Editoriale. Donna, vita, libertà. La disobbedienza civile

Carissime lettrici e carissimi lettori,
questa che sta finendo oggi è la settimana che segna la data delle morti immolate sui quattro aerei di linea e nei piani affollati di gente di due grattacieli in una New York rimasta sbigottita per sempre. Era l’11 settembre del 2001. In quei tragici minuti di 22 anni fa trovarono la morte tante persone: 2977 furono i morti e oltre 6.000 i feriti, oltre agli altri decessi accaduti per quella causa negli anni successivi, spesso per tumori o altre malattie. Americane e americani, stranieri e straniere in quel Paese che per noi è al di là dell’Atlantico, dove abbiamo trovato rifugio migratorio, fuggendo da un forte disagio sentito nella nostra terra di origine, come oggi succede qui da noi. Persone di qualsiasi credo religioso e convinzione politica. Tanti e tante erano nelle stanze, tra i corridoi, per le scale o sugli ascensori che portavano ignari ai piani dei due enormi palazzi newjorkesi del Word Trade Center, oggi celebrato nel Ground Zero. Altri e altre vittime erano i passeggeri/e dei quattro aerei delle due principali compagnie aeree statunitensi, ignari alla partenza di andare incontro alla morte.

È anche la settimana, nella sua odierna conclusione, che ci ricorda una ragazza, giovane e piena di vita, ma con una ciocca dei suoi capelli castani fuori dall’hijab, il velo obbligatorio, dal 1981, per tutte le donne iraniane o che lì si trovano. Proprio oggi, il 16 settembre di un anno fa, Mahsa Amini, appena ventitreenne, moriva, nello stesso mese che le aveva dato la vita (era nata il 21 settembre del 1999). Masha cedeva dopo un coma durato tre giorni, picchiata a morte dalla polizia religiosa, la polizia morale che le autorità locali hanno finto di cancellare. Perché i giorni successivi all’uccisione (tutti l’hanno intesa come tale) di Mahsa Amini le giovani e i giovani hanno riempito di coraggio le dimostrazioni nelle strade di Teheran e non solo. Le ragazze hanno tolto l’hijab e hanno tagliato simbolicamente una ciocca dei loro capelli. Lo hanno fatto anche i ragazzi, poi le madri che hanno perso i figli e le figlie durante le manifestazioni di protesta. L’hanno imitate le sorelle nel mondo. Durante un piccolo pugno di giorni le strade di Teheran, come altre parti del Paese, hanno contato innumerevoli vittime inneggianti la libertà. Secondo l’Iran Human Rights al dicembre del 2022 sono state uccise, dalle forze di sicurezza che attaccavano i e le manifestanti, almeno 476 persone. Amnesty International ha parlato di spari contro i/le manifestanti con proiettili veri, ma anche uccisioni con la forza distruttiva dei manganelli. Il mondo intero ha conosciuto di nuovo la situazione delle donne in Iran, seppure si sia un po’ (o del tutto) dimenticata, come nel triste gioco del chiodo schiaccia chiodo, quella delle consorelle afgane che hanno e stanno ancora soffrendo per l’arroganza maschilista, misogina, dei talebani.

Una storia bella riguarda un’altra ragazza iraniana che ha protestato contro il regime. È quella della scacchista Mitra Hejazipour esclusa dalla nazionale del suo Paese perché, durante le gare giocate a Mosca nel 2019, si era rifiutata di indossare l’hijab. Da questa brutta partenza è arrivata la sua fortuna perché conosce la cultura francese, ne ama la letteratura, da Victor Hugo a Zola ad Albert Camus. Mitra si naturalizza francese a marzo di quest’anno e a giugno arriva, sotto la bandiera francese, a vincere il titolo di campionessa. La sua è una vittoria per le donne e contro l’oscurantismo che regna in Iran. 

