Carissime lettrici e carissimi lettori,
tra auguri, doni, cene, pranzi, improbabilmente pacifici, petardi e pistole… vaganti, le feste sono finite. Come detta il famoso e fortunato andante: «l’epifania tutte le feste le porta via». Questa, però, è la più dedicata alle bambine e ai bambini, almeno qui in Italia, stavolta con un vezzo autarchico che risuona coi tempi. Oggi, certo, il mercato dei doni si mostra un po’ affollato e confuso, tra santi e sante, da Santa Lucia a Santa Claus e a San Nicola, con l’aggiunta di un Babbo Natale tutto vestito di rosso, scoperta recente di una bevanda arrivata da oltreoceano, che spesso sfugge al ricordo di molti e molte di noi.
Festa ambigua però questa dell’Epifania. Sarebbe antica, perché la ritroviamo in Grecia così come l’etimologia del suo nome (ἐπιϕανεια, manifestazione). Veniva usata dai greci per indicare l’azione d’una divinità, invisibile, ma presente, che si manifestava con un segno qualsiasi, come una visione, un sogno, un miracolo, per mostrarsi. Così in un’edizione datata 1932 dell’Enciclopedia Treccani (firmata da tre studiosi Umberto Fracassini, Giuseppe De Luca, Giuseppina Soave) è scritto: «Nelle iscrizioni si ricordano le epifanie di Zeus a Pergamo, di Artemide in Efeso, Cnido, Magnesia, ecc. Quindi è che anche i Giudei ellenistici parlano talvolta delle epifanie di Jahvè, come i Settanta (II Re, VII, 23) e l’autore di II Libro dei Maccabei (III, 24, ecc.). In modo speciale si pensa che Dio manifesti sé stesso con l’aiuto e la protezione prestata ai suoi devoti… Altre volte Epifania si adopera nello stesso senso di parusia (παρουσία, venuta), quando cioè si dice d’una divinità, la quale, dopo un’assenza, si rende presente in modo manifesto. Così nelle feste trieteriche di Dioniso si credeva che il nume, rimasto lontano per lo spazio di due anni (probabilmente nel regno dei morti), nel terzo ritornasse tra i suoi devoti, radunati per la festa, e li invadesse col suo furore».
Poi l’enciclopedia continua rivolgendo lo sguardo alle chiese: «Vari sono i nomi con i quali nelle chiese orientali e occidentali viene designata questa festa, che si celebra oggi universalmente il 6 gennaio: τὰ ἐπιϕάνια, oppure ἡ ἐπιϕάνιος[ἡμέρα], oppure ϑεοϕάνεια, e anche ἡ ἑορτὴ τῶν ϕώτων (cioè, rispettivamente, le manifestazioni, il giorno manifestativo, manifestazioni divine, festa delle luci). In Occidente è chiamata festivitas declarationis da Leone Magno (Serm. de epiphania), e manifestatio da Fulgenzio (Paty. Lat., XLV, 732); in Ammiano Marcellino (XXI, 2) troviamo: feriarum die quem celebrantes mense januario christiani Epiphania dictitant. Da codesti nomi risulta chiaro il significato essenziale della festa cristiana: ricordo e celebrazione delle manifestazioni principali che Cristo ebbe a fare della sua divinità. In realtà, queste manifestazioni nella liturgia attuale sono ridotte al battesimo di Gesù nel Giordano, alla sua adorazione da parte dei Magi, al primo suo miracolo: tutte e tre codeste manifestazioni possono vedersi esplicitamente ricordate nell’antifona al Benedictus. Ma per il popolo, in Occidente, ormai la festa non ricorda se non la venuta e l’adorazione dei Magi; e questo senso popolare ha un fondamento, oltre che nell’attuale liturgia latina, la quale in realtà si diffonde più su questa che non sulle altre manifestazioni, anche nella storia… Se infatti alcune antiche attestazioni documentarie ricordano la festa come quella del battesimo di Gesù, non poche parlano solo della venuta dei Magi, nei sermones per il giorno; particolarmente i documenti occidentali (S. Agostino e S. Fulgenzio, il Sacramentario Gelasiano). In Oriente, invece, e, pare, per i primissimi tempi in Occidente, il mistero in vista era ed è il battesimo di Gesù». Comunque, una cosa è certa: il Natale e l’Epifania furono in realtà due feste che, non attestate nel sec. I della Chiesa, cominciano ad apparire vagamente nei secoli II e III, «nel corso del sec. IV, in una data che non si può precisare, cominciarono ad essere celebrate dappertutto».
