Francesco, il primo papa. Luci e ombre

13 marzo 2013, Parigi, viaggio d’istruzione con l’allora classe 4C del Maffeo Vegio, cena prenotata in un centro ristoro a menù fisso, ore 20,15. Una studente mi grida: «Prof, hanno eletto il nuovo papa, sono al telefono con mia mamma, dice che si chiama Francesco». Ed io «Francesco, ma è il primo con questo nome! È un ottimo segno, sarà un buon papa!». «Come fa a saperlo, prof, non sa neanche chi sia!?!». «Lo so perché uno che sceglie questo nome è perché ama San Francesco e sarà un buon papa, brindate con me».

Da poco sono passati 10 anni da quella sera a Parigi e sono contenta di non essermi sbagliata. Ho voluto andare a incontrare Papa Francesco quando venne al parco di Monza nel marzo del 2017 e fu una grande emozione. Jorge Bergoglio è un buon papa, amato da milioni di persone, buono per chi ha a cuore chi è povera/o, emarginata/o, le ultime e gli ultimi della terra. Per chi non lo è, un po’ meno. Mia madre, che era ancora in vita nei primi anni del pontificato, rimase estasiata nel vedere che questo papa abbracciava le donne; non si era mai vista una cosa simile, addirittura apprezzava il ballo. È proprio uno come noi, diceva felice mia madre. Un uomo venuto dalla “fine del mondo”, dall’Argentina, terra di grandi contrasti, terra che conosce la miseria; la sua semplicità e i suoi modi affettuosi vengono da lì, come anche la passione per il calcio e il tango.

Il papa ha voluto subito uscire dall’ordinaria amministrazione, dal “si è sempre fatto così”, la sua parola d’ordine era il superamento delle rigidità e dei clericalismi. Ha chiesto alle e ai credenti nel mondo di essere protagoniste/i della pace, predicando con grande forza contro il commercio delle armi, contro chi cinicamente ha ed esibisce l’arma nucleare, contro la “guerra mondiale a pezzi” che subiscono sempre i popoli più dimenticati, contro le guerre di aggressione, quale, oggi, subisce l’Ucraina.
Nel suo messaggio alla Chiesa e al mondo hanno avuto un ruolo particolare le sue parole a tutela della creazione che l’umanità sfrutta, e non conserva, bensì distrugge. La terra, dice il papa, è la nostra casa comune e la Chiesa non può, né deve rimanere ai margini nella lotta per la giustizia; tutti i cristiani e le cristiane sono chiamate alla costruzione di un mondo migliore, non ci è dato disertare la terra: a lungo c’è stato disinteresse per le cose mondane da chi pensava, come erroneamente veniva loro insegnato, che il loro compito fosse quello di raggiungere presto il paradiso, l’al di là; così potevano, anzi dovevano disinteressarsi delle cose di quaggiù! Comprendendo che siamo invece parte di un Tutto, possiamo comprendere che di questo Tutto ce ne dobbiamo occupare; questo il nucleo fondativo delle sue principali encicliche: Lumen fidei del 2013, Laudato si’ del 2015, Fratelli tutti del 2020.