Questa è anche la settimana di riapertura della Scuola, quella che si dovrebbe scrivere con la maiuscola, per la cura che deve mettere nella formazione delle coscienze, del pensiero dei giovani e delle giovani di oggi. Perché i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze non sono gli uomini e le donne del domani, ma le persone del presente. Questo è un concetto molto importante da assimilare. Sapere che deve essere elaborato è sentirsi pronti e pronte a realizzarlo e a indirizzare questi nostri ragazzi e ragazze a vivere da subito la società che deve accoglierli/le da ora, da subito, proiettandoli/e nel domani.
La Scuola è stata definita come Presidio dello Stato sul territorio. Questa frase mi ha affascinato. L’ha detta, in un’intervista a un giornale scolastico, la dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Sperone-Pertini che si trova nella zona a sud di Palermo. Un quartiere difficile, come o di più di altri quartieri palermitani di frontiera, come Brancaccio o lo Zen. La dirigente della scuola palermitana, coraggiosa, raccolta, decisa, ma aperta al sorriso come all’aiuto mirato, si chiama Antonella Di Bartolo. Racconta di un suo pianto iniziale quando si rese conto che non c’era scritto sui libri di preparazione al concorso quello che ha dovuto affrontare per raggiungere quella posizione professionale: un atto di consapevolezza e grande capacità didattica e umana che le ha permesso di portare la dispersione scolastica dal 27 e passa per cento all’1%!
«Dietro ogni problema di dispersione scolastica ci sono vite umane», commenta la dirigente Di Bartolo, quasi rispondendo al decreto legge Caivano dedicato a questo complesso territorio, ma dimentico di quelle tante periferie italiane dove le luci accese dalle visite del Governo, dall’intervento scenografico delle Forze di polizia, dalla presenza della stampa, sono completamente spente, come in un tragico black out e non fanno eco di massa pur essendoci in tutta la loro sofferenza. Di Bartolo continua: «Giovani vite, ma anche più adulte, che sono quelle dei genitori. Non ci sono ricette e non c’è una procedura standard per contrastarla. Ma ci sono tanti modi e tante strategie che vanno dall’acquisizione o dal rafforzamento delle competenze disciplinari, per sentirsi a proprio agio nel contesto scolastico, alla creazione di un ambiente accogliente, piacevole e motivante in cui è bello stare. Moltiplicare occasioni e opportunità, attività curricolari e extrascolastiche, facendo leva sulla motivazione e sullo stare bene a scuola. Insomma, a scuola si fanno cose troppo belle per potermele perdere…» E dice poco?! La professoressa continua: «Stiamo anche provando a lavorare sulla qualità dei processi formativi, quindi al contrasto della dispersione scolastica ‘implicita’, quella relativa alla fragilità degli apprendimenti. Consapevoli che tutti i processi positivi, i circoli virtuosi che in questi anni si sono attivati, vanno sostenuti e nutriti. Non possiamo distrarci. Dobbiamo coltivare queste alleanze con i nostri bambini, le nostre bambine e le loro famiglie, con amore e cura, con una disposizione d’animo e professionale che ci consenta di mantenere e ulteriormente migliorare questi risultati… Si è lavorato sulla consapevolezza del diritto a frequentare la scuola, a partire dalla scuola dell’infanzia. Quando un diritto viene offerto, quel diritto viene riconosciuto ed è esercitato. In questo caso penso che la scuola abbia guidato i cittadini più adulti in un percorso di crescita e consapevolezza dei propri diritti di cittadinanza. Spesso si parla di bambine e di bambini come cittadini del futuro, invece loro sono cittadini dell’oggi, con pieni diritti. Questo lavoro è diventato significativo in un quartiere che non offre nulla per i bambini, in una città che non è a misura di bambino. E il quartiere Sperone lo è ancor meno». Poi un’idea bellissima, oserei dire geniale, un filo di lana al femminile che porta alla salvezza: «Il rapporto con le mamme e le nonne del quartiere è tra i legami più forti che la scuola ha stretto in questi 10 anni. Un elemento importante di questi 10 anni come preside allo Sperone, ma anche di mia crescita personale, è il rapporto con le persone, senza le quali non puoi cambiare nulla. Molte donne del quartiere sono figlie di una cultura patriarcale che le ha private della possibilità d’istruzione. Molte di loro hanno conseguito la terza media insieme a noi, preparandosi con l’aiuto delle insegnanti della nostra scuola e sostenendo l’esame di licenza media proprio all’interno dell’Istituto. Qualche volta insieme ai loro figli, studiando accanto a loro. Nel quartiere c’è anche il problema grandissimo dell’autodeterminazione delle donne, che passa dall’istruzione e dal reinserimento lavorativo. Gli asili nido su cui abbiamo insistito tanto, tuttora assenti, che non ci stanchiamo di chiedere per il quartiere, non riguardano il nostro Istituto Comprensivo, ma per noi fanno parte di quell’assunzione di responsabilità come amplificatore di voce del quartiere che la scuola ha interpretato in questi anni. Si combatte la violenza di genere non soltanto con la sensibilizzazione di uomini e donne al rispetto di sé e dell’altro o con l’educazione sentimentale e sessuale, ma anche assicurando alle donne delle condizioni di autonomia e indipendenza. Quest’autonomia che è anche fatta di fasciatoi, asili nido e servizi per la primissima infanzia. Nel quartiere ci sono donne che adesso lavorano, che sono anche cresciute nella consapevolezza di sé grazie alla scuola frequentata dai loro figli, e questo mi pare bello e importante. Abbiamo pensato a dei percorsi a loro dedicati e negli anni, uno dei progetti che ricordo con maggiore piacere, per il tipo di offerta data, è il progetto ‘Fa.C.E.’ (Farsi comunità educanti) promosso dalla Fondazione Reggio Children, finanziato per tre anni dall’impresa sociale ‘Con i bambini’: prevedeva percorsi di formazione per genitori e servizi educativi di qualità per la primissima infanzia 0-6 anni. Abbiamo potuto offrire attività di consulenza con pediatri e ostetrici, attività ludiche e anche educative con genitori e bambini insieme, gite in fattoria, massaggio infantile e danza in fasce e tanto altro»Che questo sia un buon auspicio per l’inizio dell’anno scolastico che si avvia. Auguri Scuola con tutte le tue mancanze: classi pollaio, edifici fatiscenti e pericolosi, dispersione scolastica, carenza di personale, che invece in realtà esiste. Tutti difetti da combattere e da risolvere. 