Ma torniamo ai bambini e alle bambine. Torniamo alla calza riempita di dolci (non parliamo ora del carbone). Torniamo ai desideri e ai regali, alle notti sognate. E cerchiamo nel cielo questa vecchina che cavalca una scopa, tentiamo di capirne le origini, i risvolti, i cambiamenti, se ci sono stati. I tempi trascorsi e l’oggi con le tradizioni locali, fortissime a Roma (la Befana di piazza Navona), è sentita molto anche a Napoli, a Verona e a Pistoia. Ma soprattutto è festeggiata nelle Marche dove, a Urbania, esiste la casa della Befana e l’ufficio postale per le letterine dei bimbi e delle bimbe che le scrivono per i doni. In più a Urbania ogni 6 gennaio la Befana scende ritualmente dalla torre del comune o dal campanile del duomo come si replica in altre città, per esempio a Pistoia. A Verona, a piazza Brà, si svolge il Rogo della Vecia. Stessa cosa nel territorio bolognese (a Bologna città si dà preminenza al corteo dei Magi): a San Matteo della Decima e a San Giovanni in Persiceto al calar della sera vengono bruciati grandi fantocci fatti di paglia pressata in diversi roghi nelle campagne e nelle strade. La Befana brucia al grido popolare di «A brùsa la Vècia!».
La vecchina della tradizione popolare; dunque, tipicamente italiana e poco conosciuta nel resto del mondo, ha in realtà poco a che fare con il mondo cristiano. Si tratta di una figura un po’ a sé che affonda le radici nei riti propiziatori pagani legati al solstizio d’inverno e al raccolto dell’anno nuovo.
La definizione la vuole brutta, molto anziana che «vien di notte con le scarpe tutte rotte» a cavalcioni di una scopa, quella di una volta, di saggina. Qualcuno vuole che sia stata una signora incontrata lungo la strada dai Re Magi, altri attori principali di questa giornata e del presepe. I Re, in realtà, erano saggi sacerdoti zoroastriani, studiosi delle stelle e, quindi, in cerca della Cometa. All’inizio l’anziana signora non avrebbe accettato, invitata, di seguirli. Poi, sempre secondo il racconto, si sarebbe industriata a cercarli. Avrebbe chiesto, così, a chiunque incontrava se qualcuno/a avesse visto i tre (ma sembra realmente fossero molti di più) saggi astronomi orientali. Domanda dopo domanda, avrebbe iniziato a lasciare doni ai bambini e alle bambine per ringraziare delle indicazioni ricevute elargendo leccornie di ogni tipo cacciate fuori da un cestino che si era portata con sé.
Ma la Befana è anche un simbolo di evoluzione al femminile. Ricorda per tanti versi le Streghe, le donne bruciate dall’Inquisizione per la loro libertà di pensiero e per non rimanere nei ranghi imposti alle donne dalla società. E poi è «single, ecologica, femminista», come titola un quotidiano facendola vincitrice su Babbo Natale. Gianna Fratta, conosciutissima nel mondo, direttrice d’orchestra e pianista, Cavaliere della Repubblica italiana, docente e divulgatrice, aggiunge alle definizioni di cui sopra anche quella di “viaggiatrice” con l’accento sul “solitaria” che caratterizza la vecchina a cavallo della sua scopa.
Ritorniamo ai bambini e alle bambine (oltre a ricordare qui con affetto l’anno passato dalla scomparsa di Belotti, autrice del fondamentale saggio Dalla parte delle bambine). Ritorniamoci non solo perché protagonisti/e della festa di oggi, ma con l’attenzione alla loro educazione. Senza dimenticare l’affanno che ancora ci prende vedendo l’infanzia ancora inesorabilmente vittima inconsapevole e incolpevole di troppe violenze umane: guerre prima di tutto e poi violenze familiari, dirette e indirette, indifferenze sociali.
