«Solo se la pianta della democrazia crescerà nel terreno arato dall’autorità femminile sarà possibile rigovernare il mondo» è la tesi di fondo di una recente edizione aggiornata del libro intitolato Sovrane – L’autorità femminile al governo, scritto da Annarosa Buttarelli, docente di filosofia della storia all’Università di Verona e che, dal 1988, fa parte della comunità filosofica di Diotima. Ideatrice e coordinatrice scientifica di un master biennale “Consulenza filosofica di trasformazione” è tra i/le fondatrici del Festivaletteratura di Mantova, ed è impegnata da anni nel pensiero e nella politica della differenza, è autrice di diversi saggi e monografie.
Il libro riflette sull’origine della democrazia e nasce dal desiderio e dalla ferma speranza dell’autrice che possa aiutare l’accadere di una conversione trasformatrice, un nuovo inizio, a partire dalla libertà della mente femminile dal dominio patriarcale. In un mondo di allarmante disorientamento, questo libro fa riflettere sul passato e sul presente; inoltre spiega il differente comportamento storico delle donne consapevoli di voler fare la differenza nella gestione del potere politico. Fa esempi di donne nella storia che hanno saputo rigovernare il proprio mondo senza appropriarsene, che hanno dato priorità alle relazioni. La scrittrice evidenzia che «la democrazia è una pianticella a cui desideriamo offrire forza e vita differenti» e che «la memoria collettiva umana va rimessa a fuoco»; spiega poi come il problema centrale sia certamente il concetto di sovranità – su cui anche il giurista pacifista Hans Kelsen nel 1920 individuava il letale connubio con lo Stato-nazione – e sottolinea il motivo per cui non si riesca a estirpare dalla storia la violenza della guerra.
Nel libro ci sono esempi di esercizio del potere decisionale e costituente, viene evidenziata la differenza tra l’agire veramente politico e la “potestas” del potere con natura antipolitica. Si ribadisce come sia necessario avere fiducia nella potenza delle relazioni autentiche, coltivare una educazione alla cultura, cercare di contenere la violenza maschile, e viene ricordata la necessità di puntare a un differente linguaggio della politica; inoltre vi è piena consapevolezza che la storia non sia mai stata riconosciuta come anche storia delle donne. Eppure l’autrice fa memoria e spiega il ruolo delle donne e il loro contributo culturale a favore dei cambiamenti, ricorda donne come Simone Weil che ribadiva «come occorra contrastare il dominio della forza e adoperarsi per una realistica ripresa del cammino della convivenza umana» e diceva «ciò che deve essere sovrano è la giustizia».
Chi legge comprende che, per ripiantare le radici della convivenza, occorre ritornare alle esigenze eterne dell’anima. Nel libro si parla di responsabilità, uguaglianza nella diversità, di un modo di governare al femminile che spezzi l’identificazione tra governo e rappresentanza. L’autrice parla di una «politica delle donne» che aiuti a divaricare i termini, per troppo tempo sovrapposti di “potere” e di “autorità”. Nel libro viene evidenziato il diverso rapporto che hanno le donne con l’economia: «per la maggior parte delle donne i soldi non sono il punto», le donne effettuano e influenzano il 64 per cento degli acquisti, sono le consumatrici più esigenti. Il libro ricorda che, prima della pandemia da Covid-19, era in atto una rivoluzione: un sorpasso lento, ma efficace nelle percentuali di occupazione femminile. Il libro spiega come siano le donne che sorreggono la cultura, l’editoria, visto che i dati confermano che sono le donne a leggere di più, sono le donne a fare più corsi di aggiornamento e di formazione.
L’autrice ricorda che, già nei Vangeli, le donne sembrano libere dall’ossessione dell’accumulo, del guadagno, non hanno idolatria per il denaro, guardano le «cose del mondo per la loro qualità non per la loro quantità, […] rappresentano un’altra economia, […] la sovranità a radice femminile insegna il “sopra la legge”, incarna la vita, […] è un “soprammercato”, […] le donne hanno il piacere del superfluo, […] sono chi guarda le cose del mondo con occhi celesti, come la donna che ‘dissipa’ il prezioso unguento per profumare i piedi di Gesù». Nel libro sono evidenziate scelte di donne storiche e contemporanee a favore della qualità di vita, il qualis versus il quantum, come la badessa tedesca Ildegarda di Bingen, per la quale l’adeguatezza si rivela essere il nome di una virtù necessaria a governare, una “domina” che esercita responsabilità e giudizio, avendo consapevolezza di ordini diversi di rapporti ai quali bisogna o non bisogna prendere parte, e che ha esercitato nella sua vita la virtù della “sapienza della misura”.
