Incontro con una calciatrice. Licia Felicella

La Nazionale di calcio femminile sta facendo parlare tanto di sé, qualificata prima nel girone dei mondiali, e la splendida vittoria agli ottavi contro la Cina per la prima volta nella storia è riuscita a ottenere tanta visibilità da guadagnarsi la diretta in prima serata alla Rai, un risultato non da poco che prosegue la scia positiva cominciata con la finale Juventus-Fiorentina di un mese fa.

Merito di queste ragazze, della loro grinta e del loro talento, e di un sostanziale cambiamento, nonostante i tromboni maschilisti che dominano nel mondo del calcio, di programmazione e crescita dei club in particolare Juventus, Fiorentina e Milan su tutte.

Questo calcio emergente che finalmente sta catturando il cuore di tanti italiani e italiane è fatto di sfide quotidiane, dentro e fuori dal campo, di ragazze che sfidano le convenzioni, rompono gli stereotipi di genere per inseguire la loro passione, una passione che non è solo dei maschi e delle “maschiacce” ma di tutti e tutte le persone che amano il pallone.

Noi di Vitaminevaganti.com abbiamo avuto la fortuna di poter parlare con una calciatrice, Licia Felicella portiere della Lazio, fiera dodicesima donna in campo e nella vita.

Intervistatore Ciao Licia, chi sei, presentati?

 Licia Sono Licia Felicella, ho 43 anni e non mi vergogno di dirlo! Lo dico con orgoglio, gioco ancora, sono una calciatrice da sempre, e voglio esserci in questo momento speciale per il calcio femminile. Sono il portiere della Lazio, adesso aspetto notizie dalla società, ci sono molte possibilità che io sia anche l’anno prossimo una calciatrice, e per come è andata la stagione, bene oltre ogni aspettativa, sono in un momento di forma straordinaria e intendo continuare.

Intervistatore Le femmine non dovrebbero giocare a pallone, quante volte avrai sentito questa frase, come reagivi da piccola? Come hai mosso i tuoi primi passi da calciatrice?

 Licia Io da piccola, in Sicilia ho avuto tantissime difficoltà per affermarmi come giocatrice! Ho iniziato a giocare negli anni 80-90 nei cortili. Ai tempi il calcio femminile era quasi del tutto sconosciuto. I miei mi rimproveravano, dicevano che era uno sport da maschiacci, “ti vengono le gambe storte” e altre amenità, però io me ne fregavo e giocavo lo stesso. Ai miei non rimprovero nulla, anzi devo tutto a loro e li ringrazierò sempre, tuttavia, vedo che adesso i genitori iniziano a sostenere ed aiutare le ragazzine a giocare a pallone, fortuna c’è un’apertura molto maggiore ed io avrei voluto essere sostenuta, ero una bambina molto timida; ma non in campo, di asfalto e pali fatti di zaini, lì ero davvero estroversa e forte, tanto che ero diventata una dei punti di riferimento per i miei compagni che mi citofonavano sempre perché volevano tra i “pali”. Le persone adesso reagiscono con stupore, curiosità e meraviglia per lo più, mai in maniera negativa, ma sono sempre sorprese.

Intervistatore Come reagisci adesso quando senti che le donne non possono essere delle calciatrici o ad altre dichiarazioni anche peggiori che si sentono in giro?

 Licia I commenti sessisti mi danno tanto fastidio, ma la cosa che mi dà più fastidio è quella retorica, anche di giornaliste donne, che vogliono comunque “normalizzare” la figura della calciatrice, sentendo l’esigenza di ricondurla ai canoni considerati più consoni per una donna, per cui si leggono titoli come “La vita delle calciatrici dell’Italia: dai tacchetti ai tacchi a spillo” o “Goal col tacco 12” e simili, questo mi dà davvero fastidio e mi fa imbestialire.

Intervistatore Calcio e femminilità, da sempre temi consumati dai luoghi comuni, ti chiedo: nel mondo del calcio femminile l’omosessualità è davvero più diffusa? Alcuni pensano che per fare la calciatrice bisogna essere o una lesbica o un maschio mancato, quanto c’è di vero in queste becere affermazioni?

 Licia Ad oggi la presenza di lesbiche nel calcio rispecchia la percentuale di lesbiche nella società, il calcio ne è lo specchio, né la causa né la conseguenza. Una volta invece davvero la presenza di lesbiche era preponderante, per quel fenomeno che vuole che gli stereotipi diventino profezie che si auto avverano. Una volta, soltanto se ti comportavi da maschiaccio o se eri lesbica il calcio “faceva per te” pertanto le ragazze più femminili, o semplicemente eterosessuali per paura dello stigma sociale evitavano di giocare a calcio, quindi davvero la loro presenza era più bassa. Adesso resta ancora lo stigma ma le cose stanno cambiando in meglio. Gli stereotipi hanno limitato lo sviluppo di talenti che sono rimasti inespressi. Questo sport non cambia il tuo orientamento sessuale o la propria femminilità, ognuno manifesta sé stesso.

