Già nel 1971 Linda Nochlin sul settimanale statunitense ARTnews si domandava “Perché non ci sono state grandi artiste” e le Guerrilla Girls partire dalla loro nascita nel 1985 hanno messo in luce la disparità di genere nel mondo dell’arte, segnalando che meno del 5% delle artiste nella sezione di arte moderna del Metropolitan Museum è costituito da donne, a fronte di un 85% di nudi femminili esposti. Ancora oggi meno del 30% delle mostre nei principali musei americani è dedicata al genere femminile e la presenza delle artiste nelle collettive, in appuntamenti come la Biennale di Venezia e Documenta, si posiziona ben al di sotto della parità. Le opere d’arte hanno, oltre al valore artistico, anche un valore di mercato, che evidenzia, nelle presenze e nelle quotazioni, un netto svantaggio di genere a danno delle donne. Un’indagine di ARTnews mostra come nelle vendite delle aste serali di Post War and Contemporary svoltesi a New York nel periodo 2010-2015, il 92% dei lotti battuti sia di artisti e solo l’8% di artiste.
In termini economici il valore delle vendite d’arte femminile, in autunno e in primavera, realizzato nelle aste di Christie’s, sempre nella sessione serale di Post War and Contemporary, è pari a circa il 3%, e per Sotheby’s si attesta al 6,7%.
Una ricerca, risalente al 2017, di quattro studiosi (Adams, Kraeussl, Navone, Marco Verwijmeren) dimostra come le opere create da artiste siano vendute nelle aste a un prezzo inferiore rispetto alle opere di artisti, semplicemente perché opere di donne. Su 1,9 milioni di transazioni effettuate nel corso di aste in quarantanove Paesi diversi (tra il 1970 e il 2016), le opere d’arte create da donne sono state valutate il 42 per cento in meno; se si escludono le opere vendute a più di un milione di dollari a esemplare, la differenza diventa del 19%.
Questi dati sono confermati da un’altra ricerca pubblicata nel 2017 della sociologa dell’arte tedesca Katrin Hassler, condotta su dati forniti da ArtFacts: nella classifica dei 100 artisti più quotati a livello globale, solo il 12,6% è donna e diminuisce man mano che la piramide allarga la sua base. Nel secondo livello, che include le posizioni da 101 a 500, si registra un incremento nel numero di donne fino al 20,4% e nel terzo livello, la proporzione delle donne artista cresce al 27%.
Fra tutti gli artisti, uomini e donne, i più quotati sono Andy Warhol e Pablo Picasso, mentre fra le donne le quotazioni di gran lunga più elevate sono quelle delle opere della scultrice Louise Bourgeois (Parigi 1911 – New York 2010) e Cindy Sherman (Glen Ridge, New Jersey, 1954).
La prima, figlia di restauratori di arazzi, è un’artista solitaria che segue il suo percorso artistico con tenacia cercando attraverso l’arte di sopravvivere alle tensioni familiari e di creare un dialogo interiore tra le sue vicende autobiografiche, di cui le sue opere sono i simboli, e lo spettatore che ne fruisce. Nel 1982, il MoMA di New York organizza una sua grande retrospettiva consacrando Louise in campo internazionale: è la prima personale che il museo abbia mai dedicato a una donna. La sua scultura Spider (in copertina), realizzata nel 1997, è stata battuta da Christie’s a New York a un prezzo pari a 28,2 milioni di dollari rispetto a una stima compresa tra 25 milioni e 35 milioni di dollari.

