Grazia Livi devo raggiungerla a Milano: mi comunica che ha lasciato Firenze da qualche anno e ormai si è stabilita in Lombardia. Poco importa dove abiti, la Toscana la porta con sé, nel suo modo di parlare, nel suo garbo e in questa evidente acuità del modo che ha di sentire le cose.
«Buongiorno, Grazia, sono felice di incontrarla finalmente!»
«Buongiorno a te. Vuoi un tè caldo? Con questo tempo… »
«Volentieri, la ringrazio.»
«Anch’io alla tua età volevo fare la giornalista, ho iniziato da giovanissima. Prima di mollare, nel ’70, ho scritto per riviste importanti e ho girato tutta Europa per incontrare gli artisti che dovevo intervistare.»
«Come mai si è avvicinata al giornalismo e ha scelto poi di abbandonarlo?»
«Vedevo le mie coetanee finire il liceo, in alcuni casi l’università, sposarsi e mettere su una normalissima famiglia. Io volevo tentare di sottrarre la mia identità all’informe destino femmineo. Il giornalismo era un passo verso l’emancipazione, per me che avevo sete di conoscenza e nuove esperienze: avevo incarichi con “Il Mondo”, “La Nazione”, “L’Europeo”, “Epoca”, “Paragone” e molti altri… »
«E poi cos’è cambiato?»
«Poi ho capito che il giornalismo mi dava cibo più che nutrimento e che i motivi che mi avevano spinto verso quel mondo erano la fame di indipendenza e l’amore per la scrittura. Riflettendoci, mi resi conto che tra ciò che volevo esprimere e ciò che potevo esprimere nei miei articoli rimaneva un divario per me intollerabile. La mia identità si stava appiattendo nella firma, non era più libera, non era più curiosa. Così, ho mollato.»
«Così è cominciato il suo amore con la narrativa e la saggistica…»
«In realtà avevo già scritto un romanzo nel ’58, Gli scapoli di Londra, che aveva anche riscosso un certo successo tra gli intellettuali del tempo, tra cui Montale. Poi, visti gli impegni di redazione, mi ero fermata per vent’anni.»
«Oltre a L’Approdo invisibile, del 1980, uno dei suoi lavori che più mi ha colpito è Le lettere del mio nome, un vero e proprio faccia a faccia tra lei e le più grandi autrici del Novecento, nella forma di un romanzo-saggio. Da quale esigenza nasce l’opera?»
«Le lettere del mio nome è nato con la volontà di raccontare le grandi donne scrittrici del mio secolo, tra cui Ingeborg Bachmann, Colette, Anna Frank, Carla Lonzi, Gianna Manzini, Gertrude Stein, Virginia Woolf e, un mio grande modello, Anna Banti. Come d’altronde anche in Da una stanza all’altra, del 1984, raccontare le vite di queste donne straordinarie aveva come scopo il ripensare il canone della letteratura italiana, avvicinando le giovani lettrici di fine Novecento a figure che non avrebbero, purtroppo, trovato sui libri di scuola. Spero di esserci riuscita, anche se in minima parte.»
«Un’ultima domanda, signora Livi: scrittrici si nasce o si diventa?»
«Io credo che narrare sia un destino. Nel mio caso scrivere è stato una sorta di obbligo interno a cui ho scelto di obbedire. Credo che la professione della scrittrice s’impari in qualche modo, perché entrano in gioco altri fattori sociali e culturali, ma la necessità di narrare o la si ha dentro o non la si ha. E se la si ha… Son dolori!
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GRAZIA LIVI: nata a Firenze nel 1930 e scomparsa a Milano nel 2015, è stata una scrittrice, giornalista e saggista italiana.
Laureatasi in Filologia romanza con Gianfranco Contini, ha intrapreso la carriera di giornalista per testate come “Il Mondo”, “Epoca”, “L’Europeo” e “LaNazione”.Il primo romanzo, Gli scapoli di Londra, è del 1958 e ottiene recensioni positive persino da Eugenio Montale.
Nei decenni successivi si dedica alla narrativa e alla saggistica, abbandonando il lavoro da giornalista. Tra i suoi titoli principali annoveriamo L’approdo invisibile del 1980, Da una stanza all’altra del 1984, Le lettere del mio nome del 1991, Narrare è un destino del 2002 e Lo sposo impaziente del 2006.
Insignita di vari riconoscimenti, è ricordata come una delle personalità fiorentine più influenti del mondo intellettuale del XX secolo.
Articolo di Emma de Pasquale

Emma de Pasquale è nata a Roma nel 1997 ed è laureata in Lettere Moderne all’Università La Sapienza di Roma. Attualmente frequenta la magistrale in Italianistica all’Università Roma Tre. Ha interesse per il giornalismo e l’editoria, soprattutto se volti a mettere in evidenza le criticità dei nostri tempi in un’ottica di genere.