La didattica dell’italiano L2 in contesto migratorio

Questo recentissimo lavoro, risalente a dicembre del 2019, vuole indagare le metodologie didattiche della lingua italiana applicabili a un contesto molto particolare: le scuole per migranti.
Il mio interesse per l’argomento è nato dagli affascinanti racconti di più persone a me care, direttamente impegnate nell’insegnamento volontario con un’associazione romana (Focus-Casa dei Diritti Sociali), che mi hanno fatto riflettere su quanto possa essere difficile portare avanti un percorso didattico di fronte a classi estremamente eterogenee e discontinue sia per età, sesso e nazionalità che per cultura e grado d’istruzione.
Come si evince dall’indice e dall’introduzione del lavoro, la tesi si divide in quattro parti che affrontano sfaccettature tanto diverse quanto strettamente interconnesse della stessa questione: le problematiche relative al sistema d’istruzione italiano dedicato ai/lle nuovi/e aspiranti cittadini/e. Infatti, a una prima parte che analizza i requisiti linguistici richiesti per ottenere la documentazione necessaria a ottenere il Permesso di soggiorno, segue un secondo capitolo che mette a fuoco la gestione dei corsi d’italiano come lingua seconda nella Regione Lazio, presa come campione.
In particolar modo, questa sezione della tesi evidenzia quanto sia fondamentale nella rete dell’istruzione per migranti il ruolo dell’associazionismo, che nel Lazio copre più del 60% della domanda di corsi. Risulta infatti vincente il connubio tra lezioni frontali e altre attività volte all’inclusione sociale messo in campo da molte scuole di volontariato. Perché creare dei contesti interculturali in cui potersi autonarrare e rafforzare la propria sicurezza (linguistica e non) risulta così importante in ambito migratorio? La risposta viene da sé leggendo i dati relativi ai profili di alunni/e che solitamente si iscrivono ai corsi delle scuole d’italiano: emergono principalmente straniere/i istruite/i che vorrebbero acquisire un titolo spendibile nel nuovo Paese, migranti non scolarizzati e, dato da non sottovalutare, donne (47%) che hanno difficoltà a inserirsi nel nuovo contesto sociale italiano e che vedono nell’apprendimento della lingua una giusta chiave d’integrazione. Proprio per incentivare la partecipazione femminile alle lezioni di lingua, spesso scoraggiata da fattori culturali e religiosi relativi alla copresenza di uomini e donne in classe, sono sempre di più le associazioni che istituiscono corsi per sole donne straniere e sportelli di ascolto e orientamento ai diritti di tutti e tutte.
Le ultime due parti della tesi partono invece dalla constatazione dell’eterogeneità della dimensione didattica analizzata e si interrogano su quanto questo stimolante mosaico di realtà sia, allo stesso tempo, limite e risorsa per l’intervento didattico. Infatti, dopo una disamina del metodo comunicativo nei suoi aspetti teorici, ho scelto di seguire per diverse ore il lavoro di un docente volontario della scuola Focus-Casa dei Diritti Sociali e di analizzare il suo comportamento didattico (derivante da una combinazione di quarantennale esperienza di docenza universitaria e spontaneità nell’adattamento al nuovo contesto d’insegnamento) di fronte all’errore dei/lle studenti.
“Sbagliando s’impara”: un mantra che ci viene ripetuto fin dai primi anni di scuola. È così, la vita lo ha dimostrato a tutti e tutte noi, ma dovremmo far caso al peso che ha il modo in cui veniamo corretti/e. E allora come correggere un errore di uomini e donne di tutte le età, provenienti dalle nazionalità più disparate, con sistemi culturali completamente diversi tra loro? Sbagliando (e studiando) s’impara anche questo.

La tesi integrale al link: https://toponomasticafemminile.com/sito/images/eventi/tesivaganti/pdf/82_De_Pasquale.pdf

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Articolo di Emma de Pasquale

82266907_464813557755100_6601637314051440640_nEmma de Pasquale è nata a Roma nel 1997 ed è laureata in Lettere Moderne all’Università La Sapienza di Roma. Attualmente frequenta la magistrale in Italianistica all’Università Roma Tre. Ha interesse per il giornalismo e l’editoria, soprattutto se volti a mettere in evidenza le criticità dei nostri tempi in un’ottica di genere.

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