Ma i nostri auguri vanno ai e alle docenti con la speranza che la scuola si arricchisca sempre di più di professori, di docenti maschi, che toglierebbero quel vento di mestiere per donne che non si addice alla professionalità di tutti e tutte. Auguri alle e ai dirigenti scolastici e al preziosissimo personale presente in ogni scuola. Ma soprattutto l’augurio va alle ragazze e ai ragazzi di tutte le età che sappiano ricevere il messaggio di cultura che deve arrivare dalla Scuola, che deve essere lume di vista delle potenzialità di ciascuno e ciascuna di loro. Auguri tanti. Parleremo ancora di questa Scuola presidio dello Stato sul territorio! 

La poesia, che ci consola, è di una donna, una grande donna che ha dato tanto alla nostra riflessione sul mondo, Marguerite Yourcenar (1903-1987). Dedicata alla madre, Ferdinande de Cartier de Marchienne, che morì di setticemia dieci giorni dopo averla data alla luce. Un atto d’amore. 

Tanti gli argomenti urgenti sociali, etici ed estetici sono rimasti fuori da questo editoriale di memoria e di futuro. Ne parleremo. Parleremo di Venezia al femminile, parleremo delle troppe morti cosiddette bianche, parleremo dei migranti, del cinema che ne ha parlato, sempre a Venezia, dei tanti minori non accompagnati venuti dal mare. Parleremo ancora tanto di Scuola. 
Parleremo di Enzo Jannacci a dieci anni dalla morte, cantante, cantautore, cabarettista, attore e medico generosissimo. Dieci anni fa, il primo giorno di primavera, ci ha lasciato anche Pietro Mennea, il ragazzo con le ali ai piedi, la Freccia del Sud, che conquistò quattro lauree e il terreno dei suoi venti anni di agonismo e di medaglie, una grande lezione di vita.  

Tu non saprai giammai

Tu non saprai giammai che la tua anima viaggia
come in fondo al mio cuore, un dolce cuore accolto;
e che niente, né il tempo, né altri amori, né l’età,
mai offuscheranno il fatto che tu sia stata.

Che la bellezza del mondo ha preso il tuo volto,
vive della tua dolcezza, splende della tua chiarità,
e che quel lago pensieroso in fondo al paesaggio
mi ridice soltanto la tua serenità.

Tu non saprai giammai ch’io reggo la tua anima
come una lampada d’oro che mi fa luce mentre cammino;
che un poco della tua voce è passata nel mio canto.

Dolce fiaccola, i tuoi sprazzi, dolce braciere, la tua fiamma
mi insegnano i sentieri che tu hai percorso,
e tu vivrai un poco, perché ti sopravvivo.

