Le società, nel tempo e a latitudini diverse, hanno interpretato e alimentato le differenze tra il maschile e il femminile.
Dalle culture primitive della Guinea fino alla nostra cultura occidentale si può indagare il rapporto tra i generi e la concezione dei ruoli di genere in culture diverse, constatando che ciò che le donne e gli uomini sono, quali tipi di relazioni si instaurano o si dovrebbero instaurare tra loro, non sono elaborate a partire da dati biologici ma sono sostanzialmente prodotti dei processi sociali e culturali.
Esiste una sorprendente molteplicità di modi con i quali società diverse, in momenti determinati della loro storia, hanno pensato, rappresentato, operato una distinzione di caratteristiche psico-attitudinali, politiche e sociali tra esseri umani, secondo la quale alcuni sono riconosciuti come donne, altri come uomini.
Con il ricorso ad alcuni casi etnografici possono essere indagate le relazioni dialettiche fra genere e sesso, nella direzione del superamento di stereotipi comportamentali che spesso ancora oggi limitano le scelte e le realizzazioni individuali.
Il sociologo Pierre Bourdieu, nel suo libro Il dominio maschile, riferendosi alla cultura androcentrica dei Cabili in Algeria, afferma che chi può o deve manifestare apertamente emozioni, passioni, sottomissione è riconosciuta come donna, chi invece può o deve esercitare razionalità, competitività, governo è visto come uomo e Bourdieu definisce ciò come una “violenza simbolica” che fa apparire “naturale”, a partire da caratteristiche del sesso biologico, ciò che invece è una costruzione sociale.
L’antropologa Margareth Mead, nel suo libro Sesso e temperamento, dimostra che tre popolazioni della Nuova Guinea, appartenenti alla stessa area geografica – Arapesh, Mundugumor e Ciambuli – presentano caratteri comportamentali considerati maschili o femminili molto diversi tra loro e indipendenti dal sesso di nascita: fra gli Arapesh prevale l’educazione e l’apprezzamento di un temperamento mite e accogliente per entrambi i sessi, per i Mundugumor è l’aggressività e la forza a essere presente e incentivata in entrambi i sessi, mentre nei Ciambuli prevale la supremazia maschile e la sottomissione delle donne.
Questioni come quella del sesso1, dunque, che sembrano possedere una salda connotazione biologica, naturale e metastorica, non si sottraggono a un orizzonte fatto di pratiche e manipolazioni sociali.
In copertina, Margaret Mead, 1950
Articolo di Danila Baldo
Docente di filosofia e scienze umane, coordna il gruppo diade e tiene corsi di aggiornamento per docenti. È referente provinciale per Lodi dell’associazione Toponomastica femminile; collabora con l’UST e il Comune di Lodi sui temi delle politiche di genere, con IFE-Iniziativa Femminista Europea e con Se non ora quando? È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009.