Il laboratorio teatrale del Liceo “Pietro Paleocapa” di Rovigo, nato dalla collaborazione di docenti e studenti nel 1991, ogni anno propone uno spettacolo, avvalendosi della consulenza di un esperto teatrale.
L’ultimo lavoro, Vasandhi. La primavera della libertà, ha partecipato alla VII edizione del concorso “Sulle vie della parità” A.S. 19/20, indetto dall’associazione Toponomastica femminile, aggiudicandosi il secondo premio della sezione “Percorsi artistici, espositivi e di spettacolo”, con questa motivazione: «La tematica della discriminazione di genere viene ben rappresentata attraverso uno spettacolo teatrale di qualità che ha permesso di far conoscere il problema sul territorio. Lo spettacolo ha ottenuto un grande successo per l’impegno profuso da protagonisti e protagoniste, per la parte grafica ben curata ma forse anche per il riscatto conseguito dalla giovane indiana. Una speranza e un auspicio per un futuro migliore per tutte e tutti».
Il gruppo, composto da 28 studenti provenienti da tutte le classi del Liceo, guidato dalla docente Rosanna Beccari, con la regia di Ciro Mattia Gonano (esperto teatrale e presidente di Teatro Nexus di Rovigo, in qualità di esperto esterno), ha scelto di trasporre in veste teatrale la storia di Vasandhi, raccolta nell’omonimo libro di Rinaldo Boggiani Vasandhi. Schiava in India, schiava in Italia.

Nella scheda di partecipazione al concorso, prodotta dalla docente, si legge che Vasandhi (nome di fantasia, che in lingua hindi significa “primavera”) è una donna infelice fin dalla sua infanzia, trascorsa in India ad Alagapuri: figlia di un matrimonio combinato, i cui genitori si odiano, è sorella di undici fratelli, quasi tutti vittime delle proprie insicurezze e di un atroce destino. Quando è ancora giovanissima, i suoi genitori le organizzano una specie di matrimonio con un anziano ricco uomo italiano già sposato, che la sfrutta come serva e oggetto sessuale. La vita di Vasandhi, in una continua spola tra Italia e India (per essere a disposizione sia della sua famiglia che dell’uomo che l’ha “comprata”, come una moderna schiava), è un inferno fatto di umiliazioni e sofferenze, che la porta alle soglie del suicidio, superato affidandosi alla sua forte fede hindu, finché, con la nascita di sua figlia, che vuole libera da costrizioni e sofferenze, decide di porre fine alle torture fisiche e psicologiche, divenendo finalmente padrona del proprio destino. Con l’aiuto di alcuni amici, che prendono a cuore il suo caso, si trova un lavoro e lascia il marito.
La “vera” Vasandhi oggi abita felice in un paese della provincia di Rovigo e ogni tanto si ritrova con la giovane figlia laureata, che vive fuori per lavoro. Un giorno ha contattato lo scrittore Rinaldo Boggiani, a cui ha raccontato la sua storia, che è poi divenuta un romanzo-verità.
Annota, sempre la docente Rosanna Beccari nella sua relazione: «Nel nostro territorio Vasandhi è divenuta un simbolo: paladina del riscatto di ogni donna — indipendentemente dalla sua provenienza o credo — contro ogni forma di sopruso e pregiudizio sessista. La sua storia, dal lieto fine edificante, è una speranza fiduciosa, che infonde coraggio e incentivo alle migliaia di donne, ancora oggi succubi di stereotipati comportamenti prevaricatori maschilisti. La grande partecipazione e rete — prima locale, poi nazionale e infine anche internazionale — è testimonianza che davvero qualcosa si sta muovendo “sulle vie della parità”, anche nei luoghi ideologicamente più conservatori. E la prova più tangibile è la sua triplice vittoria: la prima, nella sua persona, trovando il coraggio di ribellarsi a tutte le dispotiche figure maschili che hanno violato la sua dignità e libertà; la seconda, riuscendo a garantire alla propria figlia un destino migliore, a partire da un’istruzione, che l’ha resa persona consapevole e autonoma; la terza, la realizzazione del suo sogno, grazie alla forte empatia che ha saputo creare con le persone che l’hanno conosciuta e alla loro generosità, per primo lo scrittore al quale ha affidato, di sua iniziativa, il racconto delle sue vicissitudini. Ora anche in India si parla di lei: il tempio-scuola nella sua città natìa è in costruzione e sarà ultimato la prossima estate. Esso non sarà solo un rifugio e un’opportunità per tante bambine/i togliendole/i dalla strada e costruendo loro un futuro migliore, ma col tempo diventerà un segno tangibile di un’evoluzione ideologica verso la parità di genere. Chi ha detto che i sogni non diventano realtà? Ma bisogna aiutarli con i fatti».
La vicenda umana di Vasandhi è stata rivissuta dagli/dalle studenti (che hanno anche incontrato lo scrittore) secondo la loro chiave di lettura di giovani occidentali per far riflettere lo spettatore su tematiche sempre attuali e urgenti, come gli affetti (disagio giovanile, dinamiche familiari, amicizia, amore), emarginazione e solitudine, violenza e morte, migrazione, l’eterno contrasto tra i bisogni vitali e la tensione alla spiritualità, ma soprattutto la discriminazione di genere — ancora piaga senza confini del nostro tempo — fino al rassicurante epilogo finale col riscatto della dignità attraverso la conquista della libertà della protagonista (da cui il sottotitolo: La primavera della libertà). L’opera è stata presentata in un saggio d’Istituto e ha partecipato a due rassegne teatrali scolastiche della Provincia cittadina: positivo il riscontro del pubblico e grande la risonanza nella stampa locale.

