Carissime lettrici e carissimi lettori,
è tempo di europei di calcio. Rigorosamente al maschile, è chiaro. Ma noi festeggiamo, senza indugio. È tempo di vittorie, di sconfitte, di classifiche e di coppe ambite. Il senso è sempre quello sportivo. Francia, Inghilterra, Italia, Olanda, Spagna, Portogallo, Germania e altre, hanno affrontato il gioco, come si è potuto, con il solito grado di fortuna, proprietà che si aggiunge a qualsiasi preparazione atletica, si spera sempre ottima. Le squadre calcistiche di questi Paesi hanno perso, hanno vinto. Si sono qualificate o sono andate via in sordina, accettando il risultato. Questa è la cronaca dell’oggi. A noi, fortunatamente, spetta di attendere ancora andando a giocare l’ultimo match fuori casa, nello stadio di Wembley, in Inghilterra, incontrando i padroni di casa, nonostante le richieste di farlo qui. Ma siamo scaramantici tutte e tutti.
Per caso proprio la cronaca ci mette di fronte a un ricordo. Ci porta indietro nel tempo. Il fatto contingente è la scomparsa da questa vita di uno storico del “nostro” colonialismo, Angelo Del Boca, nato a Novara nel 1925, quasi un secolo fa.
Purtroppo il colonialismo non è mai positivo e quello nostrano, rimosso da noi, dalle nostre coscienze, non è stato certo da meno. Nonostante ci sia stato chi, come Indro Montanelli, con il quale Del Boca spesso polemizzò, volle farlo apparire come “cavalleresco”, fatto di incontri garbati, di strade costruite, di arricchimento sociale. E invece, lo dovette riconoscere poi lo stesso Montanelli, ci furono massacri, episodi di ineffabile violenza.
«Fu il primo studioso italiano a gettare uno sguardo critico sul periodo coloniale italiano — si legge in un articolo che lo ricorda — ed in particolare a documentare le atrocità compiute dalle nostre truppe in Libia e in Etiopia. Le sue denunce sui bombardamenti aerei sui centri abitati e l’impiego di armi chimiche come l’iprite, il fosgene e l’arsina, fecero molto scalpore nel mondo accademico ma, forse ancor più, in quello politico, dato il diffuso negazionismo che nel secondo dopo guerra imperava nella narrativa sulle vicende italiane in Africa Orientale. Per queste sue posizioni Angelo Del Boca è stato per lungo tempo avversato sia dalla stampa conservatrice sia dalle associazioni di reduci dall’Africa Orientale italiana. Contrastò, insomma, a ragione quell’opinione “agiografica e falsamente consolatoria” come è stato scritto, secondo la quale quello italiano «fu un colonialismo mite e bonario, portato avanti grazie all’azione di un esercito cavalleresco, incapace di compiere brutalità, rispettoso del nemico e delle popolazioni indigene». Come si ricorda ancora in un articolo a proposito della scomparsa dello storico: «Nel 1996 lo stesso Montanelli si scusò pubblicamente con lui quando lo studioso dimostrò, attraverso documenti inoppugnabili, le brutalità commesse dell’Esercito della brava gente in Etiopia. La denuncia su base storica ed etica della retorica del Paese di pace che però è costretto a fare la guerra ha attraversato tutto il suo apparato critico gettando così nuova luce sulle relazioni tra politica e guerra anche nel periodo postcoloniale». (Il Manifesto, 6 luglio 2021). Angelo Del Boca si è mostrato deciso e documentato anche riguardo alla Libia e soprattutto nell’analisi che ha dato sulla stampa della condizione attuale di questo Paese: «Conoscitore profondo non solo della storia, ma dell’antropologia…Del Boca ha più volte espresso il suo estremo e motivato disaccordo sulle relazioni italo libiche in particolare e di quelle tra Europa e Libia in generale dopo quello che lui giustamente chiamava l’assassinio di Gheddafi. Il suo criticismo è divenuto ancora più radicale in relazione alla possibilità che l’Italia potesse essere direttamente coinvolta in un intervento militare nel Paese africano…di una Libia allo sbando di cui, come disse in una recente intervista — almeno 140 gruppi si contendono il territorio, si sono divisi il potere e i depositi di petrolio». Tutto ciò lo ha portato a esprimere una dura critica sulla posizione europea in quanto l’abbattimento del regime di Gheddafi aveva, secondo le parole dello stesso Del Boca «riportato il tribalismo, sono scomparsi i confini amministrativi, si è tornati indietro di due secoli, a prima dell’Impero Ottomano».
