Le parole sono importanti: l’inclusione entra nel Manifesto della comunicazione non ostile

Nelle giornate dell’8 e 9 maggio scorso si è svolto il quarto Convegno Nazionale di Parole_o_Stili, la community nata quattro anni fa che si occupa della diffusione di un linguaggio civile in rete e soprattutto sui social. Si rivolge a genitori, docenti, studenti ed aziende ed è diventata in breve tempo molto famosa per avere creato con un lavoro collettivo in rete, il Manifesto della comunicazione non ostile, diffuso in tutte le scuole e molto apprezzato dalle nostre comunità educanti. In un articolo precedente (https://vitaminevaganti.com/2020/04/11/il-manifesto-della-comunicazione-non-ostile-in-tempi-di-didattica-a-distanza/) ho avuto modo di scrivere di questa associazione, del suo lavoro, della declinazione del Manifesto in moltissime lingue, della sua articolazione nelle pubbliche amministrazioni, in azienda e nello sport. Quest’anno il Convegno, che avrebbe dovuto tenersi a Trieste, città da cui ha preso forma la community, si è svolto online con un nutrito gruppo di relatori e relatrici, queste ultime presenti in maggioranza, con qualche dichiarazione di imbarazzo in certi panel di appartenenti al genere maschile, che si sono trovati a condividere le sensazioni che le donne provano, come quasi sempre accade, quando sono in minoranza in altri contesti. Il tema del Convegno era “Si è ciò che si comunica”, il secondo punto del Manifesto. A condurre i lavori è stata Rosy Russo, ideatrice di questa community, che si definisce “mamma e genitore”. In apertura dei lavori, di cui in rete si possono trovare tutti gli interventi, Alessandro Baricco ha offerto, come spesso accade, interessanti spunti di riflessione, che mi piace condividere con i lettori e le lettrici di questa rivista. L’autore di The Game, un libro necessario per comprendere il nostro tempo, di cui a breve uscirà un’edizione per adolescenti, Storie del mondo digitale per ragazzi avventurosi, curata insieme a Sara Beltrame,  ha sottoposto alla nostra attenzione alcune riflessioni sul lockdown e sull’uso della tecnologia digitale. Il fondatore della scuola Holden ha molto apprezzato l’atteggiamento della community di Parole_ o_Stili, che non conosceva. Diversamente dalla maggior parte delle persone che, davanti al nuovo rappresentato dal digitale, lo hanno indentificato spesso con il male, pensando solo ai rischi e a come tenersene lontani, l’associazione di Rosy Russo si è rimboccata le maniche e si è messa a usare questo nuovo strumento per il bene, provando a farlo con una grande attenzione alle parole. L’autore di Castelli di rabbia ha sottolineato come gli intellettuali, per una serie di motivi, si erano un po’ tenuti lontani dalle tecnologie, ma la quarantena le ha fatte diventare nostre compagne di strada. L’esperienza che abbiamo vissuto è stata dura, pesante, con aspetti negativi accanto a quelli positivi che siamo riusciti a trovare, ma ci ha fatto scoprire che adesso è finalmente caduta la barriera tra gli umani e il digitale. Questo mostro strano fino ad oggi veniva usato con cautela e attenzione, senza che ci credessimo troppo. Poi, in questa reclusione forzata di noi con il digitale, ci siamo trovati come due persone bloccate su di un treno che cominciano a parlarsi. Il digitale era lì e ci concedeva cose che non erano per niente inutili. Meet di Google ha tenuto in piedi la scuola e ci ha consentito delle videolezioni con operazioni semplici. Abbiamo anche capito che era proprio un luogo comune, quello con cui ci raccontavamo che stavamo troppo sul digitale e che la realtà era ormai più solo quella virtuale. Quante cose sapevamo fare con il nostro corpo che in questa quarantena ci sono state precluse? Abbracciarci, toccarci, baciarci, correre, andare in bicicletta, fare sport… Ecco che allora è necessario un bilanciamento tra il nostro usare le tecnologie digitali e il continuare ad essere umani. Con nostra sorpresa adesso di questi nuovi strumenti potremmo anche innamorarci, perché abbiamo scoperto che le riunioni virtuali sono quasi meglio di quelle in presenza, che siamo tutti più efficienti, abbiamo imparato a sintetizzare il nostro pensiero  e che dopo queste videoconferenze ci resta addirittura del tempo in più, perché non abbiamo dovuto guidare, cercare parcheggio per raggiungere il luogo in cui si svolgono, non dobbiamo rimetterci in auto o sul treno, lavoriamo da casa e ci resta più tempo per leggere, per stare in famiglia, per fare l’orto… Siamo in un sistema a due motrici, una reale, fisica, e una virtuale, fatta di foto, immagini, collegamenti, parole dette, parole scritte, molto più ricca di prima e che rende gli umani molto più svegli. Questa quarantena ci consentirà di scrollare dall’albero le foglie morte, quelle che da tempo erano in agonia, ridisegnando le cose che ci stanno a cuore. Venendo al tema della scuola forse sarà il momento di pensare a costruire una scuola più contemporanea e adatta alle menti dei ragazzi e delle