Su questa rivista, presentando sul n. 53 l’avvincente biografia di Jessie White Mario, detta la Giovanna d’Arco della causa italiana, abbiamo già affrontato il caso delle straniere coinvolte con viva partecipazione nelle vicende del Risorgimento italiano. Meriterebbero ben più di una semplice menzione la grande poeta inglese Elizabeth Barrett Browning, Catherine Elizabeth (Nerina) Tighe Cini, Laura Acton Minghetti, l’intellettuale greca Margherita Albana Mignaty, la contessa svizzera Giulia Calame Modena, Dora d’Istria (pseudonimo della albanese Elena Gjika), Angelica Palli- di origini greco-albanesi- che aprì- con il marito Gian Paolo Bartolomei- il proprio salotto livornese agli esuli e ai patrioti greci e italiani. Molto bella la figura della inglese Louisa Grace, sposata Bartolini, che scelse di vivere a Pistoia e di diventare italiana a tutti gli effetti, non solo per matrimonio ma per amore della lingua, della cultura, dell’arte e della causa risorgimentale. Diverse fra loro aderirono con spirito romantico e molto idealismo, alcune seguirono le orme dei compagni, altre furono autonome nelle scelte, persino ribelli, tutte in comune avevano alle spalle una famiglia colta, se non anche nobile e ricca, e una formazione aperta, poliglotta, stimolante.
Sarah Margaret Fuller era una americana nata a Cambridgeport, nei pressi di Boston, il 23 maggio 1810, da una famiglia benestante. Dopo di lei nacquero sei figli maschi e il padre, avvocato e senatore, educò tutti allo stesso modo, impartendo una istruzione classica, con studio del latino e del greco, ma anche della lingua e della letteratura tedesca, della cultura italiana e francese. Margaret subì con qualche sofferenza questa formazione assai rigida e manifestò presto problemi di salute, come incubi e tremendi mali di testa. Alla morte del padre dovette impegnarsi per mantenere la numerosa famiglia e cominciò a insegnare e a tenere conferenze a pagamento, rivolgendosi alle giovani nella giornata in cui potevano essere più libere, ovvero la domenica. Nel 1840 conobbe Emerson, il teorico del Trascendentalismo, che le dette molta fiducia, così Margaret per due anni curò la sua rivista “Dial” e vi pubblicò ben 33 articoli; nel 1843 uscì a sua firma il primo saggio femminista americano: The great lawsuit, divenuto poi un opuscolo con il titolo Woman in the Nineteenth Century in cui rivendicava la parità di genere, perché uomini e donne hanno la medesima “anima divina”. Si dedicò anche alla letteratura e il suo Estate sui laghi (’43) riscosse un certo successo. Di lì a poco fu assunta come giornalista (ancora un primato) al “The New York Daily Tribune” dove iniziò a scrivere una serie di articoli su tematiche di impegno sociale. In quel periodo svolse anche indagini storiche, fece traduzioni, si occupò di critica letteraria, curò pubblicazioni altrui. Nel 1846 un nuovo primato la vide protagonista: venne in Europa come corrispondente dall’estero, oltre che come istitutrice di un bambino, figlio di amici. Le prime tappe furono Londra e Parigi, dove conobbe politici ed intellettuali: da Mazzini a Chopin, da George Sand a Worthsworth.

Il 27 marzo 1847 arrivò a Roma e ben presto incontrò casualmente il marchese Giovanni Angelo Ossoli, di dieci anni più giovane; dopo alcuni viaggi nel nord Italia, a Milano ad esempio dove incontrò Manzoni, rientrò a Roma per frequentare il marchese. Intanto inviava gli articoli richiesti, soprattatutto di argomenti culturali e artistici. La relazione con Ossoli, divenuta di pubblico dominio, destava scandalo quindi vissero un periodo all’Aquila e poi a Rieti, dove nacque il figlio Angelo nel 1848; nel frattempo Margaret intratteneva una fitta corrispondenza epistolare con il grande poeta polacco e caro amico Adam Mickiewicz, di cui ammirava l’opera (specie il poema Morte del colonnello) e che volle come padrino del figlio. Dopo soli due mesi lasciò il piccolo con una balia perché gli eventi che si stavano svolgendo a Roma la attraevano inesorabilmente. Le sue corrispondenze cambiarono tono, divennero reportage di attualità e di politica, in cui manifestò senza riserve la sua adesione agli ideali mazziniani e invocava da parte degli Usa un aiuto alla popolazione italiana e alla neonata Repubblica romana. Durante l’assedio francese, Cristina di Belgiojoso la nominò “regolatrice” dell’ospedale Fatebenefratelli dove venivano ricoverati i feriti, mentre Ossoli combatté sul Gianicolo insieme ai patrioti. «Ieri sono andata a vedere le scene del conflitto. (…) Fui colpita più che mai dall’eroico valore dei nostri, lasciatemelo dire, come l’ho detto sempre, perché dovunque io vada una gran parte del mio cuore rimarrà per sempre in Italia.» Così scriveva il 6 luglio 1849.
Preso di nuovo con sé il piccolo Angelo, assai debilitato, la coppia visse brevemente fra Perugia e Firenze; la scarsità di mezzi, visto che gli unici proventi venivano dal lavoro di Margaret, convinse la famigliola a trasferirsi in America. Assunta una governante italiana (Celeste Paolini) e trovata una nave mercantile a vela disposta al trasporto, partirono, ma davanti a New York, presso Fire Island, avvenne il naufragio. Quindici persone su 22 si salvarono, aggrappandosi al relitto e raggiungendo la riva, ma di loro non si ebbero più notizie. Andò perduto anche il manoscritto dell’opera in formazione che Margaret voleva dedicare alla storia dei moti italiani.
Era il 19 luglio 1850.
Di lei ci rimane un solo ritratto, un dagherrotipo del 1846, che la ritrae in modo molto convenzionale: è seduta, assorta nella lettura, elegantemente vestita e acconciata, un’immagine lontana da ciò che era in realtà; lo studioso di letteratura nord-americana Carlo Izzo la definì «battagliera, imperiosa, insofferente, persino acre». Ma a questo giudizio forse troppo duro, è bene aggiungere che era una donna colta e appassionata, una intellettuale che univa agli studi la razionalità e l’azione, fu una “realizzatrice” (come l’ha definita la professoressa Cristina Giorcelli), una donna avanti rispetto ai suoi tempi, come dimostrò ampiamente con il suo amore controverso, con il suo femminismo anticipatore, con la sua battaglia contro le violenze sugli animali, con il suo disinteressato patriottismo rivolto alla causa italiana.
Nel bicentenario della nascita le sono state dedicate molte iniziative, al di là e al di qua dell’oceano, una in particolare, assai significativa, si è svolta a Roma, presso l’ospedale Fatebenefratelli, lo stesso dove operò, e da quegli atti si possono ricavare notizie e approfondimenti. (Margaret Fuller Ossoli, le donne e l’impegno civile nella Roma risorgimentale– 23.5.2010)
A Rieti la ricorda una lapide sul muro esterno della casa in cui visse, a Roma le è intitolato un viale all’interno di Villa Sciarra e una targa si trova in piazza Barberini n. 2, presso la sua dimora. Anche negli Stati Uniti alcune strade e piazze hanno il suo nome. Sul memorial nella città natale una targa recita: «Figlia del New England per nascita, cittadina di Roma per adozione, cittadina del mondo per il suo genio.»

In copertina: Rieti. Foto di Noemi Mattana
Articolo di Laura Candiani
Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume e Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.
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