Ma ancora non abbiamo parlato di donne. Mentre il ddl Zan sembra andare alla deriva, seppure è annunciata, con risultati direi scontati, una discussione per la prossima settimana in Senato, per noi donne continua la fiera delle discriminazioni talmente assurde da sfiorare il ridicolo. Come quella riguardante i premi messi in palio per una gara ciclistica.
È successo in Veneto e a fare questa, che bonariamente è stata definita una gaffe sessista, ma a noi sembra l’ennesima dimostrazione di un paese al collasso di idee sulla parità di genere, sono stati gli organizzatori del Campionato veneto Acsi di ciclismo che si è svolto domenica 4 luglio a Sant’Eufemia di Borgoricco, nel padovano. In palio sicuramente un cesto/borsa alimentare per tutti/e, ma poi i premi veri che sono stati annunciati con enfasi e ben differenziati per genere! Avete già capito: per i maschi erano riservati attrezzi per la bicicletta, copertoni, maglie termiche e set tecnici, mentre alle donne (udite udite!) vincitrici in sella si era pensato a un mocio, tra l’altro di marca (!), a un asse da stiro o uno stendino! Insomma, nulla di che lamentarsi rispetto all’idea data dai libri scolastici ai ragazzini e alle ragazzine per imparare chi fa cosa: il babbo legge, controlla le bollette, vede la televisione (perché si deve riposare dal lavoro della giornata) e la mamma stira, lava o, c’’è da dirlo, stende i panni e sorride, felice dei suoi ruoli, dicono, ancora, nel 2021!
Questa settimana piangiamo una donna che della libertà sessuale e della parità di genere ne ha fatto un vessillo, leggero. «Quanto è bello far l’amore da Trieste in giù…l’importante è farlo sempre con chi hai voglia tu. E se ti lascia lo sai che si fa? Trovi un altro più bello che problemi non ha».
È Raffaella Carrà, che se ne è andata all’inizio di questa settimana, inaspettatamente. La soubrette del Tuca Tuca e dell’indimenticabile duetto con Alberto Sordi, che ha scandalizzato, con il suo ombelico “simile a un tortello della sua Bologna”, l’Italia bacchettona e tanto ipocrita, come ci ha insegnato il grande Faber. È la Carrà che invita a Domenica in anche un operaio, Mario Varianti, per sentire le ragioni di chi lavora e non solo la versione del presidente della Confindustria Luigi Lucchini intervistato la domenica precedente sulla situazione dell’allora Bisider. È la Carrà amatissima all’estero, non solo nei paesi di lingua spagnola (dall’Europa all’America Latina), che è paladina del mondo omosessuale: «A far l’amore comincia tu», è diventato anche colonna di inizio delle partite di questa Europa 2020.
Prima di passare all’analisi del numero odierno di Vitaminevaganti, facendomi perdonare sulla lunghezza del testo (e tanto vi ringrazio per la vostra pazienza e l’interesse che mi mostrate sempre e con affetto) vorrei però non tralasciare due notizie, appartenenti ancora alla cronaca di questi giorni e impossibili da eludere perché, secondo me raccapriccianti. La prima e più importante per numero di persone coinvolte è la “scoperta” di ciò che di atroce e di preparato (inutile negarlo) è accadute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, città antica da cui mi onoro di provenire. Lo sbaglio, la sfacciata incuria, di una telecamera interna rimasta accesa rivela una situazione che toglie significato a ciò che dovrebbe essere lo strumento carcerario, di riflessione, di ri-educazione, di recupero e soprattutto di speranza e riscatto. Ciò che è stato nell’istituto penitenziario campano ci indica tristissime ripetizioni che ancora ignoriamo e ci dice che vengono a mancare le basi perché si realizzi quello che si è qui detto.