Intervistatore Finalmente dopo il tutto esaurito di Juve e Fiorentina e il bellissimo mondiale della nazionale sembra che i media stiano dando attenzione al calcio femminile, pensi che sia un inizio positivo o qualcosa che si perderà e non avrà conseguenze a lungo termine?

Licia Io credo che l’attenzione mediatica di questo momento non sia la causa del momento positivo del calcio femminile, ma la conseguenza di anni di lavoro e sviluppo del movimento. L’attenzione mediatica mi fa molto piacere, ma penso presto svanirà, ciò però non intacca il cammino del calcio femminile. Adesso c’è tanto entusiasmo, potrà portare visibilità e soldi ma anche quando scemerà il movimento continuerà a crescere. Questo è un riconoscimento in più, segno del livello che cresce. Dalla frase infelice dell’allora Presidente della Lega Dilettanti, c’è stata una reazione positiva e una valorizzazione del movimento, soprattutto per merito delle calciatrici che hanno preso coscienza.

Intervistatore Qual è la situazione contrattuale delle giocatrici di club in Italia, quali sono le situazioni più virtuose e quelle meno?

 Licia Le calciatrici sono considerate dilettanti, a livello contrattuale non hanno un contratto di lavoro ma un accordo economico fondato sui rimborsi che hanno un limite massimo, raggiunto soltanto dalle calciatrici più affermate. Ci si può vivere in alcuni casi, ma paragonato ai calciatori, prendiamo quanto quelli di serie D. Noi non abbiamo ferie, malattie e maternità. Per fortuna si stipulano degli accordi tra l’Associazione Italiana Calciatori e i club. Da quest’anno siamo a un limbo perché il calcio femminile è diviso, la seria A e la serie B sono finalmente sotto la giurisdizione della Federazione Italiana Gioco Calcio, mentre le altre serie rimangono dilettantistiche, quindi in linea teorica potremmo stipulare contratti da professioniste. Il calcio femminile una volta totalmente dilettantistico vive adesso una speranzosa situazione di semiprofessionismo, almeno in potenza, non c’è più l’obbligo al dilettantismo sancito per statuto, ma la Federazione potrebbe scegliere o meno la strada del professionismo.

Intervistatore Vivi a Roma da tanti anni, come la città vive la Lazio femminile e il calcio femminile in generale? che tipo di rapporti ci sono con il club maschile?

 Licia Con il club maschile la Lazio Women non ha pochi rapporti a differenza di altre società come la Roma e la Juventus. Purtroppo, c’è da dire che l’Italia è divisa anche in questo tra un settentrione dove le squadre femminili sono più strutturate e dunque più seguite e supportate e contano un numero decisamente maggiore di tesserate e un meridione dove è tutto più improvvisato, ma qualche miglioramento c’è anche qui. Il tifo vero io l’ho conosciuto da poco, da quando anche le calciatrici hanno acquisito una coscienza sociale del proprio ruolo e sono riuscite a coinvolgere un numero maggiore di appassionate e appassionati.

Intervistatore Lo sport, in particolare il calcio può diventare uno strumento per combattere gli stereotipi di genere?

 Licia Io mi sono impegnata anche come allenatrice per il calcio femminile, perché penso sia uno strumento fondamentale di trasformazione sociale. Io ho assistito di persona a cambiamenti straordinari di persone piene di pregiudizi che una volta a contatto con le ragazzine che giocano a calcio sono cambiate. Grazie alla grinta e alla forza delle ragazzine che prima di lottare in campo hanno dovuto lottare contro tutto e tutti per entrare in campo… E poi le vedi sembrare delle guerriere perché il campo se lo sono conquistato lottando contro gli stereotipi di genere, conquistando in primis i genitori, facendo un percorso insieme di maturazione familiare. Ed è una cosa bellissima, la cosa più bella che un’allenatrice possa vedere. Lo sport cambia la nostra società.

Articolo di Antonio Clemente

OeR22asbDocente di Italiano, storia e geografia, appassionato di Linguistica e Didattica, laureato magistrale in Letteratura italiana, Filologia moderna e Linguistica. Ho una seconda Laurea magistrale in Scienze dell’informazione, della Comunicazione e dell’Editoria. Cofondatore di Vitaminevaganti e Responsabile del progetto editoriale di Vitamineperleggere.

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