La giornata nazionale contro lo spreco alimentare

Ogni 5 Febbraio, dal 2014, ricorre in Italia la Giornata Nazionale contro lo spreco alimentare. I dati del Ministero dell’Ambiente, dell’Università di Bologna e della Fao convergono in maniera preoccupante nell’indicare nello 0,88% del PIL l’impatto che questo triste aspetto della società dei consumi ha sulla nostra economia. Il riferimento al denaro e ai bilanci statali colpisce sempre, ma è chiaro che la questione ha anche e soprattutto delle enormi implicazioni etiche, legate alla giustizia sociale a livello mondiale. Ogni anno, in Italia, oltre 15 miliardi di euro di cibo vengono gettati e smaltiti ancora prima di raggiungere le nostre tavole, in parte a causa di malfunzionamenti o di inefficienze della filiera (circa 3 miliardi), molto di più a fronte dello spreco alimentare domestico reale (quasi 12 miliardi). Gestire un frigorifero e una dispensa, a quanto pare, richiede a noi italiane/i molte più competenze e capacità di quello che pensiamo.

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Un problema, questo dell’organizzazione degli alimenti, che, tra tutte le specie animali, abbiamo soltanto noi esseri umani. Non mi pare di aver mai sentito parlare di bestie selvatiche col problema dell’obesità, né di scoiattoli alpini alle prese con grattacapi relativi allo smaltimento delle eccessive provviste invernali. Evidentemente l’uomo della società dei consumi vive il rapporto tra il tempo e le risorse in maniera totalmente differente dal resto delle specie che popolano il pianeta. Entrambi non gli bastano mai. Vogliamo vivere sempre più a lungo e consumando il più possibile, senza rinunce. A noi non è sufficiente arrivare a fine giornata con lo stomaco pieno, come fa una qualsiasi coccinella, per esempio. No, noi abbiamo bisogno di sapere che, in caso di gravi ed inimmaginabili imprevisti (come, che so, l’arrivo inatteso dei suoceri ultra snob a cena, accompagnati da un esercito alieno in tour enogastronomico sulla Terra; o il sopraggiungere in noi di un attacco di fame nervosa dovuto al voto di matematica gravemente insufficiente che, con un evidente abuso del proprio ruolo, la maestra ha osato rifilare a nostro figlio; oppure ancora la rottura della serratura, che ci costringerà a restare chiusi in casa per ore, fino all’arrivo dei pompieri), avremo di che fare bella figura, onorare gli obblighi dell’ospitalità, sfamarci, deliziare i nostri palati raffinati, quelli dei nostri nipoti e pronipoti, fino alla sesta generazione. La cosa assurda è che sappiamo tutte/i perfettamente che in qualsiasi momento, sette giorni alla settimana, ci basterebbe recarci al supermercato più vicino per procurarci ciò che ci occorre, ma, nonostante questa certezza, non sappiamo resistere all’attrazione fatale di una dispensa stracolma, a prova di guerra mondiale.

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Così, una settimana dopo l’altra, pienamente soddisfatti delle nostre provviste da esercito (sempre più indispensabili in una società che di figli ne fa sempre meno e in cui le famiglie sono mediamente composte da ben due o tre individui, con incredibili benché rari picchi di quattro o addirittura cinque componenti – perché non staremo mica senza un cane o un gatto, voglio sperare, che, poverini, devono a loro volta avere le scatolette del cibo migliore) ci accomodiamo a sera beati sul divano di casa, con in mano il nostro maxi barattolo di crema alla nocciola da una parte, il pacchetto di popcorn dall’altra (nuovo, perché quello dimenticato aperto il giorno prima sa già di vecchio) e magari una buona bibita gassata sul tavolino di cristallo. Oh, che meraviglia la società dei consumi!
Dopo tutto lo stress del lavoro e le corse avanti e indietro, finalmente un po’ di meritato riposo davanti alla tivù. Purché, beninteso, non arrivi il solito programma impegnato a farci riflettere sugli squilibri economici del pianeta. No, il bambino africano denutrito non lo vogliamo vedere. E che diamine, avremo diritto a un po’ di tranquillità, libera dai sensi di colpa! Ecco, ci mancava il videomessaggio di Papa Francesco che, riprendendo un discorso di Giovanni Paolo II, ricorda a tutti il paradosso dell’abbondanza: c’è cibo per tutti, al mondo, ma non tutti possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l’uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri occhi. Finito con la Chiesa, ci si mette pure la Legge! Volevamo solo rilassarci un po’ davanti alla televisione, ma qui ci propinano discorsi sul diritto al cibo, riconosciuto come fondamentale ed universale sin dalla Dichiarazione Internazionale del 1948, ma che rappresenta ancora oggi un diritto negato ad una parte consistente della popolazione del pianeta.

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E noi che colpa ne abbiamo, scusate? Se siamo nati nella metà del mondo ricca, mica possiamo farci niente. O forse sì? E poi perché è così sbagliato sprecare, se poi comunque il cibo può diventare compost? Mentre, delusi dalla nostra serata a spuntini rovinata dalla televisione socialmente impegnata, gettiamo nella spazzatura i popcorn rimasti, che ormai ci risultano indigesti, a rispondere a questi interrogativi è il Ministero dell’Ambiente, dati alla mano. Il 3% delle emissioni climalteranti di gas serra deriva proprio dal cibo eliminato prima di essere consumato; il 60% dell’energia utilizzata per la produzione alimentare umana, a causa degli sprechi, va a sua volta consumata inutilmente.
E poi abbattere gli sprechi ci consentirebbe di raggiungere una significativa riduzione dei costi di gestione dei rifiuti e il miglioramento della salute della popolazione mondiale, una più equa distribuzione delle risorse alimentari nel mondo, un reale contrasto alla fame, un migliore utilizzo dell’acqua sul pianeta. A questo proposito, l’Unicef fa sapere che oggi il numero delle persone che soffrono la fame nel mondo è in crescita: sono 821 milioni, vale a dire 1 abitante della terra su 9. L’incidenza della denutrizione è aumentata negli ultimi tre anni, tornando ai livelli di un decennio fa.

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Il rapporto annuale delle agenzie dell’Onu rileva che tra i fattori chiave dell’incremento dell’insicurezza alimentare vi sono le oscillazioni climatiche che influenzano l’andamento delle piogge e delle stagioni agricole, gli eventi climatici estremi quali siccità e alluvioni, insieme ai conflitti armati e alle crisi economiche. Quindi, mentre nei Paesi poveri si fatica a produrre e si è in balìa della natura, in quelli ricchi si continua a sprecare.
Da noi in Europa, le ragioni legate all’eliminazione di cibo domestico sono diverse: educazione alimentare insufficiente, inappetenza a causa di spuntini di metà mattina troppo abbondanti, non gradimento delle pietanze preparate, refettori non sempre adeguati alla destinazione d’uso, qualità organolettica del cibo non sempre appropriata, poca consapevolezza dell’entità di cibo che giornalmente è sprecato ed altre ancora. In media ogni italiana/o getta nell’immondizia 65 chili di cibo all’anno. Ma chiunque può dare un piccolo contributo, a partire dalla vita di tutti i giorni. Andare a guardarsi qualche bel video di Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market, o leggere alcuni dei suoi articoli disponibili in rete, può essere un buon modo per imparare l’arte dello sprecozero, come la chiama lui. In occasione di una cena con amici, per esempio, l’esperto consiglia cinque mosse molto semplici, ma utilissime, per abbattere i rifiuti alimentari: fare la spesa considerando bene il numero dei commensali (in cucina il detto “quanto basta” funziona sempre); acquistare le offerte 3X2 solo di cibi che si possono conservare a lungo; pesare sempre gli alimenti prima di cucinarli: gli eccessi  fanno male ai commensali e alla salute dell’ambiente, se poi finiscono in spazzatura; recuperare ciò che avanza il giorno dopo o congelarlo; differenziare bene i rifiuti, riciclando nel compost ciò che può dare nutrimento ad altri esseri viventi. Chissà, magari i vostri suoceri ultra snob avranno voglia, un giorno, di riaccompagnare l’esercito alieno del tour enogastronomico al proprio pianeta d’origine. Offritevi voi, allora, di preparare loro gli spuntini per il viaggio, magari utilizzando quelle uova al ventottesimo giorno che volevate usare per fare una bella torta, destinata a ingraziarvi la maestra di matematica di vostro figlio.

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Articolo di Chiara Baldini

BALDINI-PRIMO PIANO.jpgClasse 1978. Laureata in filosofia, specializzata in psicopedagogia, insegnante di sostegno. Consulente filosofica, da venti anni mi occupo di educazione.

2 commenti

  1. Un articolo tanto esilarante quanto sconvolgente e necessario! Il 5 febbraio lo leggerò volentieri nelle mie classi per riflettere con i e le mie studenti. Complimenti! 🙂

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