Io e il seno

Io e il seno…la donna e il suo seno: questo oggetto misterioso, evocativo, seducente ma ingombrante. Chi potrà mai dire l’ultima sul seno?

Alberto Moravia negli anni Settanta aveva pubblicato un libro dal titolo Io e lui, dove il lui era il suo prepotente organo sessuale, sempre desideroso di essere soddisfatto, sempre pronto a indicargli la direzione da prendere. Questo lui che, incessantemente, dialoga con Rico, il protagonista spiegandogli, ad esempio, perché le gambe chiuse sono oscene: perché pur essendo così chiuse, cioè strettamente serrate, in un certo modo sfidano ad aprirle. Come le valve delle ostriche, di cui si sente che custodiscono qualche cosa e che si opporranno con tutta la loro forza a uno che le apra, e per questo appunto ispirano desiderio di aprirle per vedere cosa difendono con tanta gelosia. 

Il romanzo continua con questo dialogo incessante e, chi vuole, potrà trarne una utile occasione per rileggerlo. Io ho pensato di parafrasare quel titolo, a proposito del seno, perché sono rimasta profondamente colpita dalla censura che ha subito una madre, colpevole di allattamento in luogo pubblico. Sgombriamo subito il campo: non si riesce a venire a capo di una misteriosa dicotomia. Come mai il corpo delle donne, in tutto o in parte, può essere utilizzato velato o scoperto nei cartelloni pubblicitari anche per vendere delle semplici mentine e, di contro, desta tanto clamore se, in maniera autonoma, una mamma allatta il proprio bebè? Forse l’enigma risiede in una doppia verità che è insita nel seno femminile e non nel lui di Moravia…  chissà. Infatti, in quest’ultimo caso si dà per scontato che l’organo sessuale maschile ha una natura, per certi versi, più ovvia mentre il seno delle donne ha una doppia vocazione: erotica e nutrizionale, se vogliamo metterla in questi termini. Questa sorta di natura duale, evidentemente, non sempre si riesce a discernere poiché a prevalere è sempre la prima. Non riesco a spiegarmi in altri termini il senso della censura o dei limiti imposti all’allattamento in luoghi pubblici. Il seno mostrato nudo, offerto alla suzione del lattante crea fastidio, imbarazzo, vergogna. Il seno negli spot pubblicitari, negli spettacoli televisivi è come mitridatizzato, sotto controllo, dà un implicito consenso a pensarlo come oggetto di desiderio. Dunque, lo snodo cruciale è sempre quello: la madre VS la donna; il desiderio VS il pudore. Così proviamo a immaginare la scena e, soprattutto, chi osserva: siamo in un ristorante, il bimbo piange e l’incauta madre abbassa la coppetta del suo reggiseno e allatta. Un uomo e una donna come reagiranno a questo spettacolo?Ciascuno rispondendo a questa domanda, molto probabilmente troverà anche la soluzione. Personalmente, per quel poco che ho allattato, ho preferito sempre farlo in maniera defilata, ovviamente quando era possibile, non per pudore ma perché volevo condividere con il mio bambino un’intimità che è molto limitata nel tempo, ma certo se il bimbo aveva fame la pappa doveva essere sempre pronta. Allora mi sono chiesta: ma una donna come chiacchiera con il suo seno? Cosa si dice? Quali indicazioni fornisce alla sua proprietaria? Lo trovo molto divertente! Nel libro di Moravia, questo lui sembra indicare sempre la solita direzione: adesso “lui” è disteso e allegro e io so anche perché. Lo rallegra la prospettiva di vedere al più presto la piccola cuoca ciociara dalla grossa treccia bionda girata intorno al capo come una corda nuova intorno a un bel cesto di vimini.” In una donna, meno che mai al suo seno, diciamo che non avvengono certi fenomeni estensibili, da questo punto di vista riusciamo a giocare un po’ a carte coperte. Il seno della donna esiste, in quanto a dimensioni e a forme, di più