Obiettivo del concorso è anche giungere a una intitolazione femminile nella toponomastica cittadina e poiché Vasandhi è un nome di fantasia, si legge sempre nella relazione della docente, e la donna protagonista della storia vera raccontata è ancora vivente — e quindi risulta impossibile legalmente qualsiasi intitolazione a lei — il gruppo teatrale, dopo aver approfondito la condizione femminile e consultato la storia di importanti donne indiane, ha scelto all’unanimità di avanzare al Comune di Rovigo una proposta di intitolazione a Indira Nehru Gandhi (1917-1984), iniziando a dedicarle il giardino del Liceo, per colmare il gap con l’intitolazione dell’Istituto a un uomo e in sintonia con l’intitolazione dell’Auditorium a Margherita Hack, ma anche e soprattutto per insegnare la cultura della parità di genere.

Indira, varie volte ministra e prima donna a capo del governo dello stato indiano, leader del suo partito e figura centrale nella politica del suo Paese per circa un ventennio (dal 1966 al 1984, anno del suo assassinio), iniziò i suoi studi in Europa (a Oxford), che completò in patria. Sintomatico delle forti abitudini maschiliste — come molto spesso in passato, anche in Occidente — è il fatto che prese il cognome Gandhi dal marito Feroze (da cui si era separata presto), per altro non imparentato con il Mahatma. Donna di polso e determinata, anche se dovette spesso prendere dure decisioni talora repressive, a causa dei forti contrasti politici nel suo Paese, Indira Gandhi resta nella memoria collettiva per essere stata una delle prime women in power di fama mondiale. Il giorno prima di morire, la sera del 30 ottobre 1984, al ritorno da un faticoso giro elettorale, disse queste parole: «Non ho l’ambizione di vivere a lungo, ma sono fiera di mettere la mia vita al servizio della nazione. Se dovessi morire oggi, ogni goccia del mio sangue fortificherebbe l’India». (in Remembering Indira Gandhi on her 29th death anniversary, Latest News & Updates at Daily News & Analysis, 30 ottobre 2013)
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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, coordina il gruppo diade e tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa Femminista Europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane sino al settembre 2020.