Carissime lettrici e carissimi lettori,
«Il potere logora chi non ce l’ha». Si sbagliava. A dirlo, qualche anno fa, era un uomo, un politico importante per l’Italia e i partiti del Paese di allora. Ma si sbagliava, perché provava di avere uno sguardo maschilista sul mondo.
Oggi tre donne hanno dimostrato quanto un modo femminile e diverso (addirittura opposto) di vedere la res publica, la cosa pubblica e l’economia, può cambiare tutto, e in meglio. Hanno attuato l’atto delle dimissioni, profondamente umano, non legato a fallimenti o a mancanze di legalità del proprio percorso. Ma solo per stanchezza, per presa di coscienza di non poter dare il meglio, come hanno fatto fino ad ora, per il bisogno di riposo e di normalità.
L’allontanamento dal potere di queste tre donne, due a capo del governo del loro paese e la terza responsabile di un servizio di trasmissione elettronica, ha raccontato al mondo la loro capacità di essere umane. Un messaggio difficilmente e raramente arrivato fino ad ora, abituati/e come siamo a un attaccamento ai privilegi del potere, alla cosiddetta poltrona da non lasciare, mai, a nessun costo. Anzi, al prezzo di un logorio, di uno sfiancamento e di una conseguente cattiva gestione della cosa pubblica, del mezzo di potere esercitato per un auspicabile beneficio di ciascuno e ciascuna di noi.
«Mi dimetto perché questo ruolo di grande privilegio comporta responsabilità. La responsabilità di sapere quando sei la persona giusta per fare da guida, e quando non lo sei. So cosa richiede questo lavoro e so che non ho più abbastanza energie per rendergli giustizia». Jacinda Ardern ha annunciato così – durante una conferenza stampa – le sue dimissioni. È stata una sorpresa, soprattutto per il suo partito, il New Zealand Labour Party, il partito laburista neozelandese. La premier si è sempre riconosciuta orgogliosamente nel suo essere donna ed è stata la più giovane leader salita al potere. Allora, nel 2017, Jacinda Ardern aveva meno di quaranta anni (classe 1980). «Giovane, di successo, amata e rispettata dai suoi concittadini, si dimette non per una crisi di governo, o – peggio – per inchieste giudiziarie che la coinvolgono, ma per il desiderio, o forse la necessità, di recuperare la dimensione più privata e personale della propria vita, un evento più unico che raro, di cui molti si chiederanno le vere ragioni, anche inseguendo fantasiose dietrologie… Se però si sfugge alla droga del potere, e si vive il proprio ruolo come missione di servizio, tanto più faticosa ed impegnativa quanto più vissuta con sincero senso di responsabilità, conservando integra la propria natura di esseri umani per i quali il servizio è lavoro, e quindi fatica, gratificante quanto si vuole, ma anche terribilmente stressante, ecco che il raggiungimento del termine del periodo di servizio, e finanche la sua ricerca anticipata acquistano una dimensione di umanità alla quale guardare con grande rispetto, ma anche serenità, nella convinzione di non essere affatto insostituibili. Lavorare stanca diceva Cesare Pavese: il lavoro è certamente strumento di realizzazione individuale, ma anche condanna biblica, ed ognuno dovrebbe avere diritto a ricercare un ragionevole equilibrio tra le due facce della stessa medaglia». «Il punto è che anche i politici sono umani. Facciamo tutto quello che possiamo per tutto il tempo che possiamo, e poi a un certo punto è ora di andare. Ecco, per me è ora» ha dichiarato Jacinda Ardern. Riflettiamo su queste sue parole, e ringraziamola per questa bella lezione di vita, pubblica e privata insieme!» (Corriere del Mezzogiorno)