La predicazione di papa Francesco si è estesa al di là della Chiesa cattolica, ha posto l’impegno ecumenico tra le priorità del suo pontificato, superandone la stasi. Bella l’immagine dell’abbraccio con Bartolomeo a Istanbul e la frase che ha pronunciato «Incontrarci, guardare il volto l’uno dell’altro, scambiare l’abbraccio di pace, pregare l’uno per l’altro sono dimensioni essenziali di quel cammino verso il ristabilimento della piena comunione». Anche a Ginevra, nel 2018, vi è stata una bella testimonianza di unità delle varie chiese cristiane. Ha dialogato anche con l’Islam, firmando testi di grande impatto nella storia della spiritualità.
Papa Francesco ha compiuto tanti viaggi e visite apostoliche, a volte in zone tormentate, come il più recente in Congo e Sudan, dimostrando grande vicinanza alle popolazioni più povere. Nel campo del magistero si rivolge al clero non come a una categoria privilegiata, ma come a chi sta nel gregge e quindi deve avere l’odore delle pecore. Ha favorito l’inclusione a chi era esclusa/o, aprendo alla possibilità di ammettere una coppia divorziata e risposata civilmente alla comunione. Nel campo della sanità ha ribadito il diritto alla cura e alle cure per tutti e tutte, affinché che è più debole, in particolare persone anziane, malate o straniere, non siano mai emarginate o dimenticate. Per le persone malate terminali, poiché non si può evitare la morte, ha dichiarato che dopo aver fatto tutto quanto è umanamente possibile per curarle, risulta immorale l’accanimento terapeutico. Tuttavia dobbiamo accompagnare alla morte, non provocarla o aiutare qualsiasi forma di suicidio!

Papa Francesco a Monza, 25 aprile 2017

Più duro è invece il suo intervento sull’aborto, il diritto di libera scelta delle donne non è considerato pensabile. La Chiesa cattolica insegna che la vita inizia al momento del concepimento. L’aborto è «un omicidio e non è lecito diventarne complici». E questo principio etico riguarda ogni persona. Inoltre, esattamente come hanno fatto i suoi predecessori anche più “aperti al mondo” – come Wojtyla – anche Bergoglio ha sbarrato la strada a ogni tipo di riforma circa il sacerdozio femminile, gelando le tante attese delle donne cattoliche che si aspettavano un cambiamento dal pontefice, definito sin dall’inizio un riformatore. Il presidente dei vescovi tedeschi, monsignor Georg Baetzing ha rassicurato che continuerà a fare pressioni affinché il ruolo della donna nella Chiesa si possa rafforzare. Si tratta, ha detto, di una questione centrale per il futuro. «Ammettere le donne ai ministeri ordinati dovrà essere facilitato in qualche modo, altrimenti il futuro della Chiesa in Germania è difficile da immaginare». Ciò riguarda l’emorragia delle/dei cattolici che ogni anno lasciano la Chiesa, per come vengono marginalizzate le donne, senza che vi sia stata una vera parità. Un piccolo segno si è visto per il Giovedì santo che ricorda la cena del Signore preceduta dalla lavanda dei piedi. Il papa, celebrando nel carcere minorile di Roma, ha lavato i piedi anche a delle ragazze oltre che ai ragazzi. Ciò apre il respiro alla memoria di uomini e donne nel movimento di Gesù e alla cena che il Signore ha condiviso facendo memoria, eucarestia del suo corpo e del suo sangue. Uomini e donne, discepoli e discepole di Gesù nella pratica dell’unico potere che è esclusivamente servizio! In Gesù non esiste gerarchia né cambiamento ontologico di alcuni rispetto ad altri e, soprattutto, altre. In Lui «non c’è giudeo né greco, né uomo né donna, né schiavo né libero».

In questo contesto, piuttosto acceso, c’è anche chi non ha mancato di fare affiorare le contraddizioni di questo pontificato. Per esempio, la teologa Katrin Brockmoeller, che analizzando il modo di predicare di Francesco e i suoi interventi, non ha dubbi sulla sua misoginia di fondo. Brokmoeller, per esempio, ha ricordato che spesso il Papa, quando si rivolge al mondo religioso, cita le donne in modo da far risuonare «automaticamente un’associazione negativa nei confronti del genere femminile». «Siete uomini, comportatevi da uomini, non da zitelle». Un «linguaggio sprezzante nei confronti delle donne – ha affermato la teologa Brockmoeller – Il pettegolezzo non è una caratteristica specifica del genere, ma ha a che fare con il carattere personale. Questo paragone è patriarcale e indegno del ruolo del Papa».

