L’onore femminile è conservativo: impedisce, limita, rinchiude, esclude. La dignità di una donna “rispettabile” è stata confinata a lungo entro rigide e claustrofobiche coordinate, che disegnavano innanzitutto un altissimo valore attribuito alla verginità prematrimoniale, da difendere a costo della vita (dalla matrona romana Lucrezia alla piccola analfabeta Maria Goretti).
Fino a pochi decenni fa in alcune parti d’Italia avveniva ancora il rito dell’esposizione pubblica del lenzuolo insanguinato dopo la prima notte di nozze. “Illibata”, dovevi essere. Una sposa “deflorata” non valeva niente.
Il mantenimento della coesione sociale (l’onore) è dipeso per secoli dalla condotta sessuale (la virtù) delle donne, sorvegliate dai maschi di famiglia e tenute a una fedeltà che al partner non era richiesta.
Così Catullo, indirizzandosi a una giovinetta:
Un terzo della verginità è di tuo padre, un terzo di tua madre e solo un terzo è tuo.
Il padre aveva il diritto di uccidere la figlia che avesse perso la verginità. Il peso della condanna sociale era tale da trasformare anche uomini mansueti in assassini.
Al vertice della piramide dei valori traslati all’”onore” collettivo c’è stata per millenni la tutela dell’imene, sigillo da esibire come un trofeo che può esser “preso”, “rubato”, “perso”, “donato”: gli unici destini previsti per le donne essendo l’uscita dal circuito sessuale nel chiuso del monastero, o la concessione a un solo uomo nel chiuso della famiglia.
Il corpo femminile come oggetto da esaminare. Condizione connaturata e dunque presunta della donna onesta, recitavano le sentenze dei tribunali.
1953, sentenza della Corte d’Appello di Firenze: L’aver taciuto allo sposo la perdita della verginità anteriormente al matrimonio costituisce ingiuria grave che giustifica la separazione per colpa.
Nel codice penale promulgato in epoca fascista, in vigore fino al 1996, trovavamo la distinzione tra congiunzione corporale e atti di libidine. Spesso molti processi si risolvevano in una ricerca minuziosa del livello di verginità anatomica violata. Era la Cassazione che con sentenze talora strabilianti definiva al centimetro quanto doveva essere profonda la penetrazione perché fosse riconosciuto il reato di violenza carnale.
Un tempo si diceva “ha ceduto”. Per secoli il procedimento classico è stato che lui dovesse chiedere e lei dovesse dire no. Sembra un gioco, e un gioco un po’ ridicolo; ma poteva avere ed ha avuto conseguenze tragiche.
L’uomo ha il diritto di chiedere, la donna ha il dovere di rifiutare.
Pietro Germi, sceneggiatura del film Sedotta e abbandonata, 1964
La patristica cristiana, nella sua ossessione sessuofobica, a lungo aveva posto la verginità addirittura al di sopra della maternità (il matrimonio è male minore, remedium concupiscentiae da assoggettare a regole e restrizioni severissime):
Nessuna fecondità carnale può essere messa a confronto con la verginità consacrata.
Una madre, in quanto sposata, otterrà in cielo un posto inferiore a quello della figlia in quanto vergine.
Agostino, La santa verginità
Chi infatti non sa che il coito, anche se coniugale, non potrà mai verificarsi senza il prurito della carne, senza l’ardore della libidine e il sudiciume del piacere.
papa Innocenzo III, De contemptu mundi
Finita l’epoca della mortificazione perdurano retaggi e aloni di morbosità che creano contraddizioni e disorientamenti cui è difficile sottrarsi. Essi impediscono alle famiglie e alla scuola, nel XXI secolo, di parlare di sesso con le giovani generazioni, che crescono sempre più disinibite, ostentando una finta disinvoltura, ma sono vittime di ignoranza, di stereotipi e di pregiudizi.
È incredibile constatare come in tempi in cui i media utilizzano una sessualità esibita ed eccitata – decontestualizzandola spesso da qualsiasi contesto relazionale ed emotivo – gli adulti perseguano la stessa strategia del silenzio che ha connotato le relazioni tra genitori e figli nelle decadi passate.
Secondo le ultime stime della Società italiana di ostetricia e ginecologia solo lo 0,3% delle ragazze sotto i 19 anni possiede una buona educazione sessuale. Solo una su 4 raggiunge un livello giudicato sufficiente.
Una ricerca del 2013 dell’Osservatorio nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza rivela che il 19% degli e delle italiane però ha rapporti sessuali prima dei 14 anni, e che l’immaginario ha invertito il proprio segno (“finalmente mi sono tolta il pensiero”). La conseguenza è che il numero di aborti e di gravidanze indesiderate tra le adolescenti è in aumento.
Ciao ho 13 anni e devo poprio kiedere cuesta cosa. Cuante volte devo farlo prima di perdere la verginità?
Articolo di Graziella Priulla
Graziella Priulla, già docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi nella Facoltà di Scienze Politiche di Catania, lavora alla formazione docenti, nello sforzo di introdurre l’identità di genere nelle istituzioni formative. Ha pubblicato numerosi volumi tra cui: C’è differenza. Identità di genere e linguaggi, Parole tossiche, cronache di ordinario sessismo, Viaggio nel paese degli stereotipi.
Illustrazione di Marika Banci
Dopo la laurea in Lettere moderne, Marika si iscrive al corso triennale di Progettazione grafica e comunicazione visiva presso l’ISIA di Urbino. Si diploma nel 2019 con una tesi di ricerca sulle riviste femministe italiane dagli anni ’70 ad oggi e la creazione di una rivista d’arte in ottica di genere dal nome Biebuk. Designer e illustratrice, ha dedicato alle tematiche femministe molti dei suoi ultimi progetti.