Fuori dagli schemi

Quando, quasi al termine dei tre anni di triennale, mi sono ritrovata a dover scegliere l’argomento per la tesi, le contraddizioni che ho affrontato non sono state poche: tesi dall’argomento banale per fare prima? Tesi complessa su cui avrei perso un bel po’ di tempo? Lascio che la professoressa mi indirizzi nella scelta dell’argomento o mi presento lì con le idee chiare? Ripensando al mio percorso, ho dunque passato in rassegna tutte le discipline e i vari argomenti: la scelta è ricaduta su una tesi di letteratura inglese, scritta in inglese, dal titolo Jane Austen’s Emma and the marriage market: when marriage was a contract (Emma di Jane Austen e il mercato matrimoniale: quando il matrimonio era un contratto). Nonostante il mio intento primario fosse esclusivamente quello di mettere in luce il contesto matrimoniale da un punto di vista economico- legislativo partendo, appunto, dal romanzo di Austen, va da sé che la scrittrice in questione generi un’ondata di femminismo a cui non si può rimanere indifferenti. In fase di stesura, il mio lavoro è quindi andato oltre il margine che mi ero imposta, per poi spaziare su altri argomenti: da qui il primo insegnamento che ne ho tratto, ovvero quello di non imporsi mai dei limiti, mai farsi soggiogare dai confini, mai restare intrappolati/e in schemi spiccioli e precostituiti, ma cercare di andare sempre oltre. Così come ho spiegato anche nell’introduzione della tesi, il mio intento era di fare in modo che lettori e lettrici abbandonassero l’idea di una Austen dedita solo a romanzetti dai finali “smielati” per riconsiderarla sotto un aspetto meno superficiale, ovvero come un’acuta osservatrice della società a lei coeva, un processo che ci aiuterebbe sicuramente anche nella comprensione delle dinamiche che regolano la società a noi contemporanea, a sostegno dell’idea secondo cui Austen sia una scrittrice sempre attuale.
Perché, tra i tanti romanzi di Austen, ho deciso di trattare proprio Emma? Una volta schiaritami le idee, la scelta del romanzo non è stata poi molto ardua: Emma, tra le molteplici eroine nate dalla penna della scrittrice, rappresenta l’eccezione. La stessa Austen la presenta come «an heroine whom no one but myself will much like» («un’eroina che non piacerà molto a nessuno, tranne che a me»). Emma è ricca, libera e indipendente. Detta così, sembra quasi che siano i suoi soldi (Emma è ereditiera di 30.000 sterline annue) a decretarne la libertà e l’indipendenza. In realtà, l’indipendenza di cui parlo è qualcosa che va oltre la mera indipendenza economica, un’indipendenza che arriva a toccare i confini della libertà sociale e che quindi  garantisce alla nostra eroina quella dignità personale che, al contrario, le donne sposate erano costrette ad annullare per totale ed esclusiva dedizione alla controparte maschile. I beni materiali che Emma possiede (erediterà anche la casa alla morte del padre) sono lo strumento che le permette di non essere soggiogata al mercato matrimoniale dell’epoca che vedeva la donna e i suoi beni “inglobati” tra i possedimenti del marito nel momento in cui il contratto matrimoniale veniva stipulato: lei non ha bisogno di un matrimonio per raggiungere il benessere economico. Emma è quindi libera dalle dinamiche di mercato ma (c’è un ma) è qui che arriva il paradosso interessante: nonostante sia consapevole del fatto che può tirarsi fuori da quell’ambiente patriarcale e conservatore in cui le sue coetanee erano inevitabilmente coinvolte, Emma si adopera per combinare le unioni altrui, con risultati di solito fallimentari, quasi come se volesse a tutti i costi partecipare in qualche modo al mondo matrimoniale che costituiva per l’epoca una componente sociale strutturale di fondamentale importanza.
Nel primo capitolo mi sono quindi concentrata sulla parte socio-economica del contratto matrimoniale, esplorato anche da un punto di vista legislativo: ho riportato alcune tra le leggi più importanti vigenti tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo (anni in cui Austen scriveva) che regolavano il mercato matrimoniale. Ho cercato di evidenziare il modo in cui le leggi costituivano un fattore discriminante per la parità dei sessi all’interno della coppia, poiché portavano sempre una serie di vantaggi economici per l’uomo e mai per la donna che, una volta sposata, diventava proprietà del marito insieme ai suoi beni. Mi sentivo in dovere anche di fare un riferimento alla città di Bath, nel Somerset. Leggendo il romanzo mi sono chiesta perché la cittadina rivestisse un ruolo tanto fondamentale e, dopo una serie di ricerche, ho scoperto che, oltre a essere legata all’esperienza biografica della scrittrice, Bath, sede ancora oggi di importanti stabilimenti termali di epoca romana, era un luogo fondamentale per le ragazze in cerca di marito: lì infatti potevano mettersi in mostra e farsi notare dagli scapoli più ricchi e ambìti d’Inghilterra, tramite passeggiate, salotti e balli.
La tesi termina con un capitolo dedicato allo stigma sociale che da sempre ha afflitto la donna non sposata, e come la stereotipizzazione di quest’ultima cambia (se cambia) nell’immaginario collettivo, attraverso i secoli. Il capitolo si sviluppa a partire dal focus sulla zitella (il termine non vuole essere offensivo, ma è una traduzione letterale dell’inglese spinster!) per eccellenza del romanzo, Miss Bates, per poi finire all’analisi di alcuni blog contemporanei in cui alcune donne condividono la propria condizione di non-sposate e senza figli, soffermandosi sulla percezione e sul trattamento che la società attuale riserva loro. L’argomento in questione è stato messo alla fine del lavoro, non di certo perché rivestiva un’importanza minore ma per rendere chiaro il collegamento che c’è tra le opere di Jane Austen e la società attuale, per evidenziare la validità dei suoi romanzi che esulano dai limiti dello spazio e del tempo, così come i suoi personaggi, o come diceva sempre la mia relatrice, le sue personagge

La tesi integrale è consultabile al link: https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/73_Testa.pdf

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Articolo di Gaia Testa

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Laureata a L’Aquila in Mediazione Linguistica e Culturale, continua a studiare per il conseguimento del titolo magistrale in Lingue e Culture per la Comunicazione e la Cooperazione Internazionale.

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