Donne e Scienza

L’Associazione Donne e Scienza, che ha sede presso la Casa internazionale delle donne a Roma, in un comunicato dell’8 luglio scorso ha ribadito le proposte per l’eliminazione delle disuguaglianze di genere in ambito scientifico e accademico, che già erano state rivolte alla Ministra dell’Università e Ricerca, Maria Cristina Messa, in occasione della Giornata Internazionale delle Donne 2021. La lettera aveva ricevuto oltre duecento adesioni di singole/i e di associazioni e in essa Sveva Avveduto, presidente dell’associazione, ricercatrice emerita già direttrice CNR-IRPPS di Roma e responsabile gruppo bilancio di genere del CNR, scriveva: «Siamo donne nella ricerca, riunite nell’Associazione Donne e Scienza, e, come certamente è successo anche a Lei, abbiamo dovuto affrontare una serie di difficoltà aggiuntive rispetto ai colleghi nel perseguire i nostri interessi professionali: difficoltà che vorremmo fossero rimosse per noi e soprattutto per le più giovani.
Le statistiche sono impietose, e mostrano che la parità di opportunità per le donne nella ricerca nel nostro Paese è ancora lontana, così com’è lontano il pieno riconoscimento del nostro valore e autorevolezza scientifica. Il problema ha mille sfaccettature e inizia nella società, nei media, nelle famiglie, per proseguire nella scuola e nell’università, in particolare per le materie scientifiche dove la disparità è particolarmente accentuata.
Ma è dopo il termine degli studi, in ambito lavorativo, che esplode il divario, ed è qui che le chiediamo di intervenire, adottando misure che possano portare ad un mondo in cui non sia necessario essere eccezionali per raggiungere le soddisfazioni e i riconoscimenti lavorativi e di carriera che per gli uomini sono la ‘normalità’.
I problemi sono molti, e tutti vanno affrontati in modo sistemico: le disuguaglianze nelle opportunità di ricerca e di carriera, il riconoscimento della maternità e del lavoro di cura di bambini e anziani (ancora prevalentemente sulle spalle delle donne), la questione delle molestie (dalle onnipresenti battute sessiste, ai ricatti sessuali, ancora frequenti), la presenza ancora sporadica di Consigliere di Fiducia in tutti gli Enti e Università, fino alla sistematica e pregiudiziale sottovalutazione per le attività e le idee delle donne.
Affrontare e risolvere queste questioni renderebbe il mondo della ricerca non solo migliore per le donne, ma anche più inclusivo e più capace di rispondere alle nuove esigenze della scienza e della società.
Noi abbiamo molte proposte, maturate nei vent’anni di vita e di ricerca della nostra associazione in ambito nazionale ed europeo, e saremo molto contente di contribuire alla discussione e alla elaborazione di proposte concrete. Per questo Le chiediamo di predisporre un Tavolo di Lavoro presso il suo ministero dedicato a questi temi.
L’urgenza del problema vorrebbe che questo Tavolo avesse un mandato chiaro e giungesse in tempi brevi a proporre azioni volte a ridurre le disparità di genere in ambito accademico e di ricerca, con una visione a lungo termine ma anche con misure da adottare subito.
Cara Ministra, si può fare. Contiamo su di Lei!»

