Editoriale. RISORGEREMO!

Carissime lettrici e carissimi lettori,

siamo alla terza Pasqua che passiamo insieme e anche questa volta non posso mancare di darvi gli auguri di un tempo di festa da trascorrere religiosamente, con i riti abituali o, per chi lo preferisce, laicamente, per trovare comunque attimi di riflessione. Della Pasqua, delle sue origini, dei legami con la fede ebraica, la Pesach (dal verbo ebraico Pasoah che significa “passare oltre”), che ha inizio al tramonto del quattordicesimo di Nissan e quest’anno cade tra il 28 marzo e il 4 aprile dell’anno 5781 del calendario ebraico, delle origini, coincidenze e usanze ne abbiamo parlato insieme e vi rimando ai numeri di Vitaminevaganti n. 6 (20 aprile 2019) e n 57. (12 aprile 2020).

Leggendo i riti ne cogliamo le assonanze e i rimandi tra i culti nati nella stessa terra, da troppo martoriata da dissidi, ingiustizie e crudeltà: i simboli come il pane azimo, il pane non lievitato, che richiama quello usato, sempre senza lievito, durante la celebrazione eucaristica, o l’uovo sodo che ritroviamo in tante preparazioni gastronomiche, soprattutto quelle dei menù pasquali del nostro meridione (per esempio il buonissimo tortano o casatiello del napoletano per la ricca colazione pasquale), con il significato che è legato contemporaneamente alla morte e alla rinascita. Persino un accostamento tra riti/abitudini potrebbe essere considerato con le famose nostrane “pulizie di primavera”, che da piccoli/e chiamavamo, infatti, anche pulizie di Pasqua, che coincidono con i doveri da parte delle donne ebree della preparazione attenta della casa alla Pasqua, per toglierla da qualsiasi impurità e promiscuità rimandante a quella del lievito. Così come il pane e il vino si indicano ugualmente come simboli di un sacrificio.

Viviamo comunque anche quest’anno, come è stato per la scorsa Pasqua, una festa di reclusione. Allora, era il 13 aprile del 2020, avevamo vissuto il nostro primo mese di lockdown, eravamo sicuri che tutto finisse presto. Ci siamo illuse e illusi. Che la lontananza e la mancanza di abbracci, di cene e pranzi conviviali ci portasse a un bisogno di ritorno affettivo, di capacità di ascoltare, di sentire l’altro/a. Ma questo sembra, proprio secondo le riflessioni allora contraddette, non sia successo.

Sicuramente questo è stato, comunque, tutto un tempo difficile segnato da questo invisibile virus che si è nutrito delle nostre vite. Ci siamo sentite/i deboli e sole/i, anche dopo l’arrivo dei vaccini che potrebbero portarci fuori da questa terribile inpasse. Molti e molte di noi ancora non sanno quando arriverà il nostro turno di vaccinazione. Nel frattempo si è scatenata una sorta di guerra della paura, alimentata da una diffidenza no-vax. Eppure il panorama delle vaccinazioni è quello di sempre, con il margine di errore simile per tutti i vaccini, per tutti tipi di malattie. In particolare per il vaccino contro il Coronavirus messo sotto accusa risultano 30 casi negativi su ben 5 milioni di somministrazioni! Purtroppo, la normalità.

Continuiamo a parlare di donne, positive, arricchenti. Le donne, come quelle della Commedia di Dante (già dal secondo canto dell’Inferno), sono state artefici di salvezza durante questa pandemia. Sono donne, come abbiamo già scritto, la maggior parte di chi è occupato nei servizi sanitari (il 70% del personale complessivo), dalle mediche, alle infermiere, alle operatrici sociosanitarie, al personale dell’aiuto. Moltissime le donne tra le psicoterapeute che stanno assistendo i guariti e le guarite dal Covid-19 o chi ha mal subito le conseguenze di questa eccessiva chiusura in casa, non più rifugio, ma prigione, seppure salvifica.

Sono state poi le donne, quelle che guidano la politica dei Paesi del mondo a gestire meglio il difficile periodo che stiamo vivendo: dalla Finlandia alla Danimarca, alla Germania fino alla lontana Nuova Zelanda e a Taiwan:  
«In momenti di crisi come quello che stiamo vivendo scriveva già un anno fa Anna Lombardi su un quotidiano citando un’intervista a Avivah Wittenberg-Cox, a capo di una delle principali società di consulenza che si occupano di parità di genere, la britannica 20-first le donne al potere stanno gestendo la pandemia meglio di molti colleghi uomini. Le donne hanno sempre un approccio differente: più diretto, più creativo. In una situazione d’emergenza come questa, è ciò che serve. Purtroppo questa capacità femminile è sottostimata nella vita politica, come in quella quotidiana. Negare, minimizzare, rimandare le decisioni fino all’ultimo è tipico dei maschi alfa, gente come Donald Trump e Boris Johnson…Fra le nazioni che hanno gestito meglio l’emergenza conferma sette sono guidate da donne. E tutte avevano degli elementi in comune. Da Angela Merkel a Jacinda Ardern, hanno utilizzato un particolare tono e stile: dando informazioni con precisione, nei tempi giusti. Sì, il loro metodo ha funzionato meglio che altrove». Per non dimenticare una sindaca, Ada Colau, già da due mandati al timone di Barcellona, dove si è svolto, per la seconda volta, il bell’esperimento di un concerto in presenza, seppure con tampone e mascherina, e senza distanziamento dove i/le giovani ballavano tutti e tutte insieme. Nelle ultime elezioni per il voto in Catalogna Colau ha scelto di dare la carica ai suoi elettori rappando la storia di Barcellona, personalmente, su una piattaforma digitale! Un modo nuovo ed efficace di approcciarsi alla politica e alle/agli elettori.

