Ma quanto è rave questo “decreto”?

Quanto influenza la nostra comprensione degli atti della cosiddetta “politica politicante” il modo in cui i titoli dei quotidiani li nominano? Quanto è rispondente ai principi di uno Stato democratico lasciare la denominazione di tali atti all’arbitrio del Quarto Potere? Sono domande che mi hanno accompagnata da quando, per motivi di studio, ho avvicinato e studiato leggi, disegni di legge, decreti legge e decreti legislativi, di cui ho imparato a riconoscere presupposti e differenze, non sempre sottolineate e spiegate in modo chiaro dai media generalisti.
Anche in occasione, quindi, della conversione in legge del cosiddetto decreto legge rave (che poi contiene normeanti” rave), si è puntualmente dovuto constatare che il nome dato al decreto riguardava una parte minima del suo contenuto e che le disposizioni più rilevanti regolavano tutt’altre tematiche. Ecco il titolo della legge approvata a fine anno (legge 30 dicembre 2022, n.199): “Conversione in legge, con modificazioni del decreto-legge 31 ottobre2022, n. 162, recante misure urgenti in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia, nonché in materia di entrata in vigore del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di obblighi di vaccinazione anti SARS-COV-2 e di prevenzione e contrasto dei raduni illegali”. I cosiddetti rave party sono relegati in fondo al titolo ma i media perseverano nel nominare decreto rave il provvedimento, che nel frattempo è diventato legge a tutti gli effetti. La prima uscita del Governo appena insediatosi ha riguardato la creazione di una nuova fattispecie di reato, l’art. 633-bis (Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica) il quale dispone che «Chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento, è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000, quando dall’invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumità pubblica a causa dell’inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi. È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma, nonché di quelle utilizzate per realizzare le finalità dell’occupazione o di quelle che ne sono il prodotto o il profitto».

È stato un regalo, forse l’unico possibile senza obiezioni significative, alla base elettorale della Presidente del Consiglio, nostalgica di provvedimenti repressivi verso chi è accusato di non rispettare l’ordine pubblico. Allineati e compatti, omologati al nuovo corso, i nostri quotidiani e telegiornali hanno continuato a chiamarlo così, anche dopo che la fattispecie iniziale ha dovuto essere corretta, su suggerimento delle opposizioni e dopo che il decreto legge che, notoriamente, dovrebbe essere emanato, secondo l’articolo 77 della Costituzione dal Governo solo in casi di necessità e urgenza, (il che, riguardo ai rave party era difficile da dimostrare; forse l’unica urgenza riguardava la riforma dell’ergastolo ostativo) è stato riempito di altri contenuti, ma ha mantenuto, grazie alla pessima abitudine segnalata, il nome di rave. Se si cerca il significato di questo anglicismo, però, si scopre che questi raduni musicali semiclandestini organizzati attraverso catene, messaggi whatsapp del giorno prima e passaparola nelle aree industriali dismesse di diversi Paesi, deriva dall’immagine del corvo, in inglese raven che li accompagna, parola poi mutata in rave, da to rave che in inglese significa “farneticare, vaneggiare, delirare”. Sostenere che si tratti di un decreto «farneticante» è fin troppo facile e non si vuole infierire. Ciò che più preoccupa di quella che ormai è una legge della Repubblica (si sa che il decreto legge ha vita breve, 60 giorni e poi o perde efficacia fin dall’inizio o si trasforma in legge) non è però la macedonia di temi che regola (oltre ai rave party, i provvedimenti in materia di Covid, i benefici penitenziari in materia di reati ostativi e altro) quanto piuttosto il modo in cui è stata approvata. Per evitare che il decreto decadesse il Presidente della Camera Fontana ha usato la cosiddetta “ghigliottina” o “tagliola” prevista dai regolamenti parlamentari e usata una volta sola nella storia della Repubblica dall’allora Presidente della Camera Laura Boldrini, nell’indignazione generale e con l’opposizione “folcloristica” del Movimento 5 stelle e (udite udite!) di Fratelli d’Italia. Come tutti dovremmo sapere, al Governo non spetta la funzione legislativa, assegnata dai tempi di Montesquieu al Parlamento, l’unico organo costituzionale eletto direttamente dal popolo. Il Governo propone disegni di legge che dovrebbero essere emanazione del suo programma di governo, ma chi deve approvarli è il Parlamento. Lo strumento del decreto legge dovrebbe pertanto essere usato con moderazione dal Governo ed essere riservato a eventi straordinari come alluvioni, terremoti, epidemie, ecc. Da sempre il Governo italiano abusa dello strumento del decreto-legge a volte ponendoci come “carico da undici” anche la “questione di fiducia”, strumento contenuto anch’esso nei regolamenti parlamentari che inchioda la maggioranza a votare secondo la volontà del governo, pena le dimissioni dello stesso, come in questo caso. Ma la punta massima è stata raggiunta con la cosiddetta “ghigliottina”, il traumatico espediente del regolamento parlamentare in base al quale la Presidenza della Camera (casualmente oggi ricoperta da un esponente della maggioranza) può decidere insindacabilmente di mettere in votazione un decreto legge che sta per scadere anche se non ne è stato ancora esaurito l’esame ordinario. In pratica un testo di legge pensato dalla compagine governativa e già provvisoriamente in vigore viene sottratto in parte all’esame del Parlamento e si procede a un voto che sarà quello della maggioranza “ricattata” dalla questione di fiducia.

Non è questa la sede per entrare approfonditamente nel merito di questo provvedimento su cui tanto si è scritto (https://www.sistemapenale.it/pdf_contenuti/1672431100_legge-199-2022-conversione-decreto-rave-ergastolo-ostativo.pdf).
Ognuna e ognuno di noi potrà ascoltare gli appassionati interventi dell’opposizione, tra cui quello di Cafiero De Raho, per molti anni a capo della Direzione nazionale antimafia, sui benefici penitenziari concessi a chi si sia macchiato dei reati di corruzione, peculato e malversazione o a chi non collabori con la giustizia, reperibili sul sito della Camera dei deputati. Quello che mi preme sottolineare è il vulnus alla democrazia parlamentare che la “ghigliottina” su questo provvedimento ha creato, aprendo la strada a un ridimensionamento dei poteri dell’organo a cui per Costituzione spetta approvare le leggi. È risaputo che il Parlamento è da tempo stato svuotato di fatto delle sue prerogative e quest’ultimo atto, unito alla proposta di riforma costituzionale in senso presidenziale enunciata dalla Presidente Meloni nella conferenza stampa di fine anno, non fanno ben sperare. Se i media generalisti si riprendessero il ruolo che loro compete e spiegassero bene quali sono i rischi per la democrazia di un’operazione di questo genere, i cittadini e le cittadine, cioè il popolo italiano, gliene sarebbero grate/i. E i giornalisti e le giornaliste avrebbero fatto semplicemente il loro dovere in un sistema che si proclama democratico.

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Articolo di Sara Marsico

Abilitata all’esercizio della professione forense dal 1990, è docente di discipline giuridiche ed economiche. Si è perfezionata per l’insegnamento delle relazioni e del diritto internazionale in modalità CLIL. È stata Presidente del Comitato Pertini per la difesa della Costituzione e dell’Osservatorio contro le mafie nel sud Milano. I suoi interessi sono la Costituzione , la storia delle mafie, il linguaggio sessuato, i diritti delle donne. È appassionata di corsa e montagna.

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