Oggetti che alludono, i bottoni 

In tutte le culture che si conoscono, ci si è sempre ispirati ai diversi principi cui l’uomo deve ispirarsi per affrontare la vita, considerando l’eredità storica e culturale. A tal proposito mi sono imbattuta in un argomento che parlava di bottoni e del loro uso, scoprendo che tanto sono piccoli quanto sono potenti e che non servono soltanto a tenere chiuso un abito. Ho iniziato una ricerca ed è venuta fuori una storia interessante e particolare di queste piccole opere d’arte che rappresentano il simbolo di una società in cui le donne, a volte, sono (state) vittime del mondo che gira intorno a esse. 

Il bottone è un dischetto di dimensioni varie, realizzato con diversi tipi di materiale: infilato nell’asola unisce due lembi di un indumento. La parola deriva dal francese bouton che significa germoglio, bocciolo, bottone appunto. 

Nella lunga storia dell’umanità, quella dei bottoni è abbastanza recente, poiché dapprima gli uomini e le donne chiudevano gli indumenti con spine vegetali, lische di pesce, piccoli pezzi di ossi, punte di corna, pietre, conchiglie, pezzi di ramo. Nella forma simile a quella che oggi conosciamo, i bottoni sono attestati dalla cosiddetta età dei metalli: alcuni esemplari sono stati rinvenuti negli scavi realizzati nella Valle dell’Indo e in Cina e si datano tra il 2800 e il 1500 a. C… Nel Mediterraneo sono presenti sia in Grecia che nel mondo romano, anche se la chiusura più diffusa degli abiti e dei mantelli era opera di lacci, fibbie e spille. Le spille erano chiamate fibule e la loro forma ricordava, in alcuni casi, il moderno bottone, somiglianza che si ritrova nelle fibbie usate dalle donne greche per tenere il peplo: questo era realizzato con due teli rettangolari cuciti sui lati, fermato in vita da una cintura e fissato sulle spalle proprio con le fibule, successivamente sostituite dalle cuciture. Anche le matrone romane indossavano delle tuniche, spesso fittamente plissettate, e qualche volta capitava che fossero chiuse sulle spalle da una serie di bottoni che scendevano lungo tutta la manica. L’uso del bottone è testimoniato anche tra gli Etruschi, come raccontano numerosi rinvenimenti nella necropoli Lippi, sia nelle tombe maschili che in quelle femminili, nel territorio di Verucchio (prov. Rimini): qui giungeva, attraverso il mare Adriatico, molta ambra e proprio con questa erano realizzati dei piccoli oggetti di diverse dimensioni che avevano sia la funzione di tenere due lembi di stoffa sia una più estetica voluta  per impreziosire gli abiti. 

In tutta Europa gli attuali bottoni si sono diffusi durante il Medioevo e pare siano stati i Crociati a portare l’utilizzo in Occidente al loro ritorno dal Vicino Oriente. La prima menzione letteraria si fa risalire al XII secolo, nella Chanson de Roland, dove erano presentati come piccole cose senza valore. Nel corso del XIII secolo sono diventati invece un elemento pregiato che adornava i mantelli e gli abiti dei sovrani e dei potenti e la loro creazione era appannaggio quasi esclusivo degli orafi. 

Per un uso dei bottoni più diffuso si deve attendere il XVI secolo, periodo durante il quale abiti e giacche erano chiuse sì da bottoni ma alcuni di essi avevano una funzione meramente ornamentale. Attraverso il bottone, spesso decorato con stemmi araldici, si poteva ben comprendere chi ci si trovava davanti: grandezza e quantità erano variabili, così come i materiali usati (oro, argento, ottone). Spesso i componenti della servitù di una famiglia nobiliare indossavano giacche con un numero diverso di bottoni: il servitore più importante era riconoscibile per il più alto numero di bottoni presenti sulla giacca.  

I bottoni proprio perché per lo più oggetti ornamentali, tra il 1300 e il 1600, sono stati vittime di specifiche norme restrittive emanate dai sovrani e dai loro rappresentanti, che avevano l’intento di reprimere o di scoraggiare l’ostentazione del lusso. Le leggi suntuarie legate ai bottoni erano rivolte per lo più alla borghesia che si era arricchita con il commercio e non poteva apparire in competizione con i signorotti del tempo! 

L’oro, l’argento, l’avorio e l’ottone sono stati utilizzati anche nel corso del secolo successivo, però nel Settecento i bottoni pare avessero l’esclusiva funzione di unire i lembi degli abiti. 

