Carissime lettrici e carissimi lettori,
c’era una volta un periodo oscuro dove la “via” (quella della democrazia) era smarrita. In quel periodo, non tanto lontano, era stata abolita la festa del 1° Maggio, nata in ricordo degli undici morti uccisi negli scontri con la polizia di Chicago, nel 1886. La Festa, così com’era, sembrava al governo di allora troppo sovversiva, troppo inclusiva e collettiva. La spostarono, allora, al 21 aprile e l’accorparono al Natale di Roma, donando alla ricorrenza un sapore decisamente più autarchico.
Fu così, in quel tempo, anche per le donne. Si era detto, nelle alte sfere del potere, che erano fatte «per essere sdraiate su un divano», ma era la parte più macha e meno importante del pensiero di allora. Nell’opinione dominante di quell’epoca le donne dovevano essere colte, in un certo senso, preparate, e questo è un bene. Ma non per fare carriera, quella era riservata agli uomini. Dovevano, invece, oltre a ricoprire il ruolo di mogli fedeli e obbedienti («dalla cucina alla stanza da letto»!) soprattutto mostrarsi ottime educatrici di figli, di maschi italici da preparare per essere mandati alla guerra. E così fu.
Veniamo all’oggi. Per quanto riguarda il Primo Maggio il Governo ha annunciato con anticipo che l’avrebbe considerata giornata lavorativa (seppure si sarebbe discusso proprio del Lavoro) e ha proclamato la ricorrenza della Festa con uno spot-fiction conclusosi con il suono simbolico della campanella. Come a scuotere le coscienze di lavoratori e lavoratrici, chissà, forse per far seguire l’esempio…istituzionale?!
Così è andata per le donne. Il 10 maggio il Parlamento europeo ha aderito alla cosiddetta Convenzione di Istanbul, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne.
I deputati e le deputate europee hanno dato la loro adesione. Per quanto riguarda l’Italia i due partiti di Governo (Fratelli d’Italia e Lega) si sono astenuti. Non hanno votato a favore della Convenzione di Istanbul, di fatto, così, esprimendo la contrarietà verso una protezione più decisa, chiara e forte di tutte quelle donne alle quali viene fatta violenza e per evitare abusi futuri. La spiegazione è stato il timore di una «costante strumentalizzazione della Convenzione da parte delle sinistre arcobaleno, che vorrebbero farne l’ennesimo cavallo di Troia per imporre l’agenda Lgbt». La vicepresidente del Parlamento europeo, l’italiana Pina Picierno, ha commentato con decisione questa astensione: «La concezione delle donne da parte dei due principali partiti di maggioranza è retriva, incivile e liberticida… La convenzione, firmata sei anni fa, rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne. Purtroppo, non è stata ancora recepita dall’Unione europea perché mancano all’appello sei Stati membri, a partire dall’Ungheria — spiega Picierno — Oggi con l’astensione dei due partiti di Governo italiani è stata restituita un’immagine deprimente e indegna dell’Italia e del suo governo. Si tratta di una scelta con un preciso significato politico, vergognoso e inquietante. L’arretramento sul terreno dei diritti era già stato sancito da alcune scelte ideologiche e identitarie del nostro governo, che sembra intenzionato a erodere progressivamente diritti elementari conquistati in anni di battaglie civili. Ma l’astensione odierna rappresenta il picco più brutale di questo percorso di regressione e colloca il governo italiano al pari degli Stati più rozzi e reazionari dell’Unione». Mancano all’appello della ratificazione, infatti, ben sei Stati membri esortati dall’Unione a farlo al più presto: Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia. «Con il voto di oggi della plenaria — è stato però sottolineato — si può ora procedere alla conclusione della procedura di adesione dell’Ue alla Convenzione con un voto a maggioranza qualificata».