nell’immaginario collettivo per cui uno molto generoso e florido risulta un attivatore di sogni pantagruelici, specie se poi chi lo possiede è dotata di altre e più convincenti argomentazioni che passano anche dalla sua taglia e, complessivamente, dalle sue forme. Quindi, direi che il seno in questo senso ha una funzione “pubblica”. La sua funzione “privata”, dice molto altro e, paradossalmente, le donne non possiedono totalmente il loro seno poiché è una parte del loro corpo che, essendo strettamente connessa con la vita, deve essere necessariamente condivisa. Le mammelle risentono della ciclicità mensile, il loro turgore preannuncia una gravidanza o un piacere inaspettato, desiderato, immaginato… la montata lattea serve per sfamare, e si potrebbe continuare l’elenco. Direi che è tutto il corpo della donna a essere prepotentemente chiamato in causa dal meccanismo dell’esistenza. Specie durante l’allattamento, si alternano piacere e sfinimento, poiché tu non sei più padrona del tuo corpo, del tuo tempo, dei tuoi sogni, dei tuoi stessi pensieri: hai prestato tutta te stessa affinché la vita si riproducesse. Ecco, questo è un punto cruciale: le donne concedono tutte se stesse, affinché la vita, passando attraverso di loro, si possa perpetuare; e questo avviene giorno e notte. Sempre. Allora, io penserei che quella donna che stava allattando all’ufficio postale, non si fosse potuta separare nemmeno per un momento dal suo cucciolo umano, nemmeno per sbrigare delle faccende, e che nessuno si fosse offerto di farlo per lei; che sarà stata stanca, che avrebbe avuto desiderio di una passeggiata, di un momento di pausa, mentre tutti gli altri avevano le mani libere da borse, ciucci e bavette. Io avrei solo provato una grande tenerezza…e le avrei detto: “signora le serve qualcosa?” Io e il mio seno non avremmo giammai pensato alla vergogna, ma alla delicatezza di un naturale gesto d’amore. Allora, perché lo scandalo? Un seno che allatta, non è né un decolté in bella mostra, né una narcisistica ostentazione di sé. Fermo restando che ciascuno utilizza il proprio corpo come meglio crede. Forse è un problema di contestualizzazione. Ho come la sensazione che non riusciamo più a mettere a focalizzare le cose come una foto sfocata in cui non si distingue cosa rimane in primo piano e cosa sullo sfondo. Vuoi vedere che è un problema culturale? Già! Come non ho fatto a pensarci prima….la parolina magica: cultura. Se ne ho un pizzico, quanto una presa di sale magari riesco a dare sapore agli insipidi sentimenti che fanno di tutta l’erba un fascio e che vedono solo nel seno che sporge da una camicetta, un ipocrita tabù mentre tutto il resto è con le gambe in aria. Imparerei a comprendere che c’è della bellezza candida in ogni gesto d’amore che può essere anche un gesto erotico se non si supera il limite del buongusto, di un corretto modo di pensare e della libertà personale.Il nostro modo di reagire, probabilmente, è direttamente proporzionale alle ombre irrisolte della nostra coscienza, a quella forza caotica e pulsionale che sono i nostri istinti, a un distorto senso del pudore e della vergogna che, evidentemente, non permettono di vivere una sessualità gioiosa, libera e serena se una donna che allatta il suo bambino deve essere messa, metaforicamente, dietro una tenda.

Io, il mio seno e la mia mente abbiamo discusso su tutto questo, trovandoci perfettamente d’accordo.

Articolo di Giovanna Nastasi

NJJtnokr.jpegGiovanna Nastasi è nata a Carlentini, vive a Catania. Si è laureata in Pedagogia e Storia contemporanea e insegna Lettere negli istituti secondari di II grado. La sua passione è la scrittura. Ha pubblicato un romanzo, Le stanze del piacere (Algra editore). 

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