Nella lotta per la sopravvivenza si cerca sempre il capro espiatorio: sempre in quello che sta peggio di te. E chi più dei rom si trova “sotto”? Un popolo odiato, stereotipato, ghettizzato, insultato, e chi più ne ha più ne metta… Non ho mai avuto pregiudizi nei loro confronti, ma come la maggior parte delle persone non li conoscevo se non per i soliti luoghi comuni. La curiosità e qualche incontro personale avvenuto quasi per caso mi hanno incuriosito e mi hanno spinto a volerne sapere di più. Di mestiere faccio il videomaker e il pensiero di documentarmi meglio e di fare un lavoro su di loro, spiegando alle persone chi realmente sono, da dove vengono, cosa sanno fare e cosa fanno, mi è sembrato necessario, imperativo. Di questi tempi, con i fatti di Torre Maura (e non solo), il dovere mi sembra ancora più forte e qui voglio raccontarvi della gente che ho incontrato per mettere a punto il mio lavoro.
Sono passati quattro anni da quando ho deciso di intraprendere questo percorso di conoscenza del popolo rom e ho realizzato il documentario che racconta il lato sconosciuto di questo popolo affascinante e misterioso. Per due anni ho preso contatti con varie realtà del mondo rom in Italia e ho letto vari libri per capirne la provenienza, la storia e la cultura. Mi si è aperto un mondo e ho imparato a guardare i rom da un altro punto di vista. Il docufilm venuto alla luce si chiama Opre Roma! che in lingua romanes è un’esortazione, un invito ai rom a camminare a testa alta. Viene raccontata la storia, l’arte e la cultura dei rom attraverso la loro stessa testimonianza diretta. La narrazione è affidata a Santino Spinelli, un rom italiano di antico insediamento, plurilaureato, docente universitario e musicista di fama internazionale.
Ma come? Un intellettuale rom?… Certo! Tra i protagonisti, per il mio lavoro, ho incontrato anche Dijana Pavlovic, attrice e attivista che si batte quotidianamente in Italia e all’estero per i diritti di Rom e Sinti. Musli invece fa l’operaio: ha vissuto sedici dei suoi trentuno anni di vita in un campo rom di Foggia, poi con la famiglia ha trovato il coraggio di uscire di sua iniziativa dal campo e si è ricostruito una vita trovando un lavoro e una casa. Sposato e con un figlio, da tre anni ha fondato un’associazione (Stay Human) che aiuta i profughi siriani e di altre guerre costretti a vivere nei vari campi di permanenza sparsi tra la Grecia e i Balcani. Concetta è una stilista di Isernia e Ivana un’educatrice e ballerina di Torino. Rebecca invece a dodici anni era ancora analfabeta, ma a diciannove si è diplomata al liceo artistico, ha pubblicato un paio di libri, fa teatro, canta lirica e suona il violino al Conservatorio… Potrei scrivere pagine e pagine e raccontare di rom che conosco personalmente, che vivono storie di successo o di assoluta normalità, lontani dalla problematica sociale (che però hanno vissuto loro malgrado) che viene associata sistematicamente agli Zingari. La problematica sociale esiste, bisogna essere onesti. Ma pochi sanno che riguarda una minoranza del popolo rom. In Italia la popolazione romanì conta circa 180.000 persone. Di queste, 100.000 sono rom e sinti, italiani a tutti gli effetti. Discendenti da famiglie insediate in Italia da secoli e secoli. Hanno nomi italiani (Spinelli, Antonelli, Ballarini, Orfei, Togni, Medrano, Barbetta, Spada, ecc.) e magari sono tuoi, nostri vicini di casa e non lo sappiamo. Altri 50.000 circa sono rom che provengono dall’est Europa e vivono vite più o meno normali in case o appartamenti. I restanti 30.000 vivono segregati nei campi sparsi tra nord e sud Italia. Per loro è difficile, per non dire impossibile, trovare riscatto. Chi darebbe lavoro o una casa a una persona che vive in un campo? Cacciarli però non è una soluzione. Significa solo spostare un problema da una parte all’altra. Serve un progetto serio di inclusione sociale che però deve partire dalla conoscenza e dalla fiducia reciproca. Più facile a dirsi che a farsi, d’accordo, ma è l’unica via percorribile…
Personalmente sto male ogni volta che vedo gente accanirsi contro i rom. Sto male a vedere calpestare il pane destinato a delle persone (non dimentichiamoci che la parola rom vuol dire uomo, nella sua accezione di umanità)… Sto male a vedere gente tendere il braccio e fare il saluto romano per respingere altra gente che si reputa sgradita…
Poi però appare nelle cronache un ragazzino, di appena quindici anni, Simone, che senza timore, in mezzo ad una folla apparentemente consenziente e a un gruppo di persone provocatrici ha il coraggio di dire la sua, fa sentire, a chi sta parlando e ascoltando, come la pensa, in modo semplice e chiaro: State a fa’ leva sulla rabbia della gente per racimolare voti. ‘Sta cosa di anda’ sempre contro le minoranze a me nun me sta bene.
Bravo Simone! Il tuo sguardo fiero come il sorriso di Manuel, la promessa del nuoto che ha visto svanire il suo sogno per mano di due giovani senza sogni, il coraggio di Adam e Rami e la forza di Greta sono la nostra speranza per il futuro.
Articolo di Paolo Bonfanti
Illustratore, designer e grafico/creativo, in ambito professionale realizza spot aziendali, videoclip, reportage e cortometraggi, sia in completa autonomia che in squadra, curando regia e post produzione di progetti più complessi. L’ultimo film documentario, auto prodotto e auto distribuito, è “Opre Roma!”. Lavora come “Calamari Union Video”, nome scelto per omaggiare il regista Aki Kaurismaki.