Si parla, e se ne è parlato tanto in questi giorni, per un rinnovamento al femminile della politica e dei ruoli nei partiti, di quote rosa. Ce ne sarà sicuramente bisogno finché la società in cui viviamo parlerà ancora al maschile (non è secondario il linguaggio) e crederà in valori patriarcali. Sulla nostra rivista spesso abbiamo trattato di donne nella leadership di aziende (in particolare quelle del vino e dell’olio). In un periodo importante per l’economia mondiale avere una ricerca in proposito risulta interessante e amplia il panorama. Uno studio pubblicato recentemente e condotto dal Cerif, il Centro di Ricerca sulle Imprese di Famiglia dell’Università Cattolica di Milano, ha osservato che in Italia ben due aziende familiari su tre hanno difficoltà economica e che, al momento del passaggio di testimone alla guida dell’azienda, il ruolo della donna nella continuità dell’impresa familiare è «sempre meno marginale, così da poter analizzare una tematica tanto delicata, ma prendendo in considerazione la variabile di genere». Per dare alcuni numeri il Cerif ha evidenziato che «il 63% degli eredi che prendono in mano le redini dell’azienda sono uomini, con un’età media compresa tra i 41 e i 55 anni (dati 2018-2019)». Ma una ricerca realizzata nel 2016 dallo stesso Centro di Ricerca sul tessuto produttivo di Monza e Brianza ha evidenziato il passaggio generazionale al femminile, rilevando che su un campione di 52 imprese familiari il coinvolgimento di un’erede donna è presente in circa il 29% dei casi. Secondo lo studio «sono pochi i casi in cui le donne non sono state coinvolte nella gestione dell’azienda o in parti di essa. Nel 61,54% di tutte le successioni analizzate, all’interno della famiglia era presente un’esponente femminile da poter inserire e al quale poter lasciare le chiavi dell’azienda. In quasi la metà dei casi ciò è avvenuto». «Sono segnali incoraggianti viene sottolineato il che è indice di un importante cambiamento in atto in un Paese che presenta ancora forti carenze sul fronte dell’imprenditoria al femminile… Se in passato il genere rappresentava una variabile fortemente discriminante nell’ottica del passaggio generazionale rispetto a qualche anno fa la cultura maschilista si sta via via stemperando spiega nell’intervista Claudio Devecchi, ordinario di Strategia e politica aziendale presso l’Università milanese evidenziando che, a livello settoriale, le aziende operanti in settori tipicamente considerati “maschili”, caratterizzati da un impegno e una formula imprenditoriale molto impegnativi, sono sempre più guidati da donne».

Il discorso si fa ancora più interessante se al timone dell’azienda c’è già una donna. Le cose si presentano nel migliore dei modi e il passaggio generazionale è spesso più “meritocratico”. «Quando a dover passare il testimone è una donna viene osservato sono due le dimensioni che orientano la scelta. La prima riguarda le caratteristiche personali: nel potenziale erede la donna cerca pazienza, relazionabilità (nel senso di savoir faire), razionalità, determinazione, realismo e concretezza. La seconda riguarda il modello gestionale, visione di medio/lungo termine, costruzione della squadra, attenzione anche ai particolari, fedeltà agli obiettivi e coerenza lungo la strada tracciata sono alcuni degli aspetti chiave ricercati nella persona che dovrà prendere in mano l’azienda. A questi aspetti aggiunge il professore si affianca un’empatia valoriale tra donne». Ma c’è di più. Quando la donna è a capo di un’azienda anche l’ambiente sociale circostante, dai clienti, ai fornitori, ai dipendenti dell’azienda, ne è influenzato. «Esaminando i risultati successivi al passaggio generazionale in rosa si registrano una serie di indicatori aziendali positivi: da una migliore performance economico-finanziaria di queste imprese fino ad arrivare ad aspetti reputazionali più soddisfacenti, ribadendo quanto sia importante che le imprese non si tirino indietro e sviluppino una maggiore consapevolezza su questo tema, eliminando, a parità di competenze, i pregiudizi a favore di un erede maschio». (We Wealth, marzo 2021)

