Editoriale. Auguriamocelo! Sarà un anno dalla parte delle bambine

Carissime lettrici e carissimi lettori,

ce lo auguriamo tutte e tutti (siamo sicure di questa alleanza, in maggior parte): che l’anno che verrà, questo 2023 ormai vicinissimo, sia un anno Dalla parte delle bambine. Omaggiamo il libro, diventato subito, addirittura inaspettatamente, cult. Un’opera, ancora attualissima, di Elena Gianini Belotti, scrittrice e pedagogista, che se ne è andata da questo mondo, all’età di 93 anni, la sera della Vigilia di Natale, una settimana fa. Noi qui (sono sicura di poterlo fare anche a nome vostro) insieme al ricordo della grande pedagogista vogliamo mandare un saluto affettuoso alla nipote Barbara, nostra collaboratrice e sicuramente carissima amica. 
Era il 1973, un cinquantenario esatto per il saggio, ed Elena Gianini Belotti denunciava l’influenza dei condizionamenti sociali e culturali nella formazione delle ragazzine. «Quel suo libro – scrive il sito di Rai News, dando la notizia della scomparsa dell’autrice – è passato, come il testimone di una staffetta femminista, dalle mani delle madri a quelle delle figlie, di casa in casa, di libreria in libreria. Con Dalla parte delle bambine – continua – Elena Gianini Belotti ha aperto gli occhi, da pioniera, alle donne italiane. Venduto in centinaia di migliaia di copie, tradotto in tutto il mondo, ha aiutato generazioni di donne a prendere coscienza di come fossero state manipolate e orientate fin da piccolissime, anche attraverso le fiabe». E segue una analisi attenta dell’autrice delle fiabe principali che, (aveva in questo senso ragione anche un altro grande autore dalla parte dell’infanzia, Gianni Rodari scrittore, in antitesi alle fiabe classiche, delle sue Favole al telefono) ci avevano spaventato nelle nostre notti di ragazzine: «Cappuccetto Rosso – scriveva Gianini Belotti – è la storia di una bambina al limite dell’insufficienza mentale che viene mandata in giro da una madre irresponsabile per cupi boschi infestati da lupi, Biancaneve è anche lei una stolida ochetta che accetta la prima mela che le viene offerta, per quanto sia stata severamente ammonita di non fidarsi di nessuno». Nel suo raccontare c’è anche Cenerentola e il suo fantomatico principe azzurro, responsabile di troppe illusioni femminili: «Cenerentola – osserva – è il prototipo delle virtù domestiche, dell’umiltà, della pazienza, del servilismo, del sottosviluppo della coscienza». 
Nata a Roma (il 2 dicembre 1929) da genitori bergamaschi, è cresciuta tra la città lombarda e la capitale. Qui Elena Gianini Belotti ha conosciuto direttamente il popolare quartiere di Pietralata, un’esperienza vissuta intensamente che si ritroverà in tanta parte della sua opera. Gianini Belotti ha scritto sulle donne e tanto anche per l’infanzia, come nel romanzo autobiografico Pimpi oselì (Feltrinelli, 1995) in cui ha raccontato magistralmente la vita quotidiana dei bambini delle valli bergamasche e delle borgate romane durante il periodo fascista, con gli occhi di una bambina, ponendo anche qui fortemente l’accento sulla durezza della povertà e soprattutto sulla separazione di genere. Le sue passioni: l’infanzia e l’insegnamento, forse ereditate dalla mamma maestra elementare. Passioni che sono state al centro della vita di Elena Gianini Bellotti, che nel 1992 creò con Dacia Maraini il gruppo chiamato Controparola, e che ha avuto la direzione ventennale (1960-1980) del Centro Montessori.   «L’operazione da compiere – scriveva Belotti – non è formare le bambine a immagine e somiglianza dei maschi, ma restituire a ogni individuo che nasce la possibilità di svilupparsi nel modo che gli è più congeniale, indipendentemente dal sesso cui appartiene» E poi osservava: «Il maschio spacca tutto è accettato, la femmina no. La sua aggressività, la sua curiosità, la sua vitalità spaventano e così vengono messe in atto tutte le tecniche possibili per indurla a modificare il suo comportamento…I movimenti del corpo, i gesti, la mimica, il pianto, il riso sono pressoché identici nei due sessi all’età di un anno o poco più mentre cominciano in seguito a diversificarsi… a quest’età sono aggressivi maschi e femmine…Mentre più tardi l’aggressività del bambino continuerà ad essere diretta verso gli altri, la bambina diventerà auto aggressiva per aderire al modello che la società impone e che le vuole incanalate verso la debolezza, la passività, la civetteria». La scrittrice romana di origini lombarde scrive con forza delle sofferenze e delle ristrettezze riservate alle donne: «I talenti delle donne vanno smarriti nella fatica quotidiana di pensare, organizzare. Agire per gli altri … dispersi, assorbiti, corrosi dalle esigenze altrui che vengono prima delle proprie … impoveriti, isteriliti, soffocati dalle continue richieste di attenzione, di cura, di accudimento … una massa di lavoro mentale e fisico che succhia ogni respiro, non lascia tempo e pensieri per sé». E guardando ad un passato, poi non così completamente scomparso, aggiunge con amarezza: «… è meglio non farle studiare troppo le bambine, tanto si sposano, e cosa ci fanno con l’istruzione? Per quel che serve a mandare avanti la casa e allevare i figli, basta un modesto titolo di studio, se no chissà che grilli si mettono per la testa» (Pimpì Oselì). Ma parla molto del talento delle donne e ha ragione Mario Rusconi (presidente Anp, l’associazione dei presidi di Roma) quando afferma che molto probabilmente senza il pensiero di questa saggista e pedagoga tante ragazze non avrebbero scelto di iscriversi alle facoltà Stem delle università. 

