A marzo del 1932, scaduto il mandato di Hindenburg, si tengono le elezioni per la Presidenza della Repubblica. Hitler presenta la propria candidatura. L’anziano Hindenburg, ormai ottantacinquenne, accetta la richiesta della destra non nazista di ricandidarsi nonostante l’età avanzata per frenare la preoccupante ascesa nazionalsocialista. Socialdemocratici e socialisti indipendenti non sono in grado di trovare una candidatura valida da proporre contro le destre. I comunisti si astengono e la sinistra moderata finisce per appoggiare la candidatura di Hindenburg per evitare Hitler. Vince Hindenburg e il peggio è scongiurato, ma Hitler ha ottenuto un enorme consenso.
Il Presidente della Repubblica confermato in carica non può che constatare la situazione: l’SPD non è più la forza egemone. Cerca di affidare i governi al centrodestra cattolico con l’appoggio socialdemocratico ma nessuna coalizione riesce a durare. Intanto gli industriali e la Chiesa fanno pressioni su Hindenburg: favorire l’ascesa nazista è l’unico modo per bloccare i rischi rivoluzionari, poi passato il pericolo la situazione si calmerà. Ma Hindenburg ha paura e di Hitler non si fida.
A luglio del 1932 indice nuove elezioni. Dalle urne esce confermata la situazione di stallo: nessuno può formare un governo da solo e nessuna coalizione può reggere a lungo. Il partito nazionalsocialista ottiene il 33% dei consensi: non può governare da solo ma è ormai la prima forza su scala nazionale. Hindenburg tenta ancora delle mediazioni formando governi di coalizione tra cattolici e socialdemocratici ma è tutto inutile, nessun governo dura più di due mesi.
Nel frattempo falce e martello e svastiche si alternano sulle finestre di tutta Berlino, dove si sta giocando la principale sfida della classe operaia europea. KPD e SPD hanno posizioni molto diverse sul da farsi. Unendo i voti di socialdemocratici, socialisti indipendenti e comunisti si potrebbe arginare l’ascesa nazionalsocialista, anche se non è chiaro su quali basi ideologiche queste formazioni si potrebbero unire: per i comunisti, gli ordini da Mosca sono categorici, nessuna alleanza con i partiti borghesi, mentre per i socialdemocratici lo Stato borghese non deve essere messo in discussione. SPD e KPD sono ormai due rigide strutture burocratiche, radicate una nello Stato tedesco e una nel Comintern, unirle è impossibile. Una manifestazione comunista finisce in accesi scontri tra spartachisti e socialdemocratici; mentre la polizia interviene in funzione anticomunista, i nazisti ne approfittano per mostrare sfilate oceaniche e assalti squadristi. Mentre tra la sinistra tedesca dilaga la paura del Nazismo, il Comintern non condivide questa paura: la convinzione dell’Internazionale è che Hitler durerà poco come tutti gli altri e il male peggiore è sempre la socialdemocrazia, inoltre i comunisti tedeschi sperano che Hitler peggiori le condizioni di vita del proletariato tedesco e che questo acceleri la Rivoluzione; ma Stalin vuole il Comunismo in un solo Paese e non cerca certo di far scoppiare la Rivoluzione in Germania. Il clima è tesissimo, violenza e paura sono ovunque nell’aria, insieme al fanatismo.
A novembre si ripetono le elezioni. La sinistra si presenta di nuovo divisa. Il risultato è catastrofico: i nazisti ottengono il 37% dei voti. Persino tanti ebrei tedeschi votano per Hitler, convinti che sia l’unico a poter dare vigore alla Germania, che fermi il rischio di una Rivoluzione comunista e che non saranno loro a essere perseguitati ma soltanto gli ebrei stranieri.
Tra il voto popolare e le pressioni dei ceti privilegiati, Hindenburg non può fare più nulla. Accetta di affidare a Hitler un governo di coalizione in cui il partito nazionalsocialista ha solo tre ministri su undici. Così i conservatori credono di poter usare il nazionalsocialismo a proprio vantaggio e al tempo stesso tenerlo sotto controllo: è lo stesso grossolano errore che ha fatto Vittorio Emanuele III in Italia affidando il primo governo a Mussolini nel 1922. Intanto, su pressioni naziste, vengono indette nuove elezioni che si terranno nel marzo del 1933 con cui Hitler spera di ottenere la maggioranza assoluta.
Hitler spera in un’insurrezione comunista che giustifichi agli occhi dell’opinione pubblica una repressione spietata. Ma la sinistra prende tempo e non insorge. Una settimana prima del voto accade un fatto eclatante: viene incendiato il Reichstag, il Parlamento tedesco. La colpa viene data immediatamente ai comunisti e parte una serie di misure restrittive che porteranno a mettere fuori legge il KPD.
La tensione sale alle stelle e la società tedesca è preda di un’isteria collettiva senza precedenti. Alle elezioni immediatamente successive il partito nazionalsocialista manca l’obiettivo della maggioranza assoluta ma ottiene il 44% dei voti. I deputati nazisti si presentano in Parlamento in divisa militare. Con la scusa dell’incendio del Reichstag, il Parlamento vota una legge liberticida che conferisce i pieni poteri al governo: i comunisti sono già stati arrestati e solo i socialdemocratici votano contro la legge ma senza protestare, sperando di poter conservare il loro ruolo di morbida opposizione legale. Invece un mese dopo viene messo fuori legge anche l’SPD. Nel giro di pochi mesi vengono sciolti anche gli altri partiti: ora il Partito nazionalsocialista è l’unico consentito e la linea di Hitler è l’unica ammessa all’interno del partito stesso.
Nel 1934 Hindenburg muore. Con una legge emanata da se stesso, Hitler accumula su di sé le cariche di Cancelliere e capo dello Stato. La Repubblica di Weimar è finita.
C’è da dire che, mentre l’Italia era storicamente un Paese di cultura politica liberale e il 28 ottobre 1922 sarebbe bastata la firma del Re per impedire la Marcia su Roma e fermare il Fascismo, la Repubblica di Weimar, sorta da una sconfitta e da un’umiliazione, era nata già in crisi e non poteva che crollare tragicamente: evidentemente non c’erano modi per salvarla.
Nel 1935 vengono emanate le Leggi di Norimberga: agli ebrei, già espulsi dai lavori pubblici, è revocata la cittadinanza tedesca e proibiti i matrimoni misti con persone «ariane». Con la «notte dei cristalli» sono distrutti anche tutti i negozi e le attività private appartenenti a ebrei.
Articolo di Andrea Zennaro
Laureato in Filosofia politica e appassionato di Storia, è attualmente fotografo e artista di strada. Scrive per passione e pubblica con frequenza su testate giornalistiche online legate al mondo femminista e anticapitalista.