Intanto una ragazza, da sola, con tutta la sua forza di giovane donna, ha alzato la sua tenda in piazza, contro la politica. Ha dormito per tante notti davanti al Politecnico di Milano ed è diventata la paladina della protesta dei e delle studentesse fuorisede. Una manifestazione, questa di mettersi a dormire in tenda, che è simbolo/sostituzione delle case e delle stanze con affitti troppo cari, che si è espansa dalla città meneghina, in tutta la sua allegria, tra aiuti di amici con cappuccini e cornetti caldi, prima a Roma (dove le tende intorno alla vasca con la statua della dea Sapienza,invisa agli studenti prima degli esami, sono diventate una decina) poi a Pavia, a Bologna, a Padova, a Perugia e ha navigato oltre il mare fino all’università di Cagliari. «É’ diventata una questione politica — ha osservato Marco Damilano durante la sua trasmissione serale su Rai 3 — Una questione sulla quale si divide il governo, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, attacca i sindaci del centrosinistra, responsabili del caro affitti». Intanto la ministra dell’Università, Annamaria Bernini, replica dicendo di smettere le polemiche e invita al dialogo e al coinvolgimento di tutti. «Non è raro — racconta in trasmissione uno studente — che una stanza singola a Milano o a Roma, ma anche a Padova, possa arrivare a 800 euro al mese con tutte le utenze». In questi momenti si sentono tante dichiarazioni, alcune anche molto fuorvianti, tra le tante che la responsabilità è dei Comuni o delle amministrazioni di un certo colore politico invece che di un altro. Gli studenti e le studentesse non vogliono che sia il pretesto per uno scaricabarile reciproco. Si aspettano i finanziamenti reali, la costruzione di nuovi posti letto pubblici, per garantire il diritto allo studio e, soprattutto, assicurare a studentesse e studenti il diritto di scegliere in quale città studiare, di farlo a prezzi accessibili, in modo che non siano costrette/i a lavorare, tra l’altro con paghe vergognose, per potersi pagare un affitto. I/le fuorisede in Italia sono, secondo la Cgil, 750.000. Sono le e gli studenti che frequentano un’università situata in una provincia diversa da quella dalla quale provengono. Solo a Roma sono 40.000. Di questo movimento, chiamato movimento delle tende ormai se ne sentirà parlare a lungo.
Una studentessa Ikram Jarmouni, di Modena, ha ricevuto il “Premio America giovani per il talento universitario” alla Camera dei deputati. É’ di origini marocchine. Forse per questo lunedì scorso, l’8 maggio, è stata aggredita sul treno che la portava nella capitale insieme a un’amica. La ragazza ha postato il video su Instagram: «Lunedì 8 maggio sono stata premiata come studentessa d’eccellenza italiana in Parlamento — scrive sui social Ikram — Lo stesso giorno, mentre ero in treno verso Roma, sono stata aggredita, insultata e minacciata di morte per il colore della mia pelle.Né le forze dell’ordine né i capotreno sono intervenuti nonostante abbia chiamato con urgenza entrambi. Non è stato fatto alcun tentativo di identificazione. Lui poteva essere potenzialmente armato. Questa poteva essere una strage». Un uomo l’ha apostrofata con offese dirette alla sua femminilità, alla sua pelle, ai suoi tratti secondo lui “poco italici”. Sono questi i nuovi valori?!
Allora per chiusura poetica di questo editoriale, per festeggiare la donna che, come qualcuno ha detto, è sempre madre nel corpo e nel pensiero perché è creatrice, leggiamo insieme una poesia di Pablo Neruda, quest’anno, nell’anniversario della nascita di Massimo Troisi che lo celebrò nell’indimenticabile film Il Postino.
Non t’amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t’amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l’ombra e l’anima.
T’amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T’amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t’amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti
che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.
Pablo Neruda, Sonetto XVII.
Buona lettura a tutte e a tutti
E se la forza non fosse solo quella virile? Un altro genere di forza di Alessandra Chiricosta è la recensione che apre la rassegna degli articoli di questo numero di vitaminevaganti, caratterizzato proprio dalla forza delle donne. Vi si parla del lavoro di ricerca e di riflessione di una filosofa esperta di arti marziali, in cui è stato interessante riscoprire l’esistenza, nel latino antico, del termine vira, paritetico di vir, a indicare una donna dotata di «una forza che, avendo radici solide, permette di spingere verso l’altro in un moto di accrescimento nel rispetto dei propri limiti. Una narrazione, questa, che si è completamente persa con la vittoria del paradigma della forza virile». Una donna di grande forza è anche quella di Calendaria 2023, Rita Levi Montalcini così descritta da Primo Levi: «una piccola signora dalla volontà indomita e dal piglio di principessa, che sulla strada scelta tanti anni addietro sta tuttora proseguendo con energia geniale, e con quella rara combinazione di pazienza e d’impazienza che è propria dei grandi innovatori».
