Buon senso ma… forse non tutte/i sanno che l’espressione è stata lemmatizzata, si può dunque usare la parola unica: buonsenso. Lo scrivono i dizionari, lo riporta l’Accademia della Crusca in un articolo, recentissimo, dello scorso aprile 2020. La lingua si evolve e si modifica e quindi non è infrequente che una espressione diventi un lemma quando quella stessa espressione viene così tanto utilizzata, tanto più che indica qualcosa che secondo il sentire comune dovrebbe appartenere a tutte le persone… ma ahimè il buonsenso è molto auspicato ma davvero poco praticato. O meglio, come diceva Manzoni nel XXXII capitolo dei Promessi Sposi: «Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune». E dice talmente bene il grande scrittore che si potrebbe iniziare e chiudere quest’articolo con questa frase, ma provo ad andare avanti e magari a ricorrere ancora a Manzoni.
Secondo lo Zingarelli il buonsenso è: «La capacità di comportarsi con saggezza e senso della misura, attenendosi a criteri di opportunità generalmente condivisi». Con saggezza ma potremmo dire anche con ragionevolezza, non per nulla sempre la Crusca ci ricorda che la parola buonsenso, univerbata, si diffonde proprio nel XVIII secolo, durante l’Illuminismo, che è germinato dal seme della ragione. Mi permetto però, proprio forte della citazione manzoniana, di fare una piccola critica alla definizione dello Zingarelli: i criteri generalmente condivisi non sono sempre manifestazioni di buonsenso perché troppo spesso il senso comune, che oggi potremmo definire come opinione della maggioranza, come diceva Manzoni finisce per schiacciare il buonsenso e la saggezza istintiva delle singole persone. Preferisco quindi la definizione di Treccani che non conferisce necessariamente la capacità di buonsenso alla maggioranza: «Capacità naturale, istintiva, di giudicare rettamente, soprattutto in vista delle necessità pratiche», ma ancora di più mi piace pensare al buonsenso come posizione di equilibrio, se In medio stat virtus, il buonsenso è la capacità di evitare gli eccessi, le posizioni estreme, in genere parziali e dogmatiche, insomma di stare nel mezzo.
La frase di Manzoni, come chi mi legge sicuramente sa, è parte di uno dei capitoli in cui lo scrittore parla della peste, capitolo che tante/i di noi hanno riletto in questi mesi di pandemia, ed è una frase che, sempre in questi mesi, è stata citata in innumerevoli situazioni. Il buonsenso ha cercato di adoperarlo chi ha tentato di porsi in posizioni intermedie. Gli esempi potrebbero essere tanti, eccone uno molto banale: il buonsenso è quello che fa sì che si possa far entrare e accomodare all’interno dell’ufficio postale una persona anziana in fila all’esterno anche prima che arrivi il suo turno, nonostante le norme anti Covid prevedano l’attesa fuori finché non si avvicina il proprio turno, o che si possa evitare di multare due genitori che, durante la quarantena, stanno accompagnando insieme una bambina a una visita medica post trapianto.
Il buonsenso è ciò che questa estate ha permesso a tante e tanti di pensare che la situazione sanitaria era sicuramente più tranquilla ma nello stesso tempo che non si dovesse abbandonare la guardia.
Sembrerebbe scontato alle persone, appunto, di buon senso, ma purtroppo il senso comune ci mostra coloro che pensano che il virus non sia mai esistito, che fanno girare foto da cui sembrerebbe che gli ospedali sono vuoti o che continuano a ripetere che le persone che muoiono sarebbero morte comunque. Le persone di buon senso sono quelle che sanno rivedere anche con velocità le loro opinioni e i loro comportamenti, dunque se si erano tranquillizzate questa estate ora sanno che siamo di nuovo in una situazione difficile che richiede attenzione e rispetto delle regole. Certo, virtus stat in medio, o meglio la virtù, o la ragione, o il buonsenso starebbe nel mezzo, ma a tante persone stare nel mezzo non piace, perché? Bella domanda, credo che lo trovino noioso, poco accattivante, non intrigante. Le teorie complottistiche, invece, possono risultare intriganti, scatenano l’immaginazione, provocano rabbia, curiosità, interesse. Ma anche le vicende drammatiche attirano l’attenzione, scatenano la morbosità e la curiosità. Gli eventi che, invece, non hanno toni complottistici né drammatici non creano interesse e quindi non impattano sulle persone dotate di buonsenso che solitamente, se desiderano vivere drammi e complotti, preferiscono leggere un bel libro!
D’altra parte il buon senso nasce dall’esperienza, dalla conoscenza, dall’uso di un metodo scientifico, mentre il senso comune nasce dalla ignoranza e dalla paura e quest’ultima è spesso manipolata dagli interessati di turno. Le teorie complottistiche non nascono per caso e non avviene per caso che vi si aderisca! Sarà per questi motivi che è sempre esistita l’esigenza di definire in modo più concreto il buonsenso, e anche il diritto ha cercato di codificarlo, infatti il codice civile usa, per valutare la responsabilità, l’espressione «diligenza del buon padre di famiglia», spesso riformulata usando la parola buonsenso invece di diligenza. Espressione che però, oltre a risultare ambigua, mostra tutta la sua origine patriarcale in quanto, come scrive Eva Cantarella, storica dell’antichità e del diritto antico:
«La famiglia romana, diciamoci la verità, era un gruppo all’interno del quale si commettevano soprusi e violenze non da poco: il padre poteva sottoporre i discendenti (per non parlare della moglie) a punizioni fisiche, in casi estremi poteva metterli a morte, decideva chi poteva sposarsi e con chi, poteva diseredare i figli senza doverlo motivare… Il padre di famiglia alla romana, insomma, è una figura grazie al cielo scomparsa.»
E dunque, evviva il buonsenso, purché lo definiamo con un linguaggio non sessista, ma rispettoso delle pari opportunità.
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Articolo di Donatella Caione
Editrice, ama dare visibilità alle bambine, educare alle emozioni e all’identità; far conoscere la storia delle donne del passato e/o di culture diverse; contrastare gli stereotipi di genere e abituare all’uso del linguaggio sessuato. Svolge laboratori di educazione alla lettura nelle scuole, librerie, biblioteche. Si occupa inoltre di tematiche legate alla salute delle donne e alla prevenzione della violenza di genere.
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