Dimissioni viene dal latino: dimissio (derivato da dimittĕre, mandar via, licenziare). Il dimettere o il dimettersi da un impiego, per motivi di salute, per ragioni d’età, per trasferimento, ecc. Nel diritto del lavoro, le dimissioni se volontarie, costituiscono un recesso unilaterale del prestatore di lavoro. Dimissioni del governo, quelle che è obbligato a rassegnare il Governo in carica, quando una delle Camere abbia negato la fiducia, o anche quando dissidî interni o altre ragioni ostacolino la funzionalità del gabinetto o rendano opportuna una sua diversa composizione. (Treccani). Tutto questo non è appartenuto alla decisione della giovane premier neozelandese. «Le dimissioni di Ardern sono state accolte con grande stupore a livello internazionale, ma anche dai neozelandesi. Sia il Guardian che la BBC parlano di una decisione scioccante. Non è infatti mai successo prima che una leader, tra l’altro molto apprezzata e sostenuta sia dentro che fuori il Paese, si facesse da parte perché stanca. La decisione di Ardern è eccezionale per due motivi. Il primo è che è un’ammissione di vulnerabilità, una delle cifre politiche della premier che ha contribuito a renderla così amata e popolare. Quando nel 2019 si trovò ad affrontare la strage di Christchurch, l’attacco in due moschee che causò 51 morti perpetrato dal suprematista Brenton Tarrant, Ardern da un lato mantenne un atteggiamento di profonda empatia e vicinanza per la comunità musulmana, dall’altro si diede subito da fare per riconoscere la matrice islamofoba della strage e cambiare la legge sulle armi in vigore all’epoca».
Ai tempi dell’impennata più terribile del Covid-19, che, innumerevoli volte mutante, ancora ci fa del male, ci mina la salute e ci uccide, un giornale titolava «E se le donne governassero meglio degli uomini?» È un interrogativo che apre orizzonti.
Dimissioni a sorpresa e piene di coraggiosa riflessione anche per Nicola Sturgeon che si è dimessa a febbraio da Prima Ministra scozzese e leader del partito indipendentista dell’Snp: «Mi dimetto per il senso del dovere e del grande amore che ho per il mio partito e per il mio Paese – ha detto – Dare assolutamente tutta te stessa è l’unico modo per fare questo lavoro» Otto anni di frequentazione del potere ha confessato che le sembrano troppi: «Per me ora rischia di diventare un tempo troppo lungo». Davvero un modo nuovo di considerare il mondo! «Questo è il bello della democrazia», ha commentato la Premier scozzese e noi siamo profondamente d’accordo con lei, con la speranza che da ora in poi la politica si tinga dell’essenza di questo pensiero.
Dal mondo del buongoverno a quello dell’elettronica. Un’altra donna è stata capace di lasciare a tempo debito, dietro una decisione personale, la stanza dei bottoni. Non è certo cosa da poco in tempi in cui è abitudine mantenere a tutti i costi il timone del comando. Questo fa onore alle donne che hanno saputo compiere questo passo. Susan Wojcicki si è dimessa dopo 25 anni di collaborazione con Google e nove come amministratrice delegata di YouTube. Storica ed economista californiana, è nata nel 1968, dunque anche lei giovane. Ha sviluppato per Google vari software e sicuramente ha avuto una parte importante nella costruzione e nel lancio di YouTube. Laureata ad Harvard in Storia e letteratura (e qui molti e molte ragazze dovrebbero riflettere sulla presunta inutilità delle facoltà umanistiche!) ha conseguito un master in Economia e Business administration a Los Angeles, ed è entrata in Google nel 1997 quando l’azienda, fondata da Larry Page e Sergei Brin, era agli albori e aveva la sede proprio nel garage di casa sua.
Anche Susan Wojcicki ha lasciato, a 54 anni, «per motivi personali, parlando di un nuovo capitolo, con al centro la famiglia, i cinque figli, la sua salute e i progetti che la appassionano». Queste dimissioni hanno provocato tante reazioni sia di elogio che di timore di tante donne che hanno avuto paura di non avere più un modello da seguire.
