Le donne del teatro siciliano. Marinella Bragaglia e Maria Campagna

Sono giunte a noi, raccolte in un vecchio libro, le foto delle attrici del teatro siciliano del primo Novecento. Adorne di gioielli e merletti, in posa con bellissimi scialli su raffinati abiti o con addosso i vestiti di scena. Sono state definite «bellezze a tratti solari e gioiose, a tratti inquiete e un po’ amare». Guardando questi ritratti, in bianco e nero, ci pare di cogliere, nello sguardo e nella tempra di ognuna, una sicilianità prorompente. Tra i tanti i nomi: Mimì Aguglia, Rosina e Margherita Anselmi, Iole e Vittorina Campagna, Nina e Iole Micalizi, Virginia e Carolina Balistreri, Maria e Rosina Zappalà, Marinella Bragaglia e Tina di Lorenzo. A quest’ultima è intitolato il teatro di Noto. Molte sono ricordate nell’odonomastica della città di Palermo.
Tra le storie di queste attrici ci ha particolarmente incuriosito quella di Marinella Bragaglia.

Marinella Bragaglia

Erano i primi giorni di novembre del 1882 e un piroscafo solcava le acque di fronte a Palma di Montechiaro, la città del Gattopardo. Era diretto in Grecia e a bordo vi erano i componenti di una compagnia teatrale tra cui Galeazzo Bragaglia e Giovannina Carrara. La donna iniziò ad avere le doglie e la prua fu diretta verso Marina di Palma. Lì nacque una bimba, a cui fu dato il nome di Marinella. Non sappiamo se e quanti giorni la partoriente restò sulla terraferma probabilmente accampandosi con il marito presso uno dei tanti magazzini dismessi, ma sappiamo con certezza che il 7 novembre del 1882 Galeazzo, di anni 28, si presentò al segretario comunale per dichiarare che il giorno prima «alle ore 11 e minuti 16 era nata una bimba a cui era stato dato il nome di Marinella e che lui era domiciliato proprio a Palma di Montechiaro in via Uffizi». Ovviamente era una dichiarazione che faceva sorgere molti dubbi, ma il segretario tenne conto dello jus loci secondo il quale, come previsto dall’allora vigente Codice Civile, chiunque nasceva in mare o veniva abbandonato per strada, doveva essere registrato nello stesso indirizzo dove era ubicato l’ufficio dell’anagrafe comunale.
Marinella, piccolissima, era sempre al seguito della compagnia teatrale e già a cinque anni recitava. Crescendo, il suo successo in teatro fu notevole e fu lanciata e supportata da Nino Martoglio.
«Mirabile», come scrissero i critici dell’epoca, la sua interpretazione di Santuzza disonorata da Turiddu nella Cavalleria Rusticana. Anche Gabriele D’Annunzio rimase colpito dal suo fascino e la soprannominò «la piccola Duse».
Quando Marinella entrava in scena, inevitabilmente tutti gli occhi erano puntati su di lei, il pubblico era rapito dalla sua innata eleganza e dalle sue aggraziate movenze. Recitò al teatro Argentina di Roma, al teatro Manzoni di Milano, al teatro Verdi di Genova e poi in tournée all’estero: in tante città spagnole, a Mosca, a San Pietroburgo, a Parigi. Si esibì anche a New York, Città del Messico, Buenos Aires, Rio de Janeiro…
Nel 1903, dopo una fuga d’amore, celebrò il matrimonio riparatore con Vittorio Marrazzi.
Marinella lottò sempre con dignità affinché il suo lavoro di attrice venisse adeguatamente retribuito e lei stessa scrisse: «…io sono una povera figlia d’arte e l’unica mia risorsa consiste nel mio lavoro; e capirete, mi vogliono contendere anche questo ed io mi ribello perché non voglio ricorrere a protezioni di nessuno; il mio lavoro è il mio pane».
Questa donna così fiera e determinata intraprese pure la carriera cinematografica perché aveva capito che quello era il futuro. Ma quel futuro per lei fu molto breve, infatti il 19 luglio del 1918, mentre si trovava sul piroscafo Adria per recarsi a Tunisia dove due giorni prima le avevano ucciso il marito, un siluro austriaco colpì l’imbarcazione su cui viaggiava e lei scomparve tra i flutti del mare vicino all’isola di Pantelleria.
Su un piroscafo era probabilmente venuta alla luce e su un altro calò l’ombra della sua morte. La notizia del suo decesso giunse a Palma di Montechiaro un mese dopo ma nessuno conosceva la sua storia e così, fra l’indifferenza generale, il suo nome fu trascritto nel registro dei morti. Oggi a Palermo una via è a lei intitolata.
Il teatro siciliano, oltre alle attrici, annovera anche delle illustri drammaturghe: dalla palermitana Francesca Sabato Agnetta (nata  nel 1877 e deceduta nel 1943) che fu pure letterata e giornalista a Maria Campagna.
Maria era nata in un paesino dell’entroterra siciliano, a Ramacca, in provincia di Catania, il 22 settembre del 1938 da una famiglia della media borghesia. La ricordano come una persona eccezionale per quei tempi, libera dagli schemi canonici in cui la donna doveva primariamente assolvere ai doveri di moglie e di madre. Lei non si fece influenzare dalle abitudini e dai pregiudizi del contesto territoriale in cui viveva. Nel suo paese natale spesso era vista con sospetto e diffidenza ed incuteva una sorta di timore la sua mentalità non convenzionale.

Maria Campagna

Amava tantissimo il teatro popolare di Martoglio e si appassionava anche alla lettura dei grandi del teatro, Pirandello su tutti ma pure Beckett, Ionesco, Brecht, Ibsen. Molti dei personaggi descritti nei suoi drammi erano la trasposizione scenica di personaggi reali, abitanti del suo paese natio.
Maria aveva una profonda conoscenza del mondo contadino e dei suoi aspetti più poetici: canti, preghiere, poesie dialettali, usi, costumi, superstizioni. Osservava le ingiustizie che le persone più deboli subivano da chi si arricchiva sfruttando il loro lavoro e dalle sue opere emerge il disprezzo per quel potere tracotante. Negli anni Settanta si trasferì a Catania dove iniziò a recitare con la compagnia dilettantistica “I Lapilli” e fondò il Teatro Gruppo che porta il suo nome. Oltre ad essere autrice dei testi, in teatro diventava anche regista, costumista, sarta, scenografa.
Fece anche parte della redazione del quotidiano “La Sicilia” come corrispondente per Ramacca.
Nelle sue rappresentazioni affrontò fra l’altro i temi scottanti dell’Inquisizione e dei crimini della Chiesa contro un’umanità ignorante e indifesa. Tra le sue opere più importanti I fatti di Bronte e Caccia alle streghe che già nei titoli testimoniano il suo grande impegno civile.
Morì nel maggio del 1978 in un incidente d’auto. Chi volesse approfondire la sua figura può leggere il profilo scritto da Laura Sapuppo nel dizionario biografico Siciliane a cura di Marinella Fiume.
Nessuna via è a lei intitolata neanche nel suo luogo natale.

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Articolo di Ester Rizzo

a5GPeso3Laureata in Giurisprudenza e specializzata presso l’Istituto Superiore di Giornalismo di Palermo, è docente al CUSCA (Centro Universitario Socio Culturale Adulti) di Licata per il corso di Letteratura al femminile. Collabora con varie testate on line, tra cui Malgradotutto e Dol’s. Per Navarra editore ha curato il volume Le Mille: i primati delle donne ed è autrice di Camicette bianche. Oltre l’otto marzo, Le Ricamatrici e Donne disobbedienti.

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