L’altro episodio è anche questo, a mia opinione, grave seppure le persone coinvolte erano state solo due ragazze, Gaia e Camilla, appena sedicenni. Furono uccise di notte, poco prima del Natale del 2019, mentre attraversavano insieme la via Flaminia, colpite da una macchina guidata un ragazzo, Pietro Genovese, figlio del regista, praticamente un loro coetaneo, al quale era stato trovato un tasso importante di alcool nello stomaco e nella testa e è stato accertato che al momento dell’impatto stava parlando al telefono. Genovese, con la pena concordata, è stato condannato a poco un po’ più di 5 anni, periodo che sconterà nella sua città, a Roma, tra amici e parenti, con l’unico obbligo di rimanere in casa dalle 22.00 alle 7.00 del mattino. La legge è legge, lex sed lex, per modularsi sul detto latino. Ma intanto quelle due giovanissime vite non sono più qui.
Facciamoci ora accompagnare di nuovo dalla nostra Sara Marsico nella lettura del numero odierno di Vitaminevaganti. La donna di Calendaria questa settimana è la rumena Magdalena-Anca Manole, “la ragazza dai capelli di fuoco”, cantante impegnata dalla vita intensa ma breve. Un’altra donna interessantissima è descritta nella sezione H-demica. Anbara Salam Khalidi, una delle prime femministe arabe, scrittrice e attivista libanese che si è battuta per la causa delle donne arabe e palestinesi. Il primato di Angela Maria, per la Serie Le Mille, rende giustizia ad Angela Maria Guidi Cingolani, Costituente, Prima Sottosegretaria della Repubblica italiana e prima donna a prendere la parola a Montecitorio.
Meno disuguaglianze e più parità di genere è il dettagliato resoconto della quinta giornata del Forum sulla Pubblica amministrazione, Connettere le energie vitali del Paese, che si è tenuto online dal 21 al 25 giugno 2021, con moltissimi autorevoli interventi, dal mondo della politica e della società civile.
Per la Serie Fantascienza, un genere (femminile) incontriamo Joanna Russ, icona del femminismo, «che ha contribuito a consegnare la fantascienza alle creature più aliene («the most alien creatures») che quel genere abbia mai visto: le donne.»
La Sezione Musica presenta Jelly Roll Morton. Dopo averlo letto avremo qualche strumento in più per capire se è proprio lui, bugiardo compulsivo, l’inventore del jazz.
La Syrie en noir et blanc è la recensione della Mostra al Musée d’Archeologie Méditerranéenne di Marsiglia, in cui sono esposte le fotografie, rigorosamente in bianco e nero, del grande fotografo Michel Eisenlohr.
Dalla redazione, l’articolo Donne e Scienza, che riporta il comunicato dell’Associazione Donne e Scienza dell’8 luglio, in cui si ribadiscono le proposte per l’eliminazione delle disuguaglianze di genere in ambito scientifico e accademico. Itinerari Museali. I ritratti femminili alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, ci guida ad approfondire, constatare e visionare il cambiamento dell’iconografia femminile nell’arte italiana.
Le recensioni librarie di questo numero sono due: Lady Montagu e il dragomanno di Maria Teresa Giaveri, che ha il pregio di farci conoscere una bellissima figura femminile in anticipo sui tempi, accompagnata dalla storia della vaccinazione contro il vaiolo, “il favoloso innesto” e L’Antonia, Poesie, lettere e fotografie di Antonia Pozzi scelte e raccontate da Paolo Cognetti, il racconto di un’anima inquieta innamorata della montagna, che l’autore de Le otto montagne ci guida a scoprire.