ragazze, diversa da quella, sempre uguale a sé stessa delle classi di 25/30 alunni/e articolata sulle cinque o sei ore di lezione mattutina. Abbiamo in mano un foglio e una matita per ridisegnare il futuro, il momento adatto è quello della scossa sismica che ci ha investiti e che ci farà perdere, anche con grande sofferenza, pezzi di mondo che non torneranno più. Per fare questo ci sarà bisogno delle persone migliori tra noi, secondo l’autore di Oceanomare. Il quarto Convegno nazionale di Parole_ o_ Stili ha approfondito molti temi con tanti ospiti, in incontri e tavole rotonde tutte scaricabili dalla rete. Si è parlato di didattica a distanza, soprattutto nella scuola primaria, di comunicazione in tempi di coronavirus, di come la pandemia è stata raccontata dalla stampa e di molto altro. Quello che a noi interessa approfondire è la nuova redazione del Manifesto, i cui punti sono stati ulteriormente declinati e articolati, per una comunicazione non solo non ostile ma anche inclusiva, in piena sintonia con il progetto di una società pluralista e aperta alle diversità delineato dalla Costituzione italiana. I dieci punti sono stati letti in video da Cristiana Capotondi e ulteriormente approfonditi, ciascuno da un personaggio diverso. Qui, esamineremo il primo e il secondo punto del Decalogo, che spero sia appeso in tutte le nostre scuole e discusso nella comunità educante di docenti, genitori e studenti, in un costante confronto con i principi della Costituzione e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Il primo punto della nuova versione del Manifesto recita così: Virtuale è reale. Comunico in rete come faccio nel mondo reale, rispettando le persone e le loro differenze, le fragilità e i punti di forza. Scelgo di includere, senza giudicare o discriminare. Occorre riflettere, tra noi e con le nostre classi, su quanta attenzione sia necessaria quando usiamo le parole. Come diceva Nanni Moretti nel suo film Palombella rossa, «Le parole sono importanti» e ormai la nostra realtà è a due motrici, digitale e fisica e tra l’una e l’altra non c’è alcuna differenza. Quando si scrive in rete occorre sempre immaginare di avere davanti la persona a cui ci si sta rivolgendo e chiedersi se useremmo le stesse parole per parlare con lei e se mentre scriviamo in una piazza virtuale/reale in cui tutti ci leggono le parole stanno offendendo qualcuno/a, discriminando o esprimendo giudizi che sono spesso solo pregiudizi. A commentare questa apertura del Manifesto è stata invitata Andrea Delogu, conduttrice radiofonica e televisiva e scrittrice. La citazione con cui si è aperto il suo intervento è stata: «Quando qualcosa è torbida la elimino. Se mi insulti o mi colpisci ti blocco. Non dò la possibilità a nessuno di potermi ferire. La rete è il mondo ed è stupendo. La rete mi ha aiutata tantissimo e non ci rinuncio per la cattiveria di pochi.» Con quest’ospite si è affrontato il doloroso tema degli insulti in rete dei cosiddetti “leoni da tastiera”, che allontana molte persone dai social. Delogu ha sostenuto che la rete è talmente importante e ricca di occasioni e informazioni che allontanarsene è privarsi di una bellissima parte di mondo che ci può aiutare. Per questo nei confronti di chi ci insulta abbiamo lo strumento del blocco delle persone che ci feriscono, così come smetteremmo di frequentare le stesse se ci insultassero “in presenza”. Alla richiesta di Russo se fa differenza essere un uomo o una donna in rete, Delogu ha risposto affermativamente. È come se una donna, per il fatto di appartenere al genere femminile, attirasse per ciò stesso critiche e giudizi, proprio quello che il punto uno del Manifesto suggerisce di evitare. Delogu racconta che un uomo che in rete si presenta come marito e padre felice si permette di commentare una sua foto con l’osservazione «Mi sembri un po’ ingrassata». Una donna, anche sul web, prima di tutto si giudica per il suo aspetto fisico e gli uomini hanno il diritto di soppesarne le carni, proprio come nei concorsi di bellezza, cosa che non si fa nei confronti del genere maschile. Non c’è nulla di cui stupirsi: nel mondo virtuale si ripete tale e quale quanto succede nella realtà fisica. La soluzione suggerita è restare in rete, allontanando chi ci insulta o ci giudica in base a pregiudizi. L’augurio di Delogu – che ripone grandi speranze nei teenagers nativi digitali – a tutti noi, è che la scuola insegni ad usare i social nelle sue lezioni e come parola che definisca l’inclusione sceglie “accettazione”. L’ostilità verso le donne è emersa nelle interviste di molte ospiti durante il Convegno, con qualche stupore da parte di Russo, che ha ribadito spesso di «non essere femminista», come se questa parola avesse una connotazione negativa. Questa osservazione ci offre l’occasione di prendere in esame il secondo punto del nuovo Manifesto: Si è ciò che si comunica. Rispetto la mia identità e decido liberamente di definirmi come sono, o di non definirmi affatto. Accolgo la complessità e