Guardiamo ora il numero odierno della rivista. Apriamo con la donna di Calendaria, la bulgara Elena Lagadinova, partigiana bambina, nome di battaglia Amazzone, scienziata e politica per il movimento delle donne. Continua la serie di Fantascienza, un genere (femminile). Italia, anni Sessanta (e oltre), che ci fa scoprire due autrici, Jole Roberta Rambelli e Anna Rinonapoli che hanno dato un contributo fondamentale a questo genere. Ne gli Incontri impossibili l’intervistata è Maya Angelou, poeta e docente afroamericana la cui infanzia e vita difficili possono condensarsi in una frase: «Eppure mi rialzo». Tra le intitolazioni dell’8 marzo l’autrice di Le rotonde di Verona ci racconta le storie di cinque donne della città dell’Arena che hanno dedicato la loro vita al servizio del prossimo, mentre a Capo d’Orlando accogliamo con gioia le prime tre intitolazioni al femminile, Nilde Iotti, Emanuela Loi e Felicia Impastato, grazie allo sforzo e all’impegno di molte associazioni. A Rosa Balistreri, voce degli ultimi e dei diseredati, dalla vita segnata da molte violenze, hanno voluto rendere onore le Toponomaste di Licata, durante il festival del genio femminile, un palcoscenico virtuale. Lasciamo le intitolazioni per proseguire il nostro percorso artistico su Raffaello con l’accurata analisi del dipinto di Maddalena Strozzi, madonna fiorentina. Nella sezione Costume la seconda parte di La cosmesi nei secoli ci accompagna dal Seicento ai giorni nostri in un viaggio divertente alla scoperta dei segreti del maquillage.

Tante le recensioni: in Culture dimenticate si commenta il libro di Harald Haarman, che muove da una prospettiva non eurocentrica e attenta alle differenze di genere per farci riflettere sulla nostra ignoranza della storia. Le streghe della notte è l’occasione di raccontare la vicenda degli aerei Polikarpof per il volo notturno tutto al femminile nella seconda guerra mondiale e per conoscere figure di donne esemplari per coraggio ed eroismo. «Tacete, o maschi». Le poetesse marchigiane del ‘300 è una bellissima sorpresa e una forma di risarcimento che dà finalmente visibilità a quattro donne la cui esistenza fu negata per lungo tempo. Sempre in tema di poesia Il Libro delle laudi di Patrizia Valduga è come «una violenta fioritura di libertà» è la presentazione di Tesi vaganti di questo numero, in un gioco di specchi tra la poeta e l’autrice.

Per il teatro filosofico si presenta a noi Caterina Comensoli, divenuta Madre Geltrude.

Chiudiamo in bellezza, per la nostra Rubrica A Tavola, con il re dei formaggi, il Parmigiano Reggiano, scoperto dai monaci benedettini nel Medioevo ed arrivato fino a noi con il suo gusto speciale e il suo potere nutriente.

Prendiamo a pretesto la squisitezza del Parmigiano per eccellenza, quello del reggiano, del quale leggiamo differenze e caratteristiche nell’articolo citato, per ricordarci di un cuoco, maestro d’eccezione, Pellegrino Artusi l’autorevole ideatore di quel Cucchiaio d’Argento che non può mancare in nessuna libreria di chi ama cucinare. Quest’anno del grande cuoco si celebrano gli anniversari: nato romagnolo, a Forlimpopoli il 4 agosto del 1820 e morto, fiorentino, esattamente 90 anni fa, il 30 marzo 1911. Per Pasquetta, con un’immaginaria gita fuoriporta voliamo a San Miniato al Monte, appena fuori Firenze, dove riposa nel piccolo cimitero ai piedi della stupenda chiesa (ne vale davvero la pena per chi non ci fosse stato/a) con tutta la maestà della città davanti!

Ritornando alla Pasqua che si celebra domani vorrei ricordare tanti scrittori che ne hanno celebrato l’atmosfera nei romanzi e nelle loro poesie. Da Orgoglio e pregiudizio, di Jane Austen,da cui parte un momento di svolta della storia narrata, al Faust di J.W Goethe o al romanzo di L.N.Tolstoj intitolato appunto Resurrezione. Ma qui vorrei offrirvi una poesia che mi ha colpita molto, brevissima, ma intensa e legata a una doppia interpretazione, laica e religiosa, della giornata che si festeggia domani. I versi sono di Pablo Neruda, il grande poeta cileno che ci ha lasciato l’insegnamento dell’impegno politico e della bellezza della sua arte (premio Nobel nel 1971).

Nascere non basta.
È per rinascere che siamo nati.
Ogni giorno.

(Pablo Neruda)

Buone feste e buona lettura a tutte e a tutti

Buona lettura a tutte e a tutti.

***

Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.

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