Ma nel settore Susan Wojcicki non è la prima ad essersi dimessa nelle stesse condizioni. «Nel 2022, anche Sheryl Sandberg, 52 anni, si è dimessa da capo delle operazioni di Meta, dichiarando: «Quando ho iniziato questo lavoro speravo di restarci solo cinque anni. Quattordici anni dopo, è tempo di scrivere un nuovo capitolo…Il problema non è che le donne lasciano i ruoli di comando, è che ce ne sono troppo poche. Nessuno scrive articoli sugli uomini che lasciano posti di rilievo, eppure succede in continuazione. Ma siccome ci sono così poche donne leader è più straordinario quando accade a noi. Dobbiamo rendere ordinario lo straordinario» (Sara Sesti).
Facciamo nostra la lettera alle sue e ai suoi studenti, oltre che agli e alle docenti e ai genitori, scritta dalla preside Annalisa Savino, dirigente del liceo scientifico Leonardo da Vinci di Firenze, quando qualche giorno fa ragazzi hanno picchiato pesantemente altri coetanei del liceo Michelangiolo e con un fine di contesa ideologica. Gli aggressori, del Fronte studentesco, sono indagati per violenza aggravata e lesioni, fatti non di poco conto e con il carico di prognosi di più di una settimana per i ragazzi che stavano facendo volantinaggio e sono stati pesantemente colpiti.
La direttrice del Liceo fiorentino ha ricordato ai destinatari e destinatarie della lettera i valori della democrazia e della non violenza. Si è schierata, come era giusto che facesse, dato il suo ruolo, dalla parte di chi aveva subito un’aggressione. Purtroppo la reazione del Ministro dell’Istruzione e del merito (!) è stato di condanna di quanto pedagogicamente corretto è scritto nella lettera. Un atteggiamento che non dovrebbe appartenere a un Ministro che rappresenta ogni cittadino/a e soprattutto la Costituzione dove è riportata la condanna esplicita al fascismo. Di fatto Valditara ha bissato, maldestramente secondo noi, quello che scrisse lui, a governo appena insediato, in una lettera a tutti i ragazzi/e delle scuole italiane ricordando sì la caduta del Muro di Berlino, ma dimenticando quello che è successo proprio tra la notte del 9 e quella del 10 novembre di qualche anno prima, nel 1938, nella notte dei lunghi coltelli, un pogrom contro gli e le ebree.
«La lettera della preside – è stato scritto – è un esempio di sensibilità civile e di pedagogia repubblicana. L’attacco del ministro Valditara contro di lei è inaccettabile. La velata minaccia di future misure disciplinari è la spia del clima di autoritaria intolleranza che questo governo sta promuovendo e diffondendo alzando il clima di tensione nel Paese» (Gianfranco Pagliarulo, presidente Anpi).
Tempi bui, mala tempora currunt, dove al coraggio si alternano manomissioni di opere letterarie, oscene osservazioni su figli gay (il termine e la figura di una figlia omosessuale non si è considerata) da accettare obtorto collo costatando amaramente (!) la eventuale non somiglianza con il padre intervistato.
Ma ritorniamo al coraggio delle donne, per auspicarne la continuazione della diversa visione del mondo, del lavoro e della vita. Ricordiamolo con una poesia semplice e schietta del grande Gianni Rodari e una prosa sempre lucida e attenta di Luis Sepùlveda tratta da La Gabbianella e il gatto
«Bene, gatto. Ci siamo riusciti – disse sospirando – Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante – miagolò Zorba – Ah sì? E cosa ha capito? – chiese l’umano – Che vola solo chi osa farlo – miagolò Zorba». (Luis Sepùlveda)
È difficile fare
le cose difficili:
parlare al sordo
mostrare la rosa al cieco.
Bambini, imparate
a fare le cose difficili:
dare la mano al cieco,
cantare per il sordo,
liberare gli schiavi
che si credono liberi.
