Il primato di Margherita

Il destino di molte privilegiate di sangue blu che si sono succedute nella storia non è stato molto felice. Anche per loro la vita era subordinata al mondo maschile e i loro nomi sono ricordati perché figlie o mogli di qualcuno. E non dovevano essere contente le figlie, le nipoti, le sorelle dei sovrani quando venivano usate come pedine nello scacchiere delle alleanze internazionali, date in sposa per espandere territori o sedare guerre o perpetuare dinastie. Tra loro, fortunatamente, alcune hanno espresso carisma e forte personalità, riuscendo a liberarsi un po’ dalle prigioni dorate in cui dovevano rimanere rinchiuse. Ma uscire da quelle gabbie è sempre stato pericoloso e prendere in mano lo scettro le ha, spesso, costrette a passare alla storia come donne dure, insensibili e sanguinarie. Altre invece hanno regnato per diritto e per merito, governando ampi territori con intelligenza, coraggio, astuzia e grande sensibilità. Tanti i primati di numerose regine, in ogni parte del mondo e in ogni periodo storico. Nella nostra nazione, un primato va alla regina Margherita, che è stata la prima regina d’Italia.
Ne ha tracciato un profilo Roberta Pinelli.
«Margherita Maria Teresa Giovanna di Savoia nacque a Torino il 20 novembre 1851 dal duca di Genova (fratello di Vittorio Emanuele II) e da Maria Elisabetta di Sassonia. Bionda e non particolarmente bella, anche se dotata di una personalità affascinante e di un carattere volitivo, ebbe una educazione vasta ma superficiale, tanto che per tutta la vita la sua corrispondenza fu costellata da errori ortografici e sintattici. Profondamente cattolica, uniformò sempre le sue scelte alla fede, anche quando il Regno d’Italia entrò in conflitto con il Papato dopo la presa di Roma nel 1870. Nel 1868 sposò il cugino Umberto, principe ereditario di casa Savoia. Dopo un trionfale viaggio di nozze per tutta Italia, i futuri sovrani stabilirono la propria residenza a Napoli. Margherita non fu estranea alla scelta, più consapevole del marito della necessità di costruire nel Paese un’unità di sentimenti dopo il raggiungimento dell’unione politica. A Napoli venne alla luce l’unico figlio della coppia, il futuro Vittorio Emanuele III, al quale fu assegnato il titolo di principe di Napoli.
Per lei consolidare la simpatia popolare intorno alla casa regnante, anche restando al fianco di un marito che non l’amava, fu un imperativo categorico. Quando nel 1878 Vittorio Emanuele II morì, Umberto salì al trono e Margherita divenne così la prima regina d’Italia dato che il suocero — primo re dell’Italia unita — era vedovo. Ebbe grande influenza sulle scelte del marito anche se all’apparenza sembrava dedicarsi solo alle feste danzanti e ai ricevimenti: in realtà questo era il suo modo di fare politica, una vera e propria “missione dinastica” che contribuì in maniera determinante al radicamento e alla costruzione della dimensione nazionale della casa regnante. Durante la vita si dedicò con grande impegno alle attività filantropiche e alla promozione delle arti e della cultura: per esempio introdusse la musica da camera in Italia, seguì con attenzione la fondazione e l’attività concertistica del Quintetto d’archi di Roma, agevolò con una borsa di studio la formazione del giovane Giacomo Puccini al Conservatorio di Milano; nel 1892, col suo patrocinio, nacque a Firenze la prima biblioteca per non vedenti. Convinta sostenitrice dell’automobile, ne possedeva una ventina e su quattro ruote compì avventurosi raid e molti viaggi di Stato. Fu anche un’appassionata alpinista. L’abilità comunicativa di Margherita, la consapevolezza che per il destino di casa Savoia e il consolidamento del trono fosse fondamentale l’amore del popolo, la resero la migliore ambasciatrice della monarchia sabauda. I ricevimenti, le feste danzanti, la beneficenza, l’abbigliamento elegantissimo, la passione per le automobili e i viaggi, l’amicizia con il repubblicano Carducci (che le dedicò l’ode Alla regina d’Italia) nascosero agli occhi della popolazione italiana quello che era Margherita in realtà: una reazionaria e una conservatrice, una vera nazionalista, antisocialista e antiparlamentare, convinta sostenitrice di Crispi e della sua politica imperialista.