Sfogliando giornali e riviste ho trovato un articolo del grande maestro Lorenzoni che ci indica, insieme a pochi altri/e le strade interessanti per le nuove generazioni. L’articolo sottolinea un bisogno dell’infanzia, una scoperta che, come indica lo stesso autore, diventa una surprise: «Nessuno si accorge che i bambini hanno molto più bisogno di dare che di ricevere — scrive Lorenzoni citando una frase del pediatra e psicanalista inglese Donald Winnicott —. Lo scriverei in grande sulla parete delle nostre aule non per farla leggere ai nostri allievi, ma per ricordarcela sempre noi insegnanti. Se la prendiamo sul serio, ci accorgiamo che invita a un cambiamento radicale nella nostra postura educativa». Vale a dire che i bambini e le bambine, anche quelli/e che scrivono alla Befana per ricevere doni, hanno un immenso bisogno di dare, di raccontare chi sono attraverso oggetti e storie che appartengono al loro tessuto personale. «Sostenere che il bambino ha più bisogno di dare sottolinea infatti l’evidenza, spesso trascurata da noi adulti, che ciascuna bambina o bambino porta sempre qualcosa con sé, che spesso ha il desiderio di condividere con altri. Il problema è che non si può offrire ciò che si ha con sé o dentro di sé in assenza di qualcuno che si accorga e sia capace di accogliere il dono che portiamo, qualcuno che ci ascolti con sensibilità, curiosità e attenzione». Così, in visita in una scuola belga con bambini e bambine diversamente abili, il maestro Lorenzoni vede venire fuori la surprise che diventa utile per tutti/e le ragazzine e ragazzini: «Il medico belga, nel prendersi cura con straordinaria sensibilità di bambine e bambini con gravi disabilità, sperimentò negli anni tecniche educative che si rivelarono assai efficaci per tutti, come era accaduto negli stessi anni a Maria Montessori. La prima che mi colpì — scrive Lorenzoni — riguardava la surprise, la sorpresa che allieve e allievi erano invitati a portare con loro al mattino arrivando a scuola. Il bambino portava con sé un oggetto trovato lungo il cammino o portato da casa e Decroly suggeriva alle e agli insegnanti di partire da quel dono, cercando cosa ci si potesse fare riguardo alla langue e alla mathématiques. L’apprendimento della lingua e della matematica dovevano insomma partire da un suggerimento portato dai bambini. Un bello stimolo alla creatività dei docenti, che dovevano immaginare al volo come far entrare in relazione e in risonanza l’oggetto donato con ciò che desideravano che la classe apprendesse… Se diamo spazio e tempo almeno una o due mattine alla settimana a un momento da dedicare a questo tipo di doni creiamo una occasione per rendere visibile la relazione viva che bambine e bambini anche piccoli hanno con quel frammento di realtà trovato e scelto, che può venire dalla natura, dal mondo esterno o dal loro ricco mondo interiore. Ma per rendere condivisibile quel frammento dobbiamo creare un contesto di ascolto collettivo in grado di cogliere il dono e valorizzarlo, dandogli spazio e respiro. E questa è una responsabilità che ci dobbiamo assumere noi adulti. Si tratta allora di delineare i contorni di un piccolo rito laico, di un’azione concreta in grado di permettere a tutte le bambine e bambini di sentirsi ascoltati e accolti nello scambio di qualcosa di intimo e personale. Un modo di presentarsi o ripresentarsi agli altri, che può contribuire grandemente alla trasformazione della classe in comunità… Sviluppare l’arte del ricevere credo ci possa aiutare perché spesso, pressati da mille incombenze e in ansia verso ciò che giustamente sentiamo necessario insegnare, ci scordiamo quanto sia importante, per apprendere felicemente, pensare che la lingua e la matematica siano strettamente legate anche a qualcosa di insolito che noi abbiamo trovato, pensato e proposto.» (Territori educativi). Ci sembra proprio un bel dono di cui tener conto per farlo trovare nella magica calza riempita questa notte dalla vecchina della fantasia, più vera che mai.
