È innegabile che a motivo della pandemia stiamo scoprendo le potenzialità del digitale e del virtuale nelle nostre vite: videolezioni, webinar di formazione, videoconferenze a tema, incontri organizzativi, interviste… Il tutto in una rinnovata gestione di tempi e spazi e in una rigenerata interconnessione nelle relazioni umane. D’altra parte, però, esistono da tempo iniziative che ci hanno fatto girare e visitare virtualmente il mondo facendoci conoscere popoli e culture e mettendoci in contatto, seppur a distanza, con uomini e donne di tutto il pianeta.
È, per esempio, il caso della Gmp (Giornata mondiale di preghiera) ecumenica celebrata per la prima volta il 4 marzo 1927, dopo che era stata indetta dalle presbiteriane degli Usa nel 1887, dalle donne cristiane di diverse tradizioni che da allora si riuniscono ogni anno il primo venerdì di marzo per vivere una giornata comune di preghiera e di solidarietà, creando un legame ecumenico che in numerosi luoghi è mantenuto durante i mesi successivi. Si tratta di un movimento che riunisce lungo l’anno donne di etnie, culture e tradizioni diverse, ora di circa 170 Paesi dagli iniziali 30, in più stretta sorellanza e reciproca comprensione, con lo stimolo dell’agire comunitario e solidale. Ogni anno, dunque, i materiali per l’incontro arrivano in tutto il mondo insieme con foto, racconti, ricette, curiosità, approfondimenti vari sui luoghi abitati dalle donne che hanno partecipato alla preparazione della Gmp. Per il prossimo 5 marzo la documentazione proviene da un Paese che probabilmente poca gente conosce: Vanuatu.

Vanuatu, la cui popolazione chiamata Ni-Vanuatu è di origine melanesiana, si è reso indipendente soltanto nel 1980 da Regno Unito e Francia. È un arcipelago situato nel Pacifico meridionale costituito da 83 isole, per lo più vulcaniche. Possiede numerose bellezze naturali, come le spiagge di sabbia bianca e nera, le barriere coralline nonché la natura incontaminata con una ricca fauna e una vegetazione lussureggiante. Il Paese subisce spesso cataclismi naturali come eruzioni vulcaniche, terremoti, cicloni e maremoti. Il 6 aprile 2020, ad esempio, il ciclone Harold ha spazzato via le isole settentrionali, colpendo circa 160.000 persone (oltre il 50% della popolazione totale) e prima ancora, il 16 marzo 2015, era stata la volta del ciclone Pam. Nota è l’affermazione delle donne dell’arcipelago: «Il Paese è per noi come una mamma per il suo bambino» poiché la stessa isola le salva con le sue palme protettrici.

ciclone Pam del 2015
Proprio le donne, come emerso dal rapporto del 2016 della Commissione delle Nazioni Unite, incaricata di monitorare la situazione di Vanuatu in merito all’implementazione della Cedaw (Convenzione delle Nazioni Unite per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne), hanno l’urgente necessità di accedere a posti di potere e di rappresentare interessi finora rimasti invisibili, tanto che nelle ultime elezioni dello scorso anno nessuna delle candidate è risultata eletta tra i 52 candidati per il Parlamento: l’ultima donna eletta risale al 2008. Eppure Vanuatu è considerato uno dei Paesi più progressisti dell’Oceano Pacifico meridionale, anche perché importanti passi sono stati fatti per facilitare l’accesso femminile in Parlamento, come la creazione del primo partito politico vanuatense guidato da donne, il Leleon Vanua Democratic Party, avvenuta nel 2018.

Le abitanti di Vanuatu sono uniche per un’arte che unisce passato e presente verso la magia di un futuro remoto: nata per simboleggiare il lavoro femminile legato all’acqua, producono una musica che fonde i suoni delle antiche tradizioni legate all’acqua all’arte anche contemporanea delle percussioni e della danza. In un’esperienza sonora e visiva le donne, dunque, vestite di brillanti foglie verdi poste a corona pure tra i capelli e immerse per metà, cantano e percuotono con mani sicure l’acqua cristallina, che schizza gioiosa in alto con grandi spruzzi trasparenti, grazie al movimento sincronizzato e preciso, intensa e dolce coralità che può fondersi con i ritmi provenienti dagli uomini appartati nel selvaggio e intricato verde della riva.

Ma le isole Vanuatu riservano altre meravigliose sorprese, come la kava, radice che, secondo il rito, viene masticata dai soli uomini per ottenere un impasto che, filtrato, darà una bevanda rilassante, o come il lap lap, pietanza tipica a base di taro, latte di cocco, sangue e carne di maiale, o anche pollo o pesce, cotta in enormi foglie di banano, preparata da donne e uomini insieme quando nasce una nuova vita che vivrà nel luogo in cui le/gli abitanti sono stati scelti per due volte come “Il popolo più felice sulla terra” da Happy Planet Index nel 2006 e da Lonely Planet nel 2010.
Per saperne di più
Sulla giornata mondiale di preghiera:
https://wgt.ch/it/
Sull’arte delle isole:
https://www.alliancefr.vu/fr/les-artistes-du-vanuatu
Sulla musica dell’acqua:
https://www.raiplay.it/video/2019/10/geo-la-musica-dellacqua-81d7023d-e761-4626-89a6-2e1b9eab600c.html
***
Articolo di Virginia Mariani

Docente di Lettere, unisce all’interesse per la sperimentazione educativo-didattica l’impegno per i temi della pace, della giustizia e dell’ambiente, collaborando con l’associazionismo e le amministrazioni locali. Scrive sul settimanale “Riforma”; è autrice delle considerazioni a latere “Il nostro libero stato d’incoscienza” nel testo Fanino Fanini. Martire della Fede nell’Italia del Cinquecento di Emanuele Casalino.