Nella Sezione Juvenilia questa volta potremo leggere il racconto Maria che sognava la libertà, di Marielu Barone del “Liceo Scientifico Matteo Raeli” di Noto, che ha vinto il primo premio ex aequo per le classi terze.
Nella Sezione Benessere, con l’articolo La filosofia dello yoga di Jiva Gosvami conosciamo uno dei più prolifici, versatili e produttivi scrittori della filosofia dello yoga.
Prosegue infine la serie di articoli sulle erbe aromatiche, che ci descrive l’erba cipollina e ci propone un’insalata chiamata Erba cipollina fiorita, che apprezzeremo per la sua freschezza in queste giornate di caldo torrido.
Pensando a un’amica che ne è innamorata dedico a lei Balla Balla Ballerino di Lucio Dalla e anche a tutti e a tutte voi. Non è una canzone facile, seppure orecchiabilissima. Si avvicina il quarantunesimo anniversario della strage di Bologna quando, alle 10:25 del mattino del 2 agosto 1980 una bomba portò sangue e morte lasciando nella sala d’aspetto di seconda classe 85 morti (tra i quali una bambina di due anni) e 200 feriti.
La dedichiamo anche a Raffaella Carrà che a Bologna era nata. E soprattutto alla città che ha subito questo orrore. In fondo è una canzone d’amore (“ecco il mistero!).
Balliamo… “Che commozione, che tenerezza!”
Balla, balla ballerino
Tutta la notte e al mattino
Non fermarti
Balla su una tavola tra due montagne
E se balli sulle onde dei mare
Io ti vengo a guardare
Prendi il cielo con le mani
Vola in alto più degli aeroplani
Non fermarti
Sono pochi gli anni, forse sono solo giorni
E stan finendo tutti in fretta, in fila
Non ce n’è uno che ritorni
Balla, non aver paura
Se la notte è fredda e scura
Non pensare
Alla pistola che hai puntata contro
Balla alla luce di mille sigarette
E di una luna che ti illumina a giorno
Balla al mistero
Di questo mondo che brucia in fretta
Quello che ieri era vero, dammi retta
Non sarà vero domani
Ferma con quelle tue mani il treno
Palermo-Francoforte
Per la mia commozione
C’è un ragazzo al finestrino
Gli occhi verdi che sembrano di vetro
Corri e ferma quel treno
Fallo tornare indietro
Balla anche per tutti i violenti
Veloci di mano e coi coltelli
Accidenti!
Se capissero, vedendoti ballare
Di esser morti da sempre
Anche se possono respirare
Vola e balla sul cuore malato
Illuso, sconfitto, poi abbandonato
Senza amore
Dell’uomo che confonde la luna con il sole
Senza avere coltelli in mano
Ma nel suo povero cuore
Allora vieni, angelo benedetto
Prova a mettere i piedi sul suo petto
E stancarti
A ballare a ritmo del motore
E alle grandi parole di una canzone
Canzone d’amore
Ecco il mistero:
Sotto un cielo di ferro e di gesso
L’uomo riesce a amare lo stesso
E ama davvero
Senza nessuna certezza
Che commozione, che tenerezza!
Buona lettura a tutte e a tutti
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Articolo di Giusi Sammartino

Laureata in Lingua e letteratura russa, ha insegnato nei licei romani. Collabora con Synergasia onlus, per interpretariato e mediazione linguistica. Come giornalista ha scritto su La Repubblica e su Il Messaggero. Ha scritto L’interpretazione del dolore. Storie di rifugiati e di interpreti; Siamo qui. Storie e successi di donne migranti e curato il numero monografico di “Affari Sociali Internazionali” su I nuovi scenari socio-linguistici in Italia.