Vogliamo donare a tutte le bambine e i bambini del mondo la poesia/consolazione di oggi, festa della Befana e di chi crede nella sua forza di fantasia. Iniziamo ad ascoltare e leggere insieme una dolce canzone di Pino Daniele dedicata alla figlia Sara, ma estensibile a tutti i figli e le figlie del mondo. Non poteva poi mancare Rodari, con le sue filastrocche, sempre impegnate e politiche, necessarie per la strada della fantasia e della didattica.
Sara non piangere https://www.youtube.com/watch?v=0IUJI4_2QkE
Sara… non piangere
Tienimi chiuso dentro questa stanza
Rompi i tuoi giochi contro l’arroganza del mondo
Che è pieno di…
Cose inutili da fare
Cose inutili da dire
Quante cose inutili abbiamo nella testa
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Sara… devi crescere
Imparerai a guardare il cielo
Ad inseguire un sogno vero
Nelle cose della vita
Cose inutili da fare
Cose inutili da dire
Quante cose inutili abbiamo nella testa
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Sei così fragile
Sei così fragile
Sara, Sara…
Sara, Sara…
Cose inutili da fare
Cose inutili da dire
Quante cose inutili abbiamo nella testa
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Sara, Sara…
Sara, Sara…
Cose inutili da fare… yeah, yeah
Cose inutili da dire
Quante cose inutili abbiamo nella testa
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Ma il tuo sorriso resta… In the middle of the night
Fonte: LyricFind
Compositori: Giuseppe Daniele
Testo di Sara © Sony/ATV Music Publishing LLC
Voglio fare un regalo alla Befana
La Befana, cara vecchietta,
va all’antica, senza fretta.
Non prende mica l’aeroplano
per volare dal monte al piano,
si fida soltanto, la cara vecchina
della sua scopa di saggina: beh
è così che poi succede
che la Befana… non si vede!
Ha fatto tardi fra i nuvoloni,
e molti restano senza doni!
Io quasi, nel mio buon cuore,
vorrei regalarle un micromotore,
perché arrivi dappertutto
col tempo bello o col tempo brutto…
Un po’ di progresso e di velocità
per dare a tutti la felicità!
Alla Befana
Mi hanno detto, cara Befana,
che tu riempi la calza di lana,
che tutti i bimbi, se stanno buoni,
da te ricevono ricchi doni.
Io buono sono sempre stato
ma un dono mai me l’hai portato.
Anche quest’anno nel calendario
tu passi proprio in perfetto orario,
ma ho paura, poveretto,
che tu viaggi in treno diretto:
un treno che salta tante stazioni
dove ci sono bimbi buoni.
Io questa lettera ti ho mandato
per farti prendere l’accelerato!
O cara Befana, prendi un trenino
che fermi a casa d’ogni bambino,
che fermi alle case dei poveretti
con tanti doni e tanti confetti.
Gianni Rodari
Buona lettura a tutte e a tutti e auguri agli amici e amiche di credo ortodosso per il Natale di domani.
Di arte, musica, donne coraggiose e poco conosciute che hanno “preso parola” e realizzato opere ambiziose in diverse parti del mondo, di diritti civili delle persone non binarie, geopolitica e matematica leggerete in questo primo numero dell’anno della nostra rivista. Iniziamo con il Buon anno toponomastico, in cui la segretaria di Toponomastica femminile relaziona le attività e i progetti realizzati nel 2023 dalla nostra associazione, grazie all’impegno volontario di tanti e tante associate e delle persone del nostro Direttivo.