Nel 1900, dopo l’uccisione a Monza del re Umberto I, Margherita fu costretta a farsi da parte. Il nuovo sovrano, suo figlio Vittorio Emanuele III, aveva sposato Elena del Montenegro e Margherita dovette cedere a lei il ruolo principale e diventare regina madre. Fra Margherita ed Elena i rapporti non furono mai molto calorosi.
Dopo il periodo di lutto, si stabilì a Roma, nel palazzo Boncompagni-Ludovisi che da allora fu chiamato “Palazzo Margherita”. Riprese a occuparsi delle arti, di opere di beneficenza, di istituzioni culturali, continuando a essere polo di attrazione per intellettuali e artisti, nobili e uomini di mondo e cercando sempre di condizionare le scelte del figlio, di cui non condivideva le pur timide aperture liberali.
Alla vigilia della Grande guerra, Margherita cercò di indurre il sovrano a mantenere gli accordi stipulati con la Triplice Alleanza. Dopo aver dichiarato inizialmente la neutralità, Vittorio Emanuele III decise però di entrare in guerra contro l’Austria e la Germania. Margherita, pur contrariata, non poté far altro che trasformare la sua residenza romana in ospedale, dove anche la regina Elena prestò la propria opera come crocerossina.
Terminata la guerra, Margherita lasciò definitivamente Roma per ritirarsi a Bordighera dove morì il 4 gennaio 1926, non senza aver gioito per la presa del potere da parte di Mussolini e per i matrimoni prestigiosi delle nipoti Mafalda (con il principe tedesco Filippo d’Assia) e Giovanna (con il re Boris III di Bulgaria).
Ebbe onoranze funebri prima a Bordighera e poi a Roma, dove fu tumulata nelle tombe reali del Pantheon. In questa occasione si dimostrò tutto l’affetto popolare per Margherita: al passaggio del convoglio ferroviario una folla commossa rallentò il movimento del treno per potersi avvicinare e gettare fiori.
A riprova del mito che si creò attorno alla sua persona, e che lei stessa contribuì ad alimentare, rimangono a lei dedicati: la capanna Margherita, il rifugio costruito a ridosso della cima del Monte Rosa, la punta Margherita delle Grandes Jorasses nel massiccio del Monte Bianco, il comune di Margherita di Savoia (già Saline di Barletta), il lago Margherita in Etiopia, scoperto e a lei dedicato dall’esploratore Vittorio Bottego, la prima scuola pubblica dell’Unità italiana fondata a Roma nel quartiere di Trastevere. Le sono state inoltre dedicate una rosa rara, un modello di macchina da cucire, la pizza Margherita, la torta Margherita, il panforte Margherita a Siena e le Margheritine, i dolci tipici di Stresa. Durante la sua reggenza venne pubblicata persino una rivista con il suo nome, dedicata esclusivamente allo straordinario abbigliamento della sovrana e al suo personalissimo stile.
Innumerevoli le vie, le piazze, i viali, le ville e i giardini a lei intitolati. Portano il suo nome anche scuole di ogni ordine e grado, ospedali e teatri.

Torino_ReginaMargherita. Foto di Loretta Junck
Torino, Regina Margherita. Foto di Loretta Junck

Articolo di Ester Rizzo

a5GPeso3Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Istituto Superiore di Giornalismo di Palermo, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) di Licata per il corso di Letteratura al femminile. Collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Per Navarra editore ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzo e di Le Ricamatrici e Donne disobbedienti.

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