(Lettera ai bambini, Gianni Rodari)
Andiamo a sfogliare gli articoli di questo numero di fine febbraio, cominciando da Pearl Buck. Nobel per la Letteratura, la donna presentata in Calendaria 2023, scrittrice che vinse anche il Premio Pulitzer e la cui vita è come un romanzo. Ci avviciniamo alla Giornata internazionale dei diritti delle donne e della pace internazionale e ci sembra buona cosa ricordare L’attività necessaria del Tribunale 8 marzo, il cui motto «Tra il grido, la violenza e il silenzio, scegliamo la parola» è quanto mai attuale. Continuano le nostre serie: Rileggere i classici. XIII e XIV secolo ci accompagnerà alla scoperta dei meccanismi di trasmissione culturale che hanno contribuito a consolidare l’interpretazione esclusivamente patriarcale della società. Le grandi assenti: Barbara Longhi racconta la storia della figlia del pittore manierista ravennate Luca Longhi, pittrice stimata dal Vasari che «condivide il percorso della maggior parte delle artiste sue contemporanee: riconoscendo le loro doti precoci i padri le ammettono in bottega e si giovano della loro collaborazione». Di arte si continua a parlare con una relazione dal Convegno nazionale di Toponomastica femminile del 2021 in Eredità femminili e doti nuziali nelle collezioni museali. Come scrive la relatrice «le doti nuziali e le eredità femminili che nei secoli hanno ampliato e impreziosito il complesso dei beni di una dinastia ora costituiscono parti significative di collezioni museali». Per Italiano lingua altra, riprendendo il titolo di un libro bellissimo, l’autrice di Leggere italiano a Teheran ci porterà in un mondo che è recentemente assurto alle cronache per il coraggio e la forza delle proteste delle donne. Storia degli sport femminili. Il calcio è l’articolo che ci condurrà attraverso la storia del calcio femminile, nato in Gran Bretagna insieme a quello maschile. Per la serie Cambiamo discorso leggeremo delle Artiste nel ‘600: tra corti, monasteri…e palcoscenici, mentre della seconda lezione del corso sulla sessualità della Società italiana delle Storiche, dal titolo “Travestimenti e ambiguità di genere tra Otto e Novecento”, riferirà l’autrice dell’articolo Il travestimento, tra scienza e nazionalismo.
Nella Sezione Juvenilia, Conto su di me è la presentazione dell’omonimo racconto che ha vinto il “Primo Premio per i Lavori di gruppo” nella Sezione Narrazioni, del IX Concorso Sulle vie della parità di Toponomastica femminile, a partire dall’incipit n. 4 di Mariapia Veladiano.
L’anniversario che celebriamo nell’articolo Sarah Ferrati, indimenticabile signora delle scene teatrali è quello della morte di Sarah Ferrati, grande inimitabile e irraggiungibile attrice teatrale, a cui chi scrive è particolarmente affezionata per la magistrale interpretazione in quel capolavoro che è La visita della vecchia signora.
Il nostro consiglio di lettura questa settimana è per La figlia del ferro di Paola Cereda, il libro che sullo sfondo ha «la descrizione dell’orrore della guerra e del male che fa agli esseri umani e all’ambiente», «un piccolo grande tassello alla costruzione di un mondo in cui questa invenzione tutta maschile dovrà diventare un tabù». Dopo quello virtuale d’Aosta, il 23 febbraio scorso è stato organizzato il salotto romano, dal titolo Sociologhe in azione nella storia della sociologia; una carrellata interessante e approfondita a più voci sull’Arte femminile si trova in Cambiamo discorso. Artiste nel ‘600.
Chiudiamo, come sempre, con la ricetta vegana: Pasta e lenticchie gialla. in cui avremo modo di riconoscere le proprietà benefiche della curcuma. Non ci resta che augurare a tutte e tutti buon appetito.
SM
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.