Elena Gianini Belotti è attualissima. Già nel 1999 nel romanzo Apri le porte all’alba elabora un concetto importante su questo atto crudele e non certo d’amore che è il femminicidio: «Adele ha preso la parola per riferire della sua ricerca sui così detti omicidi per amore, cioè sugli uomini che uccidono mogli, amanti, fidanzate per gelosia o perché vengono abbandonati. Che razza di amore sarebbe quello che arriva a uccidere il suo oggetto? Chiamiamolo con il suo nome: bisogno sfrenato, incoercibile e patologico di possesso. Anche questa sarebbe una battaglia da fare: ottenere dai media che usino un linguaggio corretto, perché quello scorretto deforma le coscienze». Questa di Belotti è un’osservazione fondamentale, attualissima, insieme all’esigenza di un’educazione da ricevere da parte della famiglia e della scuola, perché qualcosa cambi e perché le donne non muoiano più punite a morte dalla mano di un uomo che le vuole come oggetti di proprietà. 
La sofferenza delle donne è oggi soprattutto quella delle sorelle iraniane e afghane (ma anche pakistane, che sono poco ricordate). Queste donne devono essere sostenute e incoraggiate, anche per dare alle generazioni future di quei Paesi la speranza di una vita migliore e giusta. Soprattutto riguardo alla situazione femminile in Iran, dove ormai si manifesta tutti i giorni da quando è stata uccisa Mahsa Amini, il 16 settembre scorso, praticamente 100 giorni fa. Sono tante/i i feriti/e e i morti/e per le strade dell’Iran, e le vittime salgono vertiginosamente: 476, secondo un dato aggiornato dalla ong Iran Human Rights. Tra le ultime la piccola Saha Etebari, di appena 12 anni, uccisa da una pallottola vagante mentre era in macchina con i suoi genitori. O la coraggiosa ragazzina quattordicenne, di nome Masooumeh, che si era tolta il velo in classe in segno di protesta per quello che era accaduto a Mahsa Amini, senza sapere di essere filmata da una videocamera della scuola a Teheran. Masooumeh è stata arrestata per questo suo atto ed è morta dissanguata. Probabilmente a seguito di ripetute violenze sessuali. Inaudita ferocia su una ragazzina così giovane!
Ma noi vogliamo consolarci e guardare il sorriso disarmante di Sarasadat Khademlsharieh, conosciuta con il nome semplificato di Sara Khadem, la campionessa di scacchi iraniana che ha giocato la sua partita ai Campionati del mondo di Almaty (Kazakistan) senza il velo, l’hijab, imposto dal regime alle atlete anche quando sono all’estero. Ha sfidando l’ottusità dei governanti del suo paese rischiando, se ritorna a casa, pesantissime ripercussioni, forse anche contro la sua famiglia. L’hanno preceduta in tante. Attrici celebri come Taraneh Alidoosti (ultima delle arrestate, pochi giorni prima di Natale), o l’arrampicatrice Elnaz Rekabi -che è stata visibilmente costretta ritrattare – e l’intera Canco, la squadra di basket femminile. 
Dalla Spagna, alla Francia, all’Europa c’è stato un impegno dei governi, compreso quello italiano, a condannare l’operato del regime degli Ayatollah. Per i primi giorni dell’anno che sta per arrivare si sono progettate manifestazioni in molte città italiane. La prima è prevista a Napoli. Una mobilitazione, tutta nel segno dell’arte, nata per iniziativa di Marisa Laurito che, oltre a una raccolta di firme (in pochi giorni quasi 80.000 firme) ha coinvolto molte persone dello spettacolo: da Luciano Stella a Tosca, da Eduardo Bennato a Nino Daniele a Andrea Morniroli a Desiree Klain, da Alfredo Guardiano a Tiziana Ciavardini a Gianni Pinto e a un folto gruppo di artisti/e e intellettuali. L’appuntamento napoletano è per il 7 gennaio alle ore 12.00, davanti al teatro Trianon (piazza Calenda). Sulla stessa locandina, bellissima, è pubblicizzato anche un altro incontro per l’Iran, a Roma il 21 gennaio alle ore 17.00 (officina Pasolini viale Antonio di San Giuliano 782).
In questo editoriale di fine anno abbiamo scelto di parlare al femminile perché è urgente e necessario dare con forza al mondo un auspicio di emancipazione di tutte le donne da qualsiasi tipo di violenza, psicologica e fisica. Che serva da augurio di trasformazione del tempo entrante!
Un augurio per l’anno che partirà fra poche ore ce lo offre una poesia che erroneamente viene attribuita a Fernando Pessoa. In realtà si tratta di un brano tratto dal romanzo di formazione dello scrittore brasiliano Ferdinando Sabino, scritto nel 1956 e intitolato O encontro marcado. Parole che ci indicano una nuova strada verso nuovi orizzonti. Cosa augurarsi di meglio per un percorso tutto da scoprire!

