo Adamo è impossibile non pensarlo in modo principalmente maschile; da qui deriva il bisogno della creazione di una “nuova Eva” per includere anche il femminile, in genere identificata con la Chiesa o con Maria, sempre e comunque in una posizione di inferiorità gerarchica rispetto al nuovo Adamo. Ciò ha portato a considerare le donne come “naturalmente” distanti da Dio, una falsità bella e buona che ha generato solo sofferenza e fraintendimenti.
Per correggere questo errore è imperativo recuperare la neutralità del simbolo del nuovo Adamo usando il suo vero nome, Adam, che non ha alcuna connotazione maschile e può includere l’umanità intera; da qui, riconoscere in Maria/nuova Eva il percorso di resistenza femminile dei Vangeli. Maria, la figura femminile per eccellenza, modello irraggiungibile di virtù e grazia, è proprio per la sua femminilità che può ricevere Cristo nel suo ventre e quindi essere inclusa nell’incorporazione, fino al culmine dell’Assunzione: la cristoformità del corpo femminile diviene schiacciante, la creazione si compie nuovamente e la donna è assunta in cielo. Nel corpo di Maria, nel dolore provvisorio e sensato del parto, si contempla la pienezza dell’umanità e della liberazione da ogni male, viene mostrato che la sofferenza della storia è solo temporanea e che la morte non è una fine inevitabile perché sempre preceduta dalla vita. Il patriarcato ha invece usato la storia della madre di Gesù per giustificare l’oppressione delle donne e di chiunque non fosse uomo bianco o ricco e far apparire ogni tipo di umiliazione e ingiustizia come un male necessario.

È una donna, generatrice di vita, che ha permesso a Cristo di diventare il ricominciamento dell’umanità e di contemplare la vittoria della vita sulla morte; nella ferma credenza che Maria non è morta nasce la fede che custodisce il messaggio del Vangelo e promette alle donne nulla di meno di quanto sia stato promesso agli uomini.

***

Articolo di Maria Chiara Pulcini

Ha vissuto la maggior parte dei suoi primi anni fuori dall’Italia, entrando in contatto con culture diverse. Consegue la laurea triennale in Scienze storiche del territorio e della cooperazione internazionale e la laurea magistrale in Storia e società, presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si è specializzata in Relazioni internazionali e studi di genere. Attualmente frequenta il Master in Comunicazione storica.

Lascia un commento

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...