Piuttosto m’affogherei. Storia vertiginosa delle zitelle, recensione del libro di Valeria Palumbo, evidenzia la forza che ha contraddistinto, nel tempo, «la complessa vicenda di chi non ha camminato lungo il binario definito. Spesso per ribellione. A volte per indole. O per puro caso. Così è stata scritta un’altra storia». Ci vuole tanta forza a fare del proprio primo libro un best seller conteso da molte case editrici. Ci è riuscita Beatrice Salvioni, classe 1995, con il suo romanzo recensito in Un esordio col botto. La Malnata, un caso d’eccezione per un’esordiente italiana. Forti come poche sono le protagoniste di Flânerie al femminile, che si ispirano alle passeggiate di Virginia Woolf e rivendicano il diritto delle donne di oziare, passeggiare e immaginare, senza essere criticate, perché il diritto all’ozio e al pensiero non sono prerogative maschili. Ma la figura di donna più interessante per forza e determinazione è quella raccontata nella Sezione La targa che non c’è: Via XX settembre n° 68: qui visse Olga Resnevič Signorelli, brillante medica, raffinata traduttrice e scrittrice, appassionata amante dell’arte, dalla biografia ricca di eventi.
Uno dei temi più ampiamente trattati nel Report annuale sulla parità di genere 2023 dell’Ue è la discriminazione di genere nel mondo del lavoro, con le sue implicazioni, conseguenze e questioni annesse: occupazione, assistenza, retribuzione e pensioni. Ne fa un accurato resoconto l’autrice di Prosperare in un’economia paritaria. Donne e lavoro. Ci vorrà molta forza per superare questo divario ingiustificato.
Le interviste di questa settimana per la serie Cambiamo discorso. Donne e ambiente sono due: alla filosofa Carla Danani e alla Presidente del Circolo di Legambiente di Fano, Pamela Canistro. Le risposte delle conduttrici del prossimo seminario offrono stimoli interessanti, soprattutto sulla necessità di riconoscimento del ruolo di grande responsabilità dei e delle docenti. Anche in Lgbtq+ e università. Combattere le discriminazioni e trovare la propria voce si ricorda il silenzio della scuola sui numerosi temi sociali e sui cambiamenti che stanno avvenendo. «La colpa principale è del lento e inesorabile smantellamento delle risorse e del mutamento dell’istituzione scolastica e universitaria da luogo del sapere e di formazione ad azienda che ha il solo compito di creare lavoratrici e lavoratori ultra-specializzati». Continuano le nostre serie: per Tesi vaganti, in L’influencer marketing. La valorizzazione dell’arte attraverso Instagram leggeremo di un lavoro interessante su due mondi apparentemente lontanissimi: i social e l’arte nei musei; per Nomi e luoghi, Novità nell’odonomastica al femminile in Toscana avremo modo di apprezzare una carrellata sulle intitolazioni femminili in questa regione, frutto della Campagna “8 marzo, tre donne, tre strade” e delle molteplici attività sul territorio della nostra associazione. Nella sezione Alimentazione, Le abitudini e le provviste alimentari nell’antica Roma si racconteranno la storia e la cultura alimentare dell’antica Roma attraverso l’archeologia e la letteratura, mentre per la Cucina vegana saremo invitate/i a sperimentare un piatto perfetto e molto saziante, ricco di vitamine e sali minerali, Insalata di spinaci, mela e noci. Chiudiamo con Israele contro Israele, recensione del numero di aprile della rivista Limes. Mai come oggi è importante conoscere quanto sta accadendo all’interno dello “Stato guarnigione”, anche alla luce della ripresa dei venti di guerra in questa parte del pianeta, con il risveglio della mai sopita questione israelo-palestinese. A tutte e tutti rinnoviamo il nostro augurio di pace, forza e gioia.
SM
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.
Pacata. Tranquilla.mai sopra le note
.con nome cognome e luoghi. Scivola via. Eppure è una denuncia gridata. Ti accorgi alla fine che quelle note di cronaca – perché Giusi è cronista vera- diventano un manifesto. Il manifesto della donna . Giusi descrive l’aria che tira per la donna di oggi. Ma alla fine della lettura avverti che quell’ aria sta cominciando a venire dal ieri. Giusi l’ha denunciato.in modo pacato. Tranquillo. Mai fuori delle note. Eppure era gridata. Questo è giornalismo.
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Carissimo amico parlando di quello che leggi di me mi dai e fai sempre una lezione di giornalismo, vero e grande. Sentire da te che ho colto il segno, che sono riuscita a fare i collegamenti giusti, qui come non mai, tra lo ieri e l’oggi, che cosi tanto gli sta somigliando, e che soprattutto.non c’è urlato mi dice cose belle sul lavoro fatto. Sulla passione per la cronaca che è la Storia del presente e va mostrata. Questo è un dovere fondamentale per chi fa questa professione . E tu ce lo insegni. Grazie!
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