Di tutto restano tre cose:
la certezza
che stiamo sempre iniziando,
la certezza
che abbiamo bisogno di continuare,
la certezza
che saremo interrotti prima di finire.
Pertanto, dobbiamo fare:
dell’interruzione,
un nuovo cammino,
della caduta,
un passo di danza,
della paura,
una scala,
del sogno,
un ponte,
del bisogno,
un incontro.
(Fernando Sabino)

Buon anno 2023 a tutte e a tutti continuando nella lettura!

È venuto il momento di sfogliare gli articoli dell’ultimo numero del 2022, ricco di figure femminili che possiamo definire Maestre, cominciando con il ricordo, di Elena Gianini Belotti, che col suo saggio Dalla parte delle bambine ha aperto gli occhi a intere generazioni di uomini e donne. Non solo a lei dobbiamo molto ma anche alle numerose donne inglesi raccontate in Siamo tutte figlie delle suffragetterecensione del libro che ci racconta le loro battaglie creative e le grandi sofferenze loro imposte dal potere; continuiamo con un’altra grande donna cecoslovacca, l’ultima di Calendaria 2022, raccontata in Madame Plam. La lotta per e con le donne.
In memoria di Bianca Garavelli, a un anno dalla scomparsa è il ricordo di una grande studiosa di Dante, scrittrice poliedrica, che si è cimentata anche con la fantascienza. Per la rubrica Tesi vaganti si offre alle nostre letture di fine anno La visione della donna secondo la storica Ban Zhaoche approfondisce la figura e le opere di una donna che ha avuto accesso all’istruzione in tempi in cui alle donne non era consentito studiare.
Per la serie Sport e stereotipi in La sessualizzazione dei corpi delle atlete e le divise sportive incontriamo le interessanti riflessioni dell’autrice che ci ricorda che «per oggettivazione sessuale o sessualizzazione, intendiamo il concetto secondo cui il valore di un individuo viene attribuito alla sola capacità di attrarre sessualmente l’altro, tralasciando totalmente in secondo piano qualsiasi altro aspetto e qualità personale». Sempre di sport al femminile e di eccellenze italiane si tratta nell’articolo I successi delle azzurre negli sport invernali. Novembre e dicembre.
Cambiamo argomento ma continuiamo a parlare di differenze di genere con la serie da Cuoche a chef e l’articolo I fiori all’occhiello della cucina italiana. Parte prima.
Madri e padri della Sociologia. Sociologhe in dialogo. Parte seconda è il resoconto del webinar di cui la prima parte è nel numero 198, che ribadisce l’invisibilità delle donne nei Manuali universitari, suggerendo soluzioni per rimediarvi.
Con questo numero vogliamo condividere con tutte le persone che non hanno potuto partecipare ai nostri Convegni nazionali alcune relazioni che li hanno animati. Si parte con Rigoberta Menchùcontestato premio Nobel per la pace dal Convegno dello scorso novembre a Padova. 
Un paradosso culturale. Il non senso della piena consapevolezza di sé è il denso approfondimento che, partendo dalla recensione di un libro, Bella per sempre, di Autrici varie, ci sottopone un insieme di quesiti interessanti.
L’intervista di questa settimana è a Daniela Finocchi, direttrice di Lingua madre. Un concorso di sorellanza.
Per stuzzicare l’appetito suggeriamo Un polpettone molto specialeuna ricetta antispreco originale, da servire anche nei giorni di festa.
Come sempre a fine mese arriva il Report di dicembre sulle attività di fine anno della nostra associazione, con gli auguri bellissimi della nostra autrice, a cui ci uniamo nell’augurare a tutte e tutti noi una vera pace senz’armi, nel segno dell’articolo 11 della Costituzione.
SM

***

Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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