Il grande cantante inglese David Bowie, nato David Robert Jones (Brixton-Londra 8 gennaio 1947-New York 10 gennaio 2016), detto “Duca bianco”, cosa avrà mai a che fare con la cittadina toscana di Monsummano Terme? È una storia curiosa che merita di essere raccontata, specie per chi ha amato e apprezzato le multiformi doti dell’interprete, intelligente, colto, raffinato, originale, un vero personaggio che ha lasciato una impronta non solo nella musica, ma anche nel cinema, nelle arti visive, negli stili e nelle mode che ha lanciato.

Il 20 maggio 2019 il bellissimo parco della Villa Renatico-Martini, di proprietà comunale e sede del Museo Mac,n, è stato dedicato a Bowie, e si è trattato della prima intitolazione in Italia per celebrare il cinquantesimo anniversario del suo esordio nel nostro Paese: dal 31 luglio al 2 agosto del 1969, durante l’Estate Canora, il giovanissimo cantante partecipò infatti al concorso “Festival internazionale del disco”, presentato da Daniele Piombi e organizzato presso lo Chalet monsummanese dall’associazione culturale “Giuseppe Giusti” con vari sponsor.
Nell’occasione si esibì interpretando un brano dal suo primo disco, When I live my dreams. Sull’evento e sulle curiosità del dietro le quinte si possono trovare notizie grazie alle pagine su internet del fan club attivo dal 1999 che riporta brani dal libro del suo manager di allora, Kenneth Pitt, il quale spiega come Bowie fosse già “di un altro pianeta” (anche se Ziggy era ancora lontano…) e si sia distinto non solo per bravura, ma anche per la gentilezza e disponibilità, trattandosi di un concorso organizzato in maniera piuttosto casalinga e con musicisti improvvisati.

Vista la qualità del suo lavoro e della sua performance, venne creato appositamente per lui il premio per la migliore produzione. Dai documenti inediti rintracciati e presenti sul sito http://www.velvetgoldimine.it si sa che in quei giorni aveva i capelli striati di nero, con un nastro di velluto sulla fronte, e indossava una originale camicia scovata dalla compagna e futura moglie Mary Angela Barnett al mercatino di Portobello, che lasciò il pubblico affascinato. Dalle vecchie locandine si deduce poi che ogni cantante si esibiva con due brani, purtroppo del secondo di Bowie non è rimasta traccia nei programmi serali, ma qualcuno della giuria avrebbe in mente Farewell, Angelina di Bob Dylan, portato al successo da Joan Baez, possibile omaggio alla sua Angie.

Il ricordo a Monsummano di quella lontana esibizione e di quell’artista si è concretizzato con l’intitolazione del giardino, a cui seguì il giorno successivo un prestigioso concerto con la jazz band di Paolo Fresu e la partecipazione di musicisti come Gianluca Petrella (trombone ed elettronica), Petra Magoni (voce), Francesco Diodati (chitarra), Francesco Ponticelli (basso elettrico), Christian Meyer (batteria). Un progetto musicale unico, creato appositamente dalle Officine della Cultura e realizzato dall’amministrazione comunale. Qualche mese dopo, il 28 novembre 2019, un angolo del parco è stato arricchito da un roseto per celebrare tre vittime innocenti di cui deve rimanere viva la memoria: Ilaria Alpi, Giulio Regeni, Giancarlo Siani.
Il 17 aprile scorso, in forma virtuale, è stata inaugurata nel Museo Mac,n la mostra che ora finalmente si può visitare gratuitamente, su prenotazione, e che resterà aperta per tutta l’estate, fino al 3 ottobre, quindi ne potrà approfittare chiunque passi dalla Valdinievole (Pistoia) e voglia fare una sosta, magari recandosi alle bellissime Terme Giusti e seguendo poi l’itinerario sulle tracce femminili suggerito su Vitamine vaganti (n. 86).
La mostra in questione, dal titolo L’uomo che cadde su Monsummano Terme-Bowie Vision musica per i tuoi occhi, è stata ideata da Rita Rocca e curata da Mario Romani in collaborazione con l’Associazione aerografisti italiani riuniti. Dobbiamo a questo punto fornire una spiegazione indispensabile: le opere esposte infatti sono realizzate con la tecnica dell’aerografo e, a piano terra della villa, ne vengono mostrati esemplari originali di varie epoche e ne viene fatta la storia grazie a pannelli esplicativi. Che cos’è l’aerografo e a cosa serve?

