Buon compleanno, Pinocchio

Carlo Lorenzini (1826-1890) era un giornalista e scrittore toscano abbastanza noto, già autore di storie per l’infanzia come Giannettino e Minuzzolo, quando incontrò sul suo cammino Ferdinando Martini, illustre parlamentare monsummanese, intellettuale, editore e scopritore di talenti. Nel Giornale per i bambini – supplemento al Fanfulla – poté dunque pubblicare il 7 luglio 1881 la prima puntata del suo romanzo destinato a un grande avvenire Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, a cui seguirono altre sette puntate. All’idea di veder finire tanto rapidamente la storia, ci fu una sollevazione da parte dei giovanissimi lettori e lettrici, così la vicenda si prolungò e si concluse come sappiamo, fino alla pubblicazione in volume nel 1883, presso la libreria editrice Felice Paggi, con le illustrazioni di Enrico Mazzanti. Lorenzini è assai più noto con lo pseudonimo Collodi che prese dal grazioso paese sulle colline della Valdinievole, presso Pescia (oggi provincia di Pistoia); qui si trova la splendida villa Garzoni realizzata – insieme al giardino all’italiana – dai massimi architetti barocchi Juvara e Diodati.

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Villa Garzoni

Nella grande cucina e nel parco pieno di magia e di sorprese il piccolo Carlo trascorse ore spensierate in compagnia della mamma, Angiolina Orzali, divenuta sarta e cameriera della nobile famiglia. Il luogo evidentemente gli fu tanto caro se decise di ricordarlo per sempre; oggi qui si trova il parco di Pinocchio, con statue e costruzioni realizzate dai massimi artisti dell’epoca (da Michelucci a Greco, da Venturi a Zanuso e Consagra), inaugurato nel 1956 e visitato da milioni di persone.
Di Pinocchio burattino (veramente sarebbe una marionetta senza fili, ma è un dettaglio…) sappiamo tutto, o almeno crediamo sia così, come ogni volta che incontriamo un “classico”. Ricordiamo anche le tante versioni per il teatro, per la televisione (celebre l’adattamento di Comencini), per il cinema: da Disney – che ne fece una curiosa ambientazione tirolese – a Benigni, fino a Garrone, attualmente al lavoro con la sua personale rivisitazione. Non dimentichiamo le canzoni: da Carissimo Pinocchio (grande successo di Johnny Dorelli) all’album di Edoardo Bennato. Non si contano le traduzioni, in tutte le lingue del mondo, visto che la storia del burattino-bambino ha saputo conquistare i cuori di tante generazioni di ogni latitudine. Certo il libro si inserisce in un particolare momento storico: l’Italia era unificata da poco più di quindici anni; c’era bisogno di una narrativa che parlasse all’infanzia, anche se lo spirito di Collodi è ben diverso da quello di De Amicis che – con Cuore (1886)si dette lo scopo di unire bambini e bambine, da Nord a Sud, anche attraverso storie edificanti e patriottiche. Il nostro burattino, invece, combina guai (un po’ come farà Giamburrasca), è bugiardo e spesso scorretto, non vuole andare a scuola, è ingenuo e superficiale, frequenta gente poco raccomandabile, ma è tanto tanto umano che gli si perdona tutto.
Nel romanzo sono molti i personaggi indimenticabili: il Gatto e la Volpe, il babbo Geppetto, il Grillo Parlante, Lucignolo, Mangiafuoco, metafore della condizione umana, nel bene come nel male.
E cosa dire della Fata, vera chiave di volta dell’intera vicenda?
Intanto non c’è una sola fata, ma tante diverse apparizioni, sotto varie vesti. Si tratta infatti di un personaggio complesso e mutevole, che ama circondarsi di animali parlanti. La prima volta compare nel capitolo XV ed è una “bella” bambina morta che aspetta la bara. Si scopre poi che è una fata che opera come una madre affettuosa; altrove può essere una buona donnina nella casina delle api (cap.XXIV), una elegante spettatrice dei giochi al circo, addirittura una capretta dal pelo turchino, e pure una signora povera e malata. Anche verso Pinocchio assume ruoli diversificati: può essere materna e caritatevole, ma anche crudele quando lo inganna con la propria finta morte o lo lascia in balìa degli assassini o nell’attesa dei becchini. Lo fa disperare davanti alla porta chiusa o gli prepara, mentre muore di fame, del cibo immangiabile: pane di gesso e pollo di cartone. Secondo la studiosa Concetta D’Angeli, «rappresenta un tipo di società paternalistica, che adopera come primo mezzo la persuasione e la dolcezza, ma che sa essere anche estremamente violenta nelle sue punizioni».
È stata collegata a certi personaggi fantastici e fiabeschi, ma è vero che in sé ha caratteristiche sia favolose sia quotidiane e realistiche. Gli animali di cui si circonda, ad esempio, sono api, topini bianchi, il Falco, il Can-barbone, il Corvo, la Civetta, i Picchi, tutti comuni e da sempre a stretto contatto con gli esseri umani. D’altra parte in lei si scorgono aspetti inquietanti, che richiamano (secondo Italo Calvino) la letteratura di Poe o di Hoffmann, quando è bella ma anche morta, in una scena lugubre, affacciata alla finestra in attesa dei becchini, «il viso bianco come un’immagine di cera, gli occhi chiusi e le mani incrociate sul petto». Al che Pinocchio – con il suo buon senso tutto terreno e concreto – esclama: «Morta? e allora che cosa fai costì alla finestra?»
Nel capitolo finale del romanzo la Fata compare in sogno al burattino e – come è giusto che sia – lo perdona per tutte le monellerie: «i ragazzi che assistono amorosamente i propri genitori nelle loro miserie e nelle loro infermità, meritano sempre gran lode e grande affetto, anche se non possono esser citati come modelli d’ubbedienza e di buona condotta»; lo ricompensa poi con quaranta zecchini d’oro mentre avviene la metamorfosi: allo specchio compare un bel bambino con gli occhi celesti, l’aria vispa e allegra, l’aspetto intelligente. È nato il nuovo Pinocchio.
Soltanto di recente – sfatato qualsiasi presunto richiamo alla madre celeste (il turchino è un colore ben più forte e cupo) – è emerso che Carlo Lorenzini, da giornalista, assisté a Firenze, nel 1879, al processo per cospirazione ad Anna Kuliscioff; rimase talmente colpito dalla forza emanata in tribunale da questa donna bella e coraggiosa che se ne sarebbe ispirato per la Fata.
Dunque, buon compleanno a lei, a Pinocchio, a tutti gli altri straordinari personaggi entrati nel nostro immaginario collettivo, e cento di questi giorni.

Articolo di Laura Candiani

oON31UKhEx insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume e Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.

Un commento

  1. Di Pinocchio burattino sappiamo tutto, o almeno crediamo così, ogni volta che incontriamo un “classico”, scrive Laura nell’articolo ed è vero! Confesso anch’io che ho appreso moltissime notizie che non conoscevo, senza considerare la luce nuova ed interessante sotto la quale viene riproposta la Fata Turchina o la scoperta di un possibile accostamento della Fata medesima alla figura di Anna Kuliscioff.
    Grazie Laura e … Buon Compleanno Pinocchio!

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