Dalla seconda metà dell’Ottocento, l’uso si è diffuso anche in settori diversi da quello dell’abbigliamento, probabilmente per una più facile produzione dopo la Rivoluzione Industriale: il processo di realizzazione subì un velocissimo sviluppo grazie a macchine che realizzavano e perforavano oggetti di varie dimensioni e diversi materiali, consentendo bassi costi e un maggiore impiego sia nell’abbigliamento, sia in altri ambiti. Da questo momento i bottoni sono diventati motivo decorativo di mobili imbottiti e di divani. 

La storia del bottone si arricchisce ancor più alla fine dell’Ottocento, quando è stato innalzato agli allori della moda francese: realizzati con resine naturali, in bachelite, in madreperla, in pasta di vetro e anche in celluloide, avevano forme svariate e decorazioni particolarmente ricche.  

L’attenzione verso questi piccoli accessori da parte dei creatori di moda decade a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, probabilmente anche per la crisi economica che ne è seguita e l’interesse da parte degli stilisti torna negli anni Sessanta del secolo scorso: le forme, le decorazioni e i materiali usati per la loro creazione li fa tornare protagonisti indiscussi degli abiti veri e propri status symbol. Presi di mira dalle contestazioni sessantottine tornano a essere semplici oggetti funzionali a tener chiusi due lembi di stoffa: non più preziose opere artigianali ma prodotti industriali di serie. 

bottoni, piccoli oggetti inventati, usati, abbandonati, ripresi dai grandi stilisti, portatori di messaggi, status symbol, di plastica, di vetro, di pietre preziose, rotondi, quadrati, cilindrici, decorati e utilitari, ancora oggi sfidano le mode e il tempo e, malgrado tutto, niente e nessuno riesce a “detronizzarli”. 

 Essi racchiudono significati simbolici, comunicano uno status sociale, l’appartenenza a un gruppo, una condizione particolare – il bottoncino nero che si poneva sugli abiti fino a qualche anno fa, in segno di lutti lo ricordiamo tutti – raccontano storie e avvenimenti sportivi, politici, scientifici e possono essere anche oggetto di seduzione, perché sono il limite oltre l’immaginario!

In Italia, ai bottoni è dedicato un museo, fondato a Santarcangelo di Romagna, in provincia di Rimini, da un uomo che dalla piccola bottega di famiglia ha tirato fuori una grande collezione che si va arricchendo di anno in anno. 

La storia del bottone è certamente interessante, perché è lo specchio della società e del suo rapporto con la moda, ma altrettanto interessante è la storia dell’abbottonatura che contiene in sé delle profonde differenze di genere: da secoli le donne hanno l’abbottonatura a sinistra, gli uomini a destra.  Le ragioni sono varie. 

L’abbottonatura maschile sembra si debba legare al fatto che, fino a un secolo fa, circa molti uomini portavano le armi: per un destrorso era ritenuto più semplice sbottonare la camicia con la mano sinistra, tenendo la destra sempre pronta alla difesa. 

L’abbottonatura a sinistra per le donne, invece, porta in sé diverse motivazioni, legate alla maternità, al pudore e alla comodità. I bottoni sono messi a sinistra per agevolare l’allattamento: il braccio sinistro tiene il bambino, la mano destra è quella libera e, quindi, la donna può facilmente sbottonare la camicia. Secondo la società settecentesca e ottocentesca, l’abbottonatura a sinistra riduceva il rischio di spiacevoli incidenti per le donne che andavano a cavallo: salendo a cavallo lateralmente sul lato destro, l’abbottonatura non permetteva al vento di gonfiare le vesti, rischiando di scoprire qualche parte del corpo. Un’ultima teoria è legata alle donne nobili e ai loro ricchi e complicati abiti: le gran dame non si vestivano da sole, perché tra bustini che le stringevano in incredibili morse e gonne gigantesche avevano bisogno di aiuto e le aiutanti, solitamente destrorse, erano favorite da un’abbottonatura a sinistra. L’abbottonatura a sinistra assunse, soprattutto nel corso dell’Ottocento, anche un altro significato. Poiché nell’Inghilterra vittoriana la mano sinistra era ritenuta inferiore alla destra, alcuni vollero interpretare la posizione dei bottoni femminili come una sorta di indicazione circa la posizione delle donne nella società del tempo e il loro essere inferiori agli uomini. L’abbottonatura si trasformò quindi in un monito per le stesse donne, invitate a non dimenticare la loro giusta collocazione nella società.  

Articolo di Giovanna Martorana

PXFiheftVive a Palermo e lavora nell’ambito dell’arte contemporanea, collaborando con alcuni spazi espositivi della sua città e promuovendo progetti culturali. Le sue passioni sono la lettura, l’archeologia e il podismo. 

 

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