Tutto nacque dall’idea di Abner Peeler che realizzò in maniera molto artigianale i primi strumenti per spruzzare colore a pressione grazie all’aria compressa; era il 1879; di lì a poco l’inventore cedette l’idea ai fratelli Walkup e presto se ne cominciò a fare uso per ritoccare le fotografie, oltre che per verniciare in modo omogeneo superfici di ogni genere. Dal 1886 lo strumento venne utilizzato per creare immagini in bianco e nero e, a partire dal 1896, nelle sue diverse dimensioni fino a quelle pressappoco di una penna, cominciò ad essere commerciato anche in Europa, diffondendosi sempre più dal 1919. Nel 1924 iniziò la produzione in Italia con il marchio “Ideal” che durò fino agli anni Ottanta, poi la ditta si riconvertì nella commercializzazione del prodotto fino al 2008. Praticamente stiamo parlando di una sorta di pistola a spruzzo, come quelle usate dai carrozzieri, ma ovviamente in ambito artistico è un oggetto assai più sofisticato e idoneo all’utilizzo su legno, alluminio, compensato, ecc. Nella mostra monsummanese, visto che il tema è David Bowie, artisti e artiste si sono cimentate per lo più in ritratti in cui si sottolinea il particolare sguardo del musicista, come si nota nel dipinto Visione di Catia Trovarelli, uno dei più espressivi ed efficaci. Per chi non lo sapesse, Bowie aveva gli occhi di due diversi colori, ma solo in apparenza: il suo era un caso di anisocoria, ovvero la pupilla sinistra era sempre dilatata a causa del pugno di un amico (rimasto tale anche dopo la scazzottata giovanile), quindi quell’iride appariva assai più scura dell’altra.

Interessante anche Rosso Blu Giallo Bianco di Arianna Fugazza che ha saputo cogliere con abilità vari momenti del volto di Bowie, raffigurato in quattro epoche diverse e con i suoi look originali.
Veramente emozionante per chi ricorda il film, capolavoro di Nagisa Oshima del 1983, la locandina di Furyo, interpretato a fianco del musicista Ryuichi Sakamoto, anche lui “prestato” per l’occasione al cinema.
Probabilmente nessuno sa che quell’immagine, con i due rivali affiancati, fu creata dall’illustratore e cartellonista italiano Renato Casaro, un grande artista davvero, pluripremiato e celebre proprio per poster e manifesti; e qui le due opere sono l’una accanto all’altra.

Locandina del film Furyo (a destra)
In una sala sono poi esposti manifesti e locandine di spettacoli tenuti in tutto il mondo, in un’altra alcuni pannelli ci ricordano anche un altro aspetto della vita e degli interessi di Bowie: il suo amore per l’arte; in età adulta era diventato lui stesso pittore e fotografo, ma soprattutto un raffinato collezionista che cercava di valorizzare le opere di artiste/i giovani.
La mostra costituisce un percorso originale e un’occasione da non perdere, per chi ha amato e apprezzato il grande cantante, la cui affascinante personalità e i record rimangono nella storia della musica.
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Articolo di Laura Candiani

Ex insegnante di Materie letterarie, dal 2012 collabora con Toponomastica femminile di cui è referente per la provincia di Pistoia. Scrive articoli e biografie, cura mostre e pubblicazioni, interviene in convegni. È fra le autrici del volume Le Mille. I primati delle donne. Ha scritto due guide al femminile dedicate al suo territorio: una sul capoluogo, l’altra intitolata La Valdinievole. Tracce, storie e percorsi di donne.