Marguerite Yourcenar 
Da I doni di Alcippe, Bompiani 1987

Buona lettura a tutte e a tutti. Auguri ancora alla nostra Scuola.

Tempi di grandi mutamenti nelle relazioni internazionali sono quelli che stiamo attraversando. Per presentare gli articoli di questo numero partiamo proprio da L’espansione dei Brics. Un altro ordine mondiale è possibile? il resoconto del Forum, tutto al maschile, della fine di agosto. In questi “tempi interessanti”, come li definiscono i cinesi, c’è un assoluto bisogno di pace. La donna della serie Calendaria 2023Leymah Gbowee. Nobel per la Pace ce lo ricorda con la sua vita e il suo impegno, proprio come Rim Turkmani. Astrofisica e attivista sirianaraccontata dall’autrice della rubrica Donne musulmaneLonging for Sarajevo, inveceè la descrizione, intrisa di nostalgia, di una città che era stata capace di far convivere tra loro «pacificamente per secoli genti cristiane ortodosse e cattoliche insieme a gruppi di musulmani, di ebrei sefarditi e ashkenaziti» e a cui la guerra nella ex Jugoslavia ha cambiato destino.

Sui pregiudizi e la condizione delle donne possono insegnarci tanto i miti. Per Grecità questa settimana incontriamo Medea, da moglie a concubinain un articolo che mette in luce i valori e la mentalità patriarcali che animano questa donna, secondo cui la difesa dell’onore viene prima di quella della vita.

I viaggi delle donne ci appassionano da sempre e questa volta avremo di che gioire con l’articolo Sul Kilimangiaro con May French Sheldonche descrive una scienziata, sapiente narratrice e avventuriera, l’intervista a Iaia Pedemonte Libere viaggiatrici cercasi e anche, in parte, con un taglio più economico e politico, Le Mukheriste e il commercio transfrontaliero.

Veniamo ai consigli di lettura e di cinema: 1973. Cinema americano e cinema europeo a confronto è la bella carrellata sui film dell’anno che ci ha regalato, tra le altre, pellicole come Pat Garret e Billy the Kid, The Godfather (Il Padrino) Scene da un matrimonio e Sussurri e grida. Il primo libro che recensiamo è In questi tempi di fervore e di gloria. Vita di Gaetano Azzariti, magistrato senza toga, capo del Tribunale della razza, presidente della Corte costituzionale di Massimiliano Boni. Ce ne parla, incuriosendoci, l’autrice dell’articolo Il caso Azzariti. L’ultima segnalazione riguarda il libro di Rita Alù L’altra metà dell’arte. Una storia tutta da riscrivere, recensito dall’autrice di Una storia, nell’arte, tutta da riscrivere, in cui scopriremo tante splendide artiste colpite dalla damnatio memoriae e dalla misoginia di molti uomini.

Per Tesi vaganti conosceremo un libro tra i più interessanti per le tematiche a noi care, di una grande scrittrice, con July’s People. Non solo impegno politico.

Nel nostro ultimo Convegno nazionale, lo scorso anno, abbiamo affrontato il tema della medicina di genere. Riprendiamo e approfondiamo questo discorso con La Newsletter dell’ISS sulla medicina di generefonte di preziose indicazioni che ci aiutano nel nostro diritto a essere informate e curate come donne. 

Chiudiamo la nostra rassegna con una ricetta che potrebbe far discuterePer la sezione La cucina vegana presentiamo la Pasta con le cozze (?) e fagioli cannellini. La discussione fa bene alla democrazia. E allora: buona discussione e buon appetito a tutte e tutti.
SM

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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpretiSiamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

Un commento

  1. Tutto parla di donne. Comincia con il coraggio, quello delle donne laggiù. E finisce con il sacrificio di una donna che muore mettendo alla luce una figlia. Una panoramica molto interessante con quel taglio giornalistico che così mi piace di Giusi.
    Tutto bello. Un meraviglioso omaggio alla donna.Ma l’omaggio più bello è quello in cui si esalta- è la prima volta che lo scopro, brava Giusi- il ruolo delle donne ,terza media, madri e nonne nel quartiere di Palermo per fermare la fuga dalla Scuola e formare ragazzi e ragazze. Un applauso.

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