Cindy Sherman è un’artista, fotografa e regista statunitense, conosciuta per i suoi autoritratti concettuali. Il suo lavoro, In bilico fra la registrazione di performance e la vera e propria fotografia, viene da subito inquadrato nell’ambito delle tematiche del femminismo. Le femministe l’accusano tuttavia di perpetuare un certo immaginario, proponendo un’ennesima “proiezione dell’inconscio maschile”. L’artista replica di aver invece seguito il proprio istinto e assecondato l’antico personale gusto per il travestimento e l’interpretazione di personaggi immaginari. La sua opera Untitled #96, 1981, è stata battuta per 3,9 milioni di dollari da Christie’s a New York nel 2011, mentre nel novembre 2014, una raccolta di ventuno Untitled Film Stills in bianco e nero del 1977-1980, sono stati aggiudicati per 6,7 milioni di dollari sempre da Christie’s a New York. Le immagini facevano parte di una serie di sessantanove autoritratti in cui l’artista assumeva vari ruoli in una varietà di impostazioni, evocativi di fotogrammi di film neorealisti italiani del 1940.

Anche per l’arte italiana i valori di mercato sono molto diversi: il record d’asta del 2016 riferito ad un artista uomo è stato ottenuto da “Sofa”(1968) di Domenico Gnoli per la cifra di 2.576.250 €, battuto da Sotheby’s; il record per un’artista donna è di 76.800 €, ottenuto da “Oggetto ottico dinamico” (1962) di Dadamaino, battuto da Christie’s. A Londra, per Italian Sale, la proporzione è pressoché la stessa: 4.685.000 £ per “Rosso Plastica 5” (1962) di Alberto Burri battuto da Sotheby’s; 179.000 £ per “Presagi di Birman” (1994) di Carol Rama, battuto da Christie’s.
I ricercatori non sono riusciti a spiegare il prezzo minore dell’arte femminile con fattori tecnici e artistici come i soggetti – le donne pare dipingano più nature morte che paesaggi – la grandezza, lo stile usato o il materiale di realizzazione del dipinto, né con l’età delle autrici o con un minore talento femminile. Per verificare l’ultima ipotesi sono stati mostrati alcuni quadri di dieci artisti poco conosciuti a un campione di mille persone, alle quali è stato chiesto di indovinare il sesso degli autori. Le risposte si sono rivelate esatte in circa la metà dei casi, evidenziando che il pubblico medio non sa distinguere un autore da un’autrice.
La ricerca mostra come questa differenza di trattamento sia dovuta a fattori culturali anziché al talento artistico. Prendendo in considerazione il rapporto tra il minor valore attribuito all’arte femminile e la discriminazione di genere nei Paesi in cui erano state tenute le aste e gli indici (come quelli redatti da Nazioni Unite e Forum economico mondiale) che guardano a fattori come il livello d’istruzione e la possibilità di partecipazione alla vita politica, emerge che, per le opere di un’artista di fama media, a migliori condizioni della donna nel Paese di origine corrisponde una minore svalutazione delle sue opere, con la significativa eccezione del Brasile, per esempio, in cui l’arte femminile risulta molto apprezzata. Non rappresenta invece un’eccezione il nostro Paese, posizionato all’82° posto, subito dopo il Messico, nel Global Gender Gap Report 2017 sulla base di indicatori quali partecipazione politica, scolarizzazione, welfare, empowerment.
Il sessismo, ancora saldamente intrecciato nel tessuto istituzionale, nella lingua e nella logica del mondo dell’arte ufficiale, e il mercato contribuiscono insieme a discriminare le donne anche nell’ambito artistico, in Italia e nel mondo. Lentamente, è in atto un cambiamento: la svalutazione dell’arte femminile si è andata riducendo con il tempo. Per le transazioni sotto al milione di dollari la differenza di prezzo si è drasticamente ridotta dal 33 per cento degli anni Settanta all’8 per cento registrato dopo il 2010, confermando che la bravura non ha mai avuto legami con la disparità di valutazione, e contemporaneamente, dagli anni Settanta in poi si sono registrati più investimenti in opere d’arte realizzate da donne.
Articolo di Claudia Speziali
Nata a Brescia, si è laureata con lode in Storia contemporanea all’Università di Bologna e ha studiato Translation Studies all’Università di Canberra (Australia). Ha insegnato lingua e letteratura italiana, storia, filosofia nella scuola superiore, lingua e cultura italiana alle Università di Canberra e di Heidelberg; attualmente insegna lettere in un liceo artistico a Brescia.