Il primo circolo Arci Gay nasce a Palermo il 9 dicembre del 1980, come iniziativa di mobilitazione civile suscitata dalla reazione derisoria e denigratoria verso la morte di due giovani di Giarre: Giorgio Agatino Giammona venticinquenne e Antonio Galatola quindicenne, che vennero uccisi con un proiettile in testa, dal nipote tredicenne di Antonio, Francesco Messina, si pensa su loro stessa richiesta, con il mandato delle rispettive famiglie, unico modo per mondare l’infamia arrecata all’onore familiare. Un omicidio-suicidio che ha le sue radici nel profondo senso di colpa e di vergogna provato dalla coppia che aveva totalmente interiorizzato la disapprovazione sociale che la loro condizione di omosessuali nella Sicilia di inizio anni 80’ instillava, consegnandoli a questa fine tragica.
Da quell’evento nefasto di 39 anni fa le cose sono cambiate moltissimo, grazie a una percezione dell’omosessualità decisamente migliore, frutto di un cambio totale di immaginario che lentamente ha portato a una quasi normalizzazione dell’omosessualità e delle “diversità sessuali” soprattutto tra i giovani e le giovani millennials e i più piccoli e piccole della “generazione Z”, pur trovando ancora resistenze soprattutto nelle generazioni più grandi ed ha portato alla conquista di alcuni diritti come le unioni civili nel 2016; un risultato raggiunto dopo moltissimo tempo anche grazie all’azione dei circoli che proposero addirittura nel 1988 una prima proposta per le convivenze omosessuali.
Ma se tanto è stato fatto (e tanto ancora c’è da fare) per una piena inclusione di tutti gli orientamenti sessuali, allargando il discorso all’identità di genere e all’origine di tutti i problemi: cioè l’assetto patriarcale della nostra società molto lo si deve all’azione sul territorio, in tutte le fasce d’età e strati sociali dell’Arci Gay che attualmente è arrivata ad avere sedi in ben settanta città, capillarmente da nord a sud ponendosi come unico punto di riferimento e vero e proprio rifugio in alcune realtà più arretrate e isolate.
Nel 1980 il primo circolo era soltanto un emanazione della Commissione Nazionale Diritti Civili dell’Arci, il cui promotore principale era Don Marco Bisceglia, prete cattolico del dissenso, animatore insieme a Don Mazzi, delle prime storiche lotte. Soltanto nel 1985 Arci Gay diventerà a tutti gli effetti un’associazione nazionale, ricevendo la sua prima locazione a “centro di cultura omosessuale” dato in affitto da un’amministrazione pubblica a Bologna che ne diventerà la sede principale.
Negli anni i circoli Arci Gay hanno lottato contro lo stigma sociale dell’HIV che a cavallo tra gli 80’ e i 90’ ha fatto ammalare tante persone di AIDS, e veniva definita da alcune frange della società come una giusta punizione divina per la “condotta sessuale immorale” dei “sodomiti”. Si sono battuti a più riprese per leggi che permettessero un riconoscimento giuridico alle unione tra persone dello stesso sesso, proposte di leggi contro le discriminazioni sessuali e di genere; inoltre è importante ricordare il ruolo importantissimo nell’organizzazione 25 anni fa del primo Pride nazionale tenuto a Roma il 2 aprile del 1994, primo evento di massa che ha dato visibilità e centralità a un mondo misconosciuto, considerato come il sottobosco della società, un luogo figurato e concreto percepito come periferico, frequentato soltanto da gente destinata a “finire male” come Pasolini nel 1975, o Freddie Mercury nel 1991.
Adesso tante cose ci sembrano per fortuna lontane e vediamo sulla rete, nelle serie tv, nella nostra quotidianità, tra i nostri parenti e amici tante coppie omosessuali, bisessuali, transgender vivere il proprio amore e la propria vita in una libertà e tranquillità che soltanto una decina di anni fa sembrava impossibile. Ma bisogna stare in guardia: rigurgiti omofobi collegati a movimenti nazionalisti sono sempre più presenti e hanno voce potente, organizzati in movimenti internazionali come quelli del “Family Day” o dei deliri cantati al suono di un identitarismo folle alla “io sono Giorgia” dei partiti populisti e sovranisti, nuovi e vecchi purtroppo sempre più forti e votati minacciano di smantellare i diritti civili acquisiti in anni di lotte.
Anche se la situazione è molto cambiata e modelli positivi per i giovani e le giovane che non si riconoscono nel modello di sessualità prescritto e preordinato sono sempre più presenti, il fantasma di Giorgio e Antonio si aggira ancora nel paese: si annida nelle strade di provincia fuori dal traffico delle metropoli globali, tra i campi sparsi di rovi di una strada provinciale del meridione, o nei piccoli paesi industriali immersi nella nebbia del ricco nord, è il senso di colpa che attanaglia ancora la vita di tantissime persone che interiorizzano il disprezzo percepito arrivando ad uccidersi, è la violenza fisica di un padre che rifiuta il proprio figlio, di una madre che insulta la propria figlia, l’ignoranza di chi pensa che la psicologia o Gesù possa guarire suo figlio o sua figlia da una malattia che non c’è.
Pertanto, oggi come nel 1980 battiamoci per Antonio e Giorgio e per tutte le persone che potrebbero essere discriminate, sapendo che rispetto a 39 anni fa siamo molto, molto più forti grazie anche ai circoli Arci Gay che dagli ormai lontani anni 80’ si battono per tutti e per tutte noi.
Articolo di Antonio Clemente
Docente di Italiano, storia e geografia, appassionato di Linguistica e Didattica, laureato magistrale in Letteratura italiana, Filologia moderna e Linguistica. Ho una seconda Laurea magistrale in Scienze dell’informazione, della Comunicazione e dell’Editoria. Cofondatore di Vitaminevaganti e Responsabile del progetto editoriale di Vitamineperleggere.