«La vita è il solo modo/ per coprirsi di foglie, /prendere fiato sulla sabbia/sollevarsi sulle ali.» Le parole di una grande poeta, Wislawa Szymborska, tratta dalla raccolta Poesie scelte ci guidano nella lettura degli articoli. Sono infatti tante le figure femminili che si sono “sollevate sulle ali”, in varie parti del mondo e in contesti diversi, di cui racconteremo. La prima, Elena Gianini Belotti, è ben descritta dall’autrice di Dalla parte delle bambine e delle donne, che ne evidenzia l’importanza fondamentale per la pedagogia di genere ma soprattutto la produzione letteraria, che attende ancora di essere pienamente apprezzata. Francisca e le straordinarie capitane di Cuisnahuat è la storia bellissima degli effetti prodotti in Ecuador dal coraggio di una giovane che ha osato «prendere la parola», tracciando strade per altre donne, mentre Lorenza Marzo. Imprenditrice sociale in Tanzania è l’esempio di quello che si riesce a raggiungere se si aprono le ali e si segue il proprio cuore, non accontentandosi di un destino già pensato per noi. Un po’ come ha fatto la studiosa d’arte contemporanea e femminista Rocío de la Villa che ha curato la Mostra Maestras allestita a Madrid, riuscendo finalmente a far uscire dai magazzini le moltissime opere di artiste ingiustamente oscurate. Il suo percorso di riscoperta del femminile nell’arte è raccontato in Una carrellata di Maestre. Ildegarda di Bingen, la prima musicista di “Calendaria 2024” è stata una monaca benedettina che non ha avuto esitazioni a spiegare tutte le potenzialità della sua personalità poliedrica e ci ha lasciato una musica sublime. Fotografe viaggiatrici. Le rivoluzionarie. Parte prima ci farà apprezzare l’impegno politico di tante donne che, nel XX secolo, hanno scelto di mettersi dietro la macchina e documentare una realtà di forti cambiamenti. Anche la protagonista del libro oggetto della recensione di questa settimana, La parete, osa fare una scelta radicale, analizzata in Sopravvivere e resistere: «un viaggio senza ritorno nella solitudine, al riparo dagli uomini, protetta dalla natura». Un cult ecologista e femminista, che ha precorso i tempi con grande lungimiranza.
Le relazioni di questo numero sono due: nella Sezione LGBTQI+ quella sulla Tavola Rotonda online del 27 novembre scorso, TransTable, che fa il punto sull’attivismo per il riconoscimento dei diritti civili delle persone trangender in Italia, e nella Rubrica Arti visive quella contenuta nell’articolo Cultura manifesta.
Di questi tempi non si fa che parlare ovunque di Intelligenza artificiale. Le Intelligenze dell’Intelligence. Il primo numero di dicembre di Limes approfondisce i rapporti coi servizi di spionaggio e i rischi di questa intelligenza per la sicurezza delle nostre nazioni. Alla base di questa nuova intelligenza che deve essere ben guidata dagli esseri umani e che è suscettibile di errori c’è la matematica. Sarà illuminante leggere l’articolo La matematica e le donne, per aprirci gli occhi sulle cosiddette discipline Stem e Steam, con lo sguardo libero e critico verso la narrazione mainstream di una docente che mette in luce tutti i fraintendimenti nelle interpretazioni delle statistiche.
Il 2024 di vitaminevaganti inizia con nuove collaborazioni e una nuova serie. Confetti fantasia è il primo racconto breve di un Laboratorio, che abbiamo deciso di intitolare Flash-back. Ci auguriamo che con la sua leggerezza possa divertirci e farci pensare.
Chiude la rassegna di questo numero un approfondimento sulla cucina vegana, con l’articolo istruttivo Il tofu. Un alimento misterioso?
A tutte e tutti un augurio di pace.
SM
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

Dalla parte di..
Qualcuno dirà: delle donne degli emarginati degli uomini. Sbagliato. Dalla parte dei bambini. Toh,i bambini. Ci sono anche loro. I bambini giudicati sempre come destinatari di messaggi. Per la prima volta sono loro che chiedono di essere ascoltati. Hanno tanto da dire. Solo una giornalista attenta e sensibile come Giusi poteva avere l’idea di rilanciare questo rivoluzionario messaggio del maestro Lorenzon. E Giusi così esalta la figura nobile del.maestro. figlio di un maestro e di una maestra ringrazio.
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Io ringrazio te Luciano per le parole che sempre mi dedichi. Sono contenta di aver toccato una corda familiare e di aver ricordato la importante figura delle maestre e dei maestri, credo tra le persone più importanti della vita di ciascuno/a di noi. Mi ricordo il primo incontro con Piera Degli Esposti. Leggeva da una delle Torri bolognesi Dalla. E del suo carissimo amico Lucio ha letto una lettera in cui lui le diceva che senza i loro due maestri delle elementari non sarebbero stati loro, non avrebbero raggiunto le loro mete artistiche. Bello vero? Grazie ancora e un grande auguri alla tua grande donna!!!
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