ll pontefice è tornato di recente sul tema degli abusi sessuali commessi da membri del clero per ribadire e aggiornare il complesso di norme, varato quasi quattro anni fa, con il Motu Proprio Vos Estis Lux Mundi. Il documento conferma, rafforzandolo, l’intricato complesso di norme e istituti che dovrebbero scoraggiare il commettere questo genere di delitti. L’impressione che si ricava è quella di una Chiesa Cattolica determinata a reprimere la diffusione degli abusi e a punire con la necessaria severità chi li compie. C’è naturalmente del vero in questa percezione: nel documento, il papa avverte implicitamente vescovi, sacerdoti e anche laici cattolici impegnati nelle attività pastorali che, nel caso si mettessero nei guai sul versante della sessualità con i minori, l’istituzione non interverrà più a proteggerli come ha sempre fatto, ma al contrario li punirà in modo rigoroso e fermo. Per comprendere più a fondo questo problema dobbiamo chiederci come mai quello degli abusi sessuali sia un problema così rilevante per i sacerdoti cattolici (non solo per loro è chiaro, ma soprattutto per loro). C’è qualcosa nel rapporto con la sessualità e l’affettività a cui la Chiesa vincola i sacerdoti che favorisce il commettere abusi? In definitiva, c’è qualche legame tra il celibato obbligatorio e la castità imposta per legge al clero e gli abusi sessuali che alcuni di costoro mettono in atto? Se è così a commettere gli abusi non sono solo delle “mele marce” che saranno, auspicabilmente, d’ora in poi più facilmente assicurate alla giustizia canonica e poi punite, ma è un sistema vivente di comportamenti e di atteggiamenti legati alla “cultura della castità obbligatoria” e gli strumenti come quelli contenuti nel motu proprio sono destinati a rivelarsi scarsamente o per nulla efficaci. Ricordiamo la frase di papa Francesco, pronunciata sull’aereo nel 2013, di ritorno dal Brasile. «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà – disse – ma chi sono io per giudicarla?». Francesco ha criticato le leggi che criminalizzano nel mondo l’omosessualità come “ingiuste”, affermando che Dio ama tutti i suoi figli così come sono e ha invitato i vescovi cattolici ad accogliere le persone Lgbtq nella Chiesa. «Essere omosessuali non è un crimine – ha affermato il Pontefice in un’intervista con l’Associated Press – le persone gay devono essere accolte e rispettate, e non dovrebbero essere emarginate o discriminate, ma ogni atto sessuale al di fuori del matrimonio è da considerarsi peccato», precisa in ogni caso il Pontefice.

Il papa così amato, appare anche solo, e infatti ha parecchi nemici, soprattutto la fetta di lefebvriani, tradizionalisti e contrari alle riforme di Francesco. Questi girano nelle parrocchie italiane diffondendo le loro paure, celebrando in latino, quale segno di autenticità. Questo potrebbe, a lungo andare, far scaturire anche uno scisma. Ecco perché Francesco termina ogni omelia con la richiesta di pregare per lui.Benché non manchino dei punti d’ombra, delle ambiguità, delle prudenze e contraddizioni, desidero chiudere con l’immagine di compassione e misericordia di pochi giorni fa, che sono certamente le migliori caratteristiche di questo papa, che ha voluto dare un abbraccio caloroso alla mamma che aveva perso la bambina durante la notte, all’uscita dall’ospedale dove pure lui aveva trascorso alcuni giorni.

***

Articolo di Maria Grazia Borla

Laureata in Filosofia, è stata insegnante di scuola dell’infanzia e primaria, e dal 2002 di Scienze Umane e Filosofia. Ha avviato una rassegna di teatro filosofico Con voce di donna, rappresentando diverse figure di donne che hanno operato nei vari campi della cultura, dalla filosofia alla mistica, dalle scienze all’impegno sociale. Realizza attività volte a coniugare natura e cultura, presso l’associazione Il labirinto del dragoncello di Merlino, di cui è vicepresidente.

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