la molteplicità. Valorizzo la diversità creativa. Per riprendere il discorso di Moretti cui si faceva riferimento, «Chi parla male pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste. Le parole sono importanti». A commentare il punto che dà il titolo al Convegno è stata Bebe Vio, che ha parlato dello sport come inclusione delle persone con disabilità e amputate, a cui lo sport ha offerto spazio e visibilità. Le parole danno forma al pensiero e dicono di noi molto più di quanto crediamo. Su questo punto ci sarebbe piaciuta una maggiore attenzione al linguaggio di genere, su cui da ormai trent’anni sono uscite delle linee guida della presidenza del Consiglio dei Ministri, a cura di Alma Sabatini, su cui si è pronunciata l’Accademia della Crusca. In merito ad essa sono state pubblicate delle Linee guida per la scuola da parte della ex Ministra Fedeli, linee guida mai abrogate da chi l’ha seguita nella direzione del Ministero che oggi è ritornato a chiamarsi della Pubblica Istruzione. Quest’attenzione purtroppo non c’è stata ed è probabilmente il segno di inconsapevolezza.  Chi scrive, utilizza sempre il linguaggio sessuato per rappresentarsi, considerandolo un modo per definirsi rispettando la propria identità femminile. Non è di secondaria importanza, in un mondo femminilizzato come la scuola, ostinarsi a correggere i verbali delle classi che si coordinano con la parola Coordinatrice in luogo di Coordinatore, usato per tutte le persone che insegnano, anche se gli uomini presenti nella classe docente sono una sparuta minoranza, usare l’articolo “la” quando si presiede una Commissione d’esame o un Concorso. Riflettere sulle parole che usiamo per definirci e sulla libertà di farlo è esplicitare quel diritto all’identità personale, sessuale e politica che la giurisprudenza è andata affermando nel tempo come declinazione dell’articolo 2 della nostra Costituzione, spesso su richiesta di quel politico visionario che è stato Marco Pannella. La costruzione di una democrazia accogliente ed inclusiva passa attraverso l’uso delle parole che scegliamo per rappresentarci. La cura delle parole, come scrive Gustavo Zagrebelski in numerose sue pubblicazioni, è una necessità in democrazia, forma statuale che se vuole essere inclusiva, per sua natura, non può avere una sua pedagogia o dottrina, diversamente dai regimi totalitari, perché non si ritiene portatrice di una verità universale. La democrazia è sempre in costruzione, proprio come il progetto della nostra Costituzione, ed è anche sempre sul punto di essere perduta, se non si fa un’opera di manutenzione della stessa, attraverso la cura delle parole nella scuola, sulla stampa, in televisione ed oggi nella comunità allargata della rete. Sta a noi tutti e tutte contribuire alla costruzione e alla manutenzione della democrazia, comunicando chi siamo. Come ci ricorda Primo Levi, in Dello scrivere oscuro: «Abbiamo una responsabilità, finché viviamo: dobbiamo rispondere di quanto scriviamo, parola per parola, e far sì che ogni parola vada a segno.» C’è moltissimo da costruire nelle nostre classi sui primi due punti del nuovo Manifesto. Consultare le schede didattiche che sono reperibili sul sito di Parole_o_Stili , adattarle e ripensarle per le nostre classi è uno dei modi per combattere il cyberbullismo e il bullismo tanto frequenti tra gli adolescenti, per riflettere sull’invisibilità delle donne che l’universale maschile favorisce e sull’importanza non puramente formale del linguaggio sessuato e per  cominciare a ridisegnare, con un foglio e una matita,  quella realtà a due forze motrici di cui ci ha parlato Alessandro Baricco. Vi invito a sperimentarle e a riscontrarne l’interesse e la partecipazione che ottengono tra i nostri e le nostre allieve/i, sia perché ci invitano a modalità di insegnamento interattivo, sia perché stimolano il protagonismo degli e delle studenti, sia infine perché ci consentono finalmente di adottare strategie educative e didattiche che superino il modello della lezione frontale su cui chiedere la mera ripetizione di quanto abbiamo detto o di quanto è scritto sui Nostri Manuali: un modello ormai in agonia, noioso, ripetitivo, sempre uguale a se stesso, che dovrà essere superato se vogliamo costruire una scuola inclusiva proprio perché  più adatta alle menti dei nostri e delle nostre alunne, nel cambiamento epocale che la pandemia sanitaria globale ha soltanto accelerato.

 

Articolo di Sara Marsico

Sara Marsico.400x400.jpgAbilitata all’esercizio della professione forense dal 1990, è docente di discipline giuridiche ed economiche. Si è perfezionata per l’insegnamento delle relazioni e del diritto internazionale in modalità CLILÈ stata Presidente del Comitato Pertini per la difesa della Costituzione e dell’Osservatorio contro le mafie nel sud Milano. I suoi interessi sono la Costituzione , la storia delle mafie, il linguaggio sessuato, i diritti delle donneÈ appassionata di corsa e montagna. 

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