Viene ricordato tra gli altri il concetto di “lavoro giusto”, che si ritrova in Chiara d’Assisi. Nel testo vengono menzionate anche altre donne come Cristina di Svezia, che promosse studio e cultura dando vita alla Accademia delle Esperienze, ora Accademia delle Scienze e che diede vita all’ordine Amaranto, fiore che non muore mai, proprio per onorare meriti culturali di sudditi e stranieri. Tra gli altri volti di donna ricordati nel libro vi sono: Elisabetta I d’Inghilterra, che incarnò la visione di una “libera sovranità”; Cristina di Svezia, che riscrive una forma di sovranità perché ne ricusa la costruzione moderna a cui lei avrebbe dovuto assoggettarsi e che scrive più volte nella sua biografia «l’invidia, la bassezza, l’ingiustizia degli uomini sono sempre pronte a fare a pezzi il merito fortunato e ad adulare gli errori e i crimini che regnano». “Verità” è una parola che esce innumerevoli volte dalla penna di Cristina di Svezia, tanto che possiamo considerarla una delle qualità della sovranità inventata da lei: poter dire e fare la verità era nel suo dna.
Nel libro viene sottolineato come il voler tenere nell’ignoranza le donne non abbia comunque vinto contro la sapienza del vivere che caratterizza la donna nel suo vissuto quotidiano, e che rappresenta un dono, una forma di realismo a radice femminile. La lettura fa anche riflettere sul tema della “connessione”, sul mistero della struttura in cui siamo immersi, sulla centralità della natura, sulla necessità di una “ecosofia” (sapienza nell’abitare il mondo) e l’autrice ribadisce la necessità e urgenza di una lotta per una intelligenza, conoscenza e coscienza rinnovate. Ricorda come le “Preziose”, donne sapienti, fossero prese in giro da Molière, ma come furono rilevanti, con la loro delicatezza di modi, distinzione della mente, socialità di qualità, finezza di pensiero e comportamento e di come abbiano contribuito a disegnare un nuovo profilo dell’adeguatezza a governare. Viene ribadito il ruolo fondante della Parola, per una nuova forma mentis del potere, un governare con l’autorità della sapienza delle relazioni. E così vi è nel testo una carrellata di volti, quali Caterina de’ Medici, Maria Teresa d’Austria, Eleonora di Aquitania, Eleonora d’Arborea, e mille altre che hanno governato differentemente, portando la pace dove c’era la guerra; luminose esperienze di autorità femminile.
Vi sono poi altri esempi, anche attuali, come le operaie tessili di Brescia, definite, dall’autrice, né serve, né padrone, che, nella loro trattativa sindacale, hanno messo in primo piano il senso di libertà e il valore del lavoro di qualità. Tra gli altri c’è l’esempio della ex-sindaca di Ostiglia, Graziella Borsatti, che ha ribadito la sua preferenza per l’autorità e non per il potere e la priorità di agire con uno stretto legame tra parole, fatti e comportamenti, con la capacità di trovare sempre mediazioni necessarie per stare alla realtà dei bisogni territoriali. Viene condannata l’abitudine all’agire coatto, con la smania di fare e creare lo stato di emergenza continuo, errore di una politica italiana che preferisce dividere piuttosto che unire (divide et impera). «Il vero senso della politica» spiega l’autrice «è disfare il potere e agire il benessere» essere portatrici della differenza; secondo l’autrice il potere è uno strumento, l’autorità è il valore simbolico alla guida di governo, il potere si deve mettere in ascolto, accettando il confronto, con esperienze e relazioni di significato per riforme condivise ed efficaci.
Infine, una riflessione importante che troviamo è sulla parola “popolo” e sulla strana coppia “donne-popolo” che ricorre nella storia; si menziona così il ruolo di persone quali Giovanna d’Arco, Evita Perón, Diana Spencer, Marine Le Pen e si scandagliano gli esempi, più o meno controversi, di questo legame.
Il libro si conclude con una tesi «non c’è una politica della verità senza una politica del sensibile», senza un governare con amore e conoscenza, con i piedi ben saldi nel terreno dell’esperienza, della vita quotidiana, l’esercizio continuo e umile di una ragione, di una maniera del conoscere e del lottare per la giustizia, principio ordinatore delle relazioni. Si auspica, dunque, un cambiamento di valori, priorità e pratiche, unico modo per poter strappare il popolo al populismo e si auspica un governare con senno e rispetto della dignità umana, senza distinzioni di genere, con l’arricchimento del contributo di un auspicabile e innovativo approccio al potere tutto al femminile.

Annarosa Buttarelli
Sovrane. L’autorità femminile al governo
Il Saggiatore, Milano, 2013
pp. 238
In copertina: Annarosa Buttarelli, Vado Ligure, 2014.
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Articolo di Cinzia Boschiero

Laureata in Lettere, è giornalista professionista e docente, specializzata su temi europei nei settori ricerca, salute e innovazione. È titolare di ECPARTNERS e lavora come ufficio stampa per diversi enti, associazioni, imprese e come specialista della formazione. Fa parte del direttivo di EUSJA (Ass. europea giornalisti scientifici) e di diverse ass. femminili, come WILEUROPE, EWMD, Fondazione Bellisario.