La storia di una nuotatrice speciale nella pellicola Sarahsarà

Sarahsarà è un film italiano del 1994, sceneggiato e diretto da Renzo Martinelli, noto documentarista, il quale proprio con questa pellicola debutta come regista sul grande schermo, seguendo una linea ben precisa: le storie vere. Infatti tutta la sua filmografia si ispira sempre a fatti ed eventi reali, incluso questo suo primo lavoro, basato sull’impresa della sudanese Gudalla Cubara, avvenuta nel 1974.

Sarahsarà racconta la storia di Sarah Jessica Abrams (interpretata da Kim Engelbrecht), una bambina sudafricana disabile. Da piccolissima un’iniezione fatta male le provoca una menomazione alla gamba destra: sarà destinata a zoppicare per tutta la vita. Sarah cammina con difficoltà, ma trova il suo talento e la sua felicità in acqua: si appassiona al nuoto dimostrando una forza e una resistenza straordinarie. Grazie all’aiuto della famiglia (in particolare della madre) inizia a gareggiare in qualche competizione, ma deve confrontarsi con un mondo che la esclude per il suo colore della pelle, per la sua disabilità e in quanto donna (soprattutto in un Paese come il Sudafrica a quell’epoca). Proprio in questa fase difficile, la vita della protagonista si intreccia con quella di Gershe (ruolo interpretato da Giulio Brogi), un giornalista ed ex allenatore dedito all’alcolismo.

Gershe e Sarah hanno due caratteri forti e testardi ma trovano una connessione instaurando un’amicizia importante. L’uomo inizialmente si rifiuta di allenare la ragazzina, che ha in testa l’obiettivo di nuotare nella Napoli-Capri, una gara difficilissima di 35 chilometri, una tratta in mare aperto che mette in difficoltà anche nuotatrici e nuotatori più esperti. Tuttavia, in un secondo momento, si ricrede osservando la tenacia della giovane e decide di farla partecipare alla competizione.

Chiaramente sono diversi gli ostacoli da superare: nessuno infatti vuole che una bambina, per di più di colore e disabile, prenda parte a una gara di quel livello. Solo il coraggio e la perseveranza della madre e di Gershe permettono a Sarah di ottenere il nulla osta per la partecipazione. Arriva la gara e l’emozionante fase finale, in cui la quattordicenne, con grande stupore unanime, arriva al quarto posto, risultando la prima donna del gruppo.

La trama della pellicola è sicuramente avvincente e commovente, ma credo che l’elemento di maggiore forza del film sia nella sua capacità di far riflettere su tematiche importanti. Vengono messe in luce infatti, minuto dopo minuto, tutte le barriere che la società, spesso anche inconsapevolmente, impone. Fa riflettere, ad esempio, la scena della prima gara di nuoto della protagonista: quando viene chiamata per posizionarsi ai blocchi di partenza Sarah viene presa in giro non solo da ragazze e ragazzi della sua stessa età (che non sono del tutto consapevoli) ma anche dai più grandi, che la criticano e non concepiscono il suo desiderio di voler essere considerata assolutamente normale, con i suoi obiettivi e le sue passioni.

Sicuramente emergono anche tanti personaggi positivi, oltre a quelli già menzionati: ad esempio l’amica Claire e il bambino Ciro che dimostrano di saper guardare oltre alle apparenze e di essere assai più maturi e mature rispetto alla maggior parte delle persone adulte.

Interessante è pure approfondire il rapporto tra Gershe e Sarah: l’uomo e la ragazzina è come se si fossero trovati e salvati a vicenda; non a caso infatti il loro viene raccontato proprio come un vero e proprio frutto del destino. Tra le scene più toccanti possiamo ricordare quella iniziale in cui Gershe trova in ospedale Sarah e i suoi genitori, ai quali è stato appena comunicato che la figlia non tornerà più a camminare. In una frazione di secondo, la bambina di soli tre anni afferra e stringe proprio la mano del giornalista che resta colpito dalla sua forza e dal suo sguardo. I due si incontreranno dieci anni dopo e porteranno a termine una vera e propria impresa.

Sarah sin da piccola è costretta a confrontarsi con la dura realtà del razzismo di quegli anni e la difficoltà di affermare la sua identità di donna e di disabile. Tuttavia, sebbene sia solo una bambina, non si arrende e trova nel nuoto la sua passione e la sua ragione di vita. Grazie allo sport e all’amicizia riesce a superare i propri limiti fisici e mentali, dimostrando a sé stessa e a chi la circonda che non esistono ostacoli insormontabili quando c’è la volontà di lottare. Il film offre inoltre una riflessione fondamentale sull’importanza dello sport per le persone con disabilità, evidenziando come l’agonismo possa rappresentare un’opportunità di integrazione e di affermazione di sé.

La regia di Martinelli è impeccabile e riesce a trasmettere al pubblico l’intensità emotiva della storia di Sarah, grazie anche alla bravura dell’attrice, la quale, anche se giovanissima, è riuscita a interpretare perfettamente il suo personaggio. La fotografia è inoltre in grado di catturare diversi paesaggi e situazioni realisticamente, mettendo in evidenza la durezza della vita di una società ancora divisa ed estremamente discriminatoria.

In conclusione, Sarahsarà è un film che lascia il segno e rappresenta un’importante testimonianza di coraggio e forza di volontà. La storia di Sarah è un invito a non arrendersi di fronte alle avversità e a credere sempre in sé stessi, anche quando il mondo sembra ostile, e pure se si hanno solo quattordici anni. Trovo che la lezione più grande che ci lascia la pellicola sia che lo sport è un grande e potente strumento di inclusione e di emancipazione. Per tutti questi motivi la visione è vivamente consigliata a un pubblico di ragazzi e ragazze, in quanto si tratta senza dubbio di un ottimo punto di partenza per avviare un costruttivo dibattito, per educare e sensibilizzare le giovani generazioni al valore dell’accoglienza e alla parità di genere.

Locandina del film Sarahsarà

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Articolo di Marta Vischi

Laureata in Lettere e filologia italiana, super sportiva, amante degli animali e appassionata di arte rinascimentale. L’equitazione come stile di vita, amo passato, presente e futuro, e spesso mi trovo a spaziare tra un antico manoscritto, una novella di Boccaccio e una Instagram story!

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