Nel comunicato attuale si rinnova la richiesta di un incontro con la ministra per proporre una serie di misure urgenti per il futuro della ricerca in Italia e si precisa: «I recenti bilanci di genere in Università ed Enti di ricerca mostrano, ancora una volta, quanto diseguaglianze e discriminazioni restano forti ostacoli al progresso scientifico e sociale. Nonostante i dati indichino chiaramente che inclusività e valorizzazione dei talenti sono fondamentali per la ricerca le misure adottare per il raggiungimento della parità di genere restano ancora insufficienti.
Per questo motivo, l’Associazione Donne e Scienza, con il supporto di numerose altre associazioni, rinnova l’invito ad un confronto costruttivo sulle tematiche evidenziate da anni dall’Associazione. In occasione dell’ultimo otto marzo, l’Associazione aveva già chiesto alla Ministra di istituire un Tavolo Tecnico dedicato al tema delle pari opportunità e delle disuguaglianze di genere nel mondo della scienza: ma i dati emersi dai bilanci di genere e l’occasione storica del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ci spingono a riaffermare con forza l’esigenza di intraprendere un cammino che porti realmente ad una ricerca più inclusiva nell’interesse di tutti.
Secondo i bilanci di genere nel CNR le ricercatrici sono il 46,8% e i ricercatori sono il 53,2% tuttavia, nelle posizioni dirigenziali, la percentuale degli uomini sale al 78% mentre quella delle donne scende al 22%. Dai dati forniti dalla CRUI, nelle università, tra i professori ordinari le donne sono solo il 23%». Come sottolinea Sveva Avveduto: «Potrebbe sembrare una questione che interessa solo le donne, invece il raggiungimento dell’uguaglianza di genere nella sola area STEM potrebbe aggiungere fino a 1,2 milioni di posti di lavoro e tra i 610 e gli 820 miliardi di Euro al PIL europeo entro il 2050. Molte cause e con-cause concorrono a mantenere il soffitto di cristallo. Un complesso set di barriere, dirette e indirette, si frappone all’impegno delle donne nella scienza e soprattutto alla progressione di carriera; tipicamente gli obblighi derivanti dalla famiglia, ma anche un forte ruolo frenante che assumono gli stereotipi e i pregiudizi di genere nella scienza. Le ragazze sono spesso scoraggiate dall’intraprendere studi scientifici, come se avessero minori capacità, e alle donne si preferiscono gli uomini nelle posizioni di comando».
Monica Zoppé, ricercatrice CNR e una delle promotrici della lettera, spiega: Il clima negli ambienti di ricerca è spesso ostile per le donne, con colleghi che ti guardano dall’alto al basso, senza ascoltare quello che dici. Poi magari prendono le tue idee e se ne appropriano, senza riconoscere il tuo contributo. Anche le battute: credono forse di essere simpatici, ma non si rendono conto di essere offensivi. Un clima che può portare anche a molestie vere e proprie: i casi denunciati da ricercatrici e studentesse sono in continuo aumento. Da qualche anno ci sono i CUG, e in qualche caso le consigliere di fiducia, che un poco aiutano, ma manca ancora la cultura del rispetto».

Nel dettaglio delle proposte si legge: «In primo luogo occorre agire al momento dell’accesso ai ruoli strutturati. L’entrata in accademia e nell’ambiente scientifico avviene attraverso ruoli precari indistintamente per uomini e donne. Ma le donne che affrontano il ruolo di madri spesso restano precarie, mentre i colleghi maschi, solitamente meno assillati dalla vita familiare, proseguono la loro carriera in ruoli strutturati. Il cambiamento culturale che vede donne e uomini parimenti impegnati nella vita familiare è certamente auspicabile, ma lentissimo. Allora, il tempo della maternità e delle cure parentali va considerato nei bandi di concorso per le assunzioni e le progressioni, così come nei bandi dei progetti di ricerca a cui si associano anche pubblicazioni e visibilità per gli avanzamenti di carriera.
In secondo luogo è necessario introdurre uguaglianza, come previsto dalla legislazione Italiana, anche nella valorizzazione delle donne in termini di partecipazione a commissioni, tavoli di lavoro, ruoli istituzionali e decisionali che sono più spesso assegnati agli uomini. Non si tratta solo di arricchire il sistema con il contributo di tutte le persone, ma anche di offrire possibilità di interazione e di costruzione di curriculum, in cui, oltre a numero e qualità delle pubblicazioni, la partecipazione in altri ruoli è un fattore importante per raggiungere ruoli di direzione, da cui troppo spesso le donne vengono escluse.
Ricordando inoltre che spesso Il ruolo dalle donne svolto a sostituire gli uomini nelle responsabilità scientifiche e gestionali è quasi sempre invisibile e non riconosciuto.
Infine, è necessario inserire la valutazione ed il finanziamento degli Atenei e degli EPR in base alle misure concrete intraprese ed ai risultati raggiunti in tema di superamento del gap di genere. L’analisi approfondita dei bilanci di genere delle istituzioni scientifiche può essere un’utile guida all’individuazione di misure necessarie a realizzare una maggiore equità di genere».

Ora è tempo che le proposte per contribuire a un mondo scientifico più bilanciato siano seriamente discusse e prese in considerazione, nella convinzione che «il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo delle donne nella scienza non abbia soltanto un valore etico imprescindibile in una società moderna basata sul merito e la piena cittadinanza di tutti i suoi soggetti, ma porti ad un migliore sviluppo di tutto il mondo della scienza, quello degli uomini e delle donne».

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Articolo di Danila Baldo

Laureata in filosofia teoretica e perfezionata in epistemologia, coordina il gruppo diade e tiene corsi di aggiornamento per docenti, in particolare sui temi delle politiche di genere. È referente provinciale per Lodi dell’associazione Toponomastica femminile. Collabora con con Se non ora quando? SNOQ Lodi e con IFE Iniziativa Femminista Europea. È stata Consigliera di Parità provinciale dal 2001 al 2009 e docente di filosofia e scienze umane sino al settembre 2020.

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