Circa trentacinque Associazioni, da quelle culturali a quelle sportive, comprese alcune chiese evangeliche, hanno partecipato, o comunque sostenuto, la seconda fiaccolata per le vittime dell’inquinamento che si è svolta a Taranto il 26 febbraio sera, nonostante il vento e la paura del coronavirus. La fiaccolata nei giorni frenetici della preparazione ha visto la solidarietà attraverso messaggi video anche dal mondo dello spettacolo, da registi, attori e attrici, cantanti, tra cui Diodato, cantautore tarantino vincitore della settantesima edizione del festival di Sanremo, e le cantautrici tarantine Gabriella Martinelli e Lula, autrici del brano Il gigante d’acciaio; in collegamento la sera stessa anche la città di Firenze dove un gruppo di attivisti e attiviste ha organizzato in contemporanea un’altra fiaccolata.
Quest’anno alla triste commemorazione, anche dei troppi bambini e delle troppe bambine che non ci sono più, e alla denuncia di quello che dal prof. Alessandro Marescotti, fondatore di Peacelink, è stato definito “razzismo ambientale”, si è aggiunta la speranza, quella simboleggiata da un arcobaleno che accompagnava le tante foto delle bellezze di Taranto corredate da frasi poetiche, dal Ponte girevole al Castello aragonese, dal Museo “Marta” alle aree archeologiche dell’unica città spartana al mondo, dai delfini ai citri, le sorgenti di acqua dolce nel pieno dell’azzurro del Mar Piccolo.
Il corteo, guidato da una grande Costituzione italiana imbavagliata che a passo cadenzato si apriva presentando l’articolo 32 («La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»), da piazza Maria Immacolata è arrivato lentamente in piazza Garibaldi e lì tante voci di tutte le età, compresi musicisti e cantanti, hanno animato il palco attraverso la testimonianza di genitori, studenti, medici, volontari e volontarie per la Giustizia che da anni si appellano al Principio europeo di precauzione per poter far fronte alla prepotenza del Governo, che continua a sacrificare Taranto e a ignorare quella che è la vocazione differente del territorio.
Due anni fa, infatti, le associazioni LiberiAmo Taranto e Genitori tarantini lanciarono un appello con la petizione “Chiudiamola qua” corredata da ben quattromila firme di cittadini e cittadine con cui si chiedeva al sindaco di tutelare la salute di Taranto e provincia sottoposte a rischio sanitario inaccettabile: lo dice un team di scienziati che ha redatto una relazione che si chiama Valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario, la cosiddetta Viias, secondo la quale per i prossimi anni a Taranto con l’attuale livello produttivo di 4,7 milioni di tonnellate all’anno di acciaio continuerà a far registrare un rischio cancerogeno superiore alla soglia di accettabilità. Cosa fare?
«Con questo giuramento di solidarietà, qui in piazza, costituiamo di fatto, da ora, un comitato cittadino di liberazione, un comitato che avrà nella nonviolenza, nella gentilezza e nella ricerca della felicità le sue ragioni di fondazione. Noi siamo eredi morali di quella lotta nonviolenta che è già stata di Gandhi, Martin Luther King, Mandela, di chi ha dovuto resistere, resistere e resistere ancora fino al riconoscimento dei propri diritti umani»: questa la proposta di Marescotti che aggiunge: «Vogliamo godere dei diritti della nostra Costituzione, che all’articolo 3 prevede che vengano rimossi gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. L’Ilva a Taranto è di fatto il più grande ostacolo alla realizzazione di questo principio di uguaglianza…La stagione dei silenzi è finita».
Attualmente l’ex Ilva perde circa 2 milioni di euro al giorno, 135 euro al giorno per ogni lavoratore e, infatti, la multinazionale ArcelorMittal vuole andare via sebbene l’Ilva in Amministrazione straordinaria abbia definito «illegittima, inappropriata e sproporzionata l’ordinanza che incide sull’esercizio di uno stabilimento d’interesse strategico nazionale e su interessi che devono trovare la loro composizione e il loro bilanciamento attraverso l’appropriato uso degli strumenti ordinari». L’ordinanza è quella firmata il giorno dopo la fiaccolata dal sindaco Melucci che intima ai gestori dello stabilimento di individuare le cause degli eventi emissivi e risolvere le criticità degli impianti entro trenta giorni altrimenti sarà imposta la fermata dell’area a caldo.
Trenta giorni sono troppi. Ancora di più ora “Taranto non si arrende!”.
Articolo di Virginia Mariani
Docente di Lettere, unisce all’interesse per la sperimentazione educativo-didattica l’impegno per i temi della pace, della giustizia e dell’ambiente, collaborando con l’associazionismo e le amministrazioni locali. Scrive sul settimanale “Riforma”; è autrice delle considerazioni a latere “Il nostro libero stato d’incoscienza” nel testo Fanino Fanini. Martire della Fede